di Chiara Maria Lorenzin
Consiglio di Stato, Sezione Quarta – 1 giugno 2021, n. 4199 – Pres. V. Poli, Est. F. Gambato Spisani – società E.S.R. s.r.l. (con gli avv.ti D. Gioia e F. Maggio) c. Società L. s.r.l. Società D. S.p.a. (con gli avv.ti S. Corradino e F. Lanocita) nonché Comune di Pontecagnano Faiano (con l’avv.to G. Paolino) e Comune di Giffoni Valle Piana (con gli avv.ti G. Paolino e S. Vecchio) e nei confronti della Regione Campania (con l’avv.to M. Consoli), di A.R.P.A. Campania (con l’avv.to Lucia Ruggiero), dell’Ente d’Ambito Sele (con l’avv.to L. Lentini), nonché della Provincia di Salerno e dell’ASL Salerno n.c. e con l’intervento della A. S.p.A. (con l’avv.to G. Maione)
-massime non ufficiali-
Le scelte compiute dall’amministrazione in tema di V.I.A. sono scelte tecniche espressione di ampia discrezionalità e come tali non sono sindacabili dal Giudice amministrativo, se non in casi di esito abnorme o manifestamente illogico, esito che secondo logica deve essere dimostrato da chi le contesta.
In sede di verifica di assoggettabilità a V.I.A. la scelta compiuta dall’amministrazione non può ritenersi illogica sol perché al decreto sono state apposte delle prescrizioni, trattandosi di una possibilità prevista in modo espresso dalla legge, ovvero dall’art. 19 comma 7 del D.Lgs. n.152/2006.
Sebbene tutta la normativa di cui al D.Lgs. n. 152/2006 sia ispirata al principio di precauzione che si deve ritenere presuntivamente rispettato nel momento in cui non emergono violazioni procedurali della stessa, in presenza della specifica dimostrazione di un rischio reale per la salute, dimostrato sulla base dei dati scientifici più recenti disponibili, la P.A. è tenuta ad indagare detto rischio anche se non prescritto dalle procedure di cui al D.Lgs. n. 152/2006.
La sentenza in commento riguarda la verifica di assoggettabilità a VIA di un progetto per lo stoccaggio e il trattamento di rifiuti. Il provvedimento censurato ha escluso che detto impianto di stoccaggio e trattamento di rifiuti recuperabili non pericolosi (plastica, legno, vetro, carta, cartone, rottami ferrosi e non ferrosi) e di solo stoccaggio di rifiuti speciali pericolosi dovesse essere assoggettato a valutazione d’impatto ambientale.
Il Tribunale Amministrativo per la Campania ha accolto il ricorso, ma tale sentenza è stata poi smentita in sede di appello dalla sentenza in commento.
Il D.Lgs. n. 152/2006 distingue tra progetti da sottoporre “necessariamente” a V.I.A. e progetti da sottoporre “eventualmente” a V.I.A. (cfr. art. 6, comma 7) e, per tale seconda categoria, è stato previsto un procedimento preliminare per valutare in concreto se, per alcune tipologie di opere il cui impatto non è ritenuto, in astratto, sempre significativo, debba svolgersi anche il complesso giudizio di compatibilità ambientale di cui alla V.I.A. In altri termini, viene effettuata una valutazione anticipata, maggiormente semplificata rispetto alla seconda, da condurre partendo dall’esame degli elaborati progettuali e dallo studio ambientale predisposto dal proponente. Ai sensi dell’art. 19, comma 5, D.Lgs. n. 152/2006, infatti, “L’autorità competente, sulla base dei criteri di cui all’allegato V alla parte seconda del presente decreto, tenuto conto delle osservazioni pervenute e, se del caso, dei risultati di eventuali altre valutazioni degli effetti sull’ambiente effettuate in base ad altre pertinenti normative europee, nazionali o regionali, verifica se il progetto ha possibili impatti ambientali significativi”.
Nel caso di specie, si lamentava che la Regione, nel decidere sulla sottoposizione o meno a V.I.A. non avesse tenuto in adeguata considerazione talune matrici ambientali.
Il Consiglio di Stato nell’accogliere l’appello e rigettare le doglianze presentate dai ricorrenti appellati ha statuito quanto segue: “le scelte compiute dall’amministrazione in tema di V.I.A. sono scelte tecniche espressione di ampia discrezionalità; come tali non sono sindacabili dal Giudice amministrativo, se non in casi di esito abnorme o manifestamente illogico, esito che secondo logica deve essere dimostrato da chi le contesta” e, nel caso di specie, tale dimostrazione non sarebbe avvenuta poiché i ricorrenti appellanti si sarebbero limitati ad “asserire” la pericolosità dell’impianto ma non avrebbero “reso concreta tale affermazione” e non avrebbero dimostrato “le scelte manifestamente illogiche compiute nel ritenere non necessaria la VIA”.
Né, secondo il Consiglio di Stato, è possibile sostenere l’illogicità di una determinazione amministrativa sol considerando che al decreto di esclusione della valutazione ambientale “sono state apposte delle prescrizioni, meglio detto condizioni, trattandosi di una possibilità prevista in modo espresso dalla legge, ovvero dall’art. 19 comma 7 del d. lgs. 152/2006, oltretutto senza che al numero o alla natura delle condizioni stesse vi siano limiti”.
Nel caso di specie, dunque, il Consiglio di Stato ha ritenuto di accogliere l’appello proposto posto che la società appellante ha dimostrato, citando i relativi documenti che il provvedimento impugnato ha preso in considerazione le criticità e/o le carenze istruttorie indicate dai ricorrenti.
La sentenza di primo grado, tuttavia, aveva, ad avviso di chi scrive, evidenziato un aspetto poi non ritenuto rilevante dal Consiglio di Stato ma che, in linea generale, merita di essere evidenziato. Nello specifico, era stato statuito come “la circostanza che la documentazione da tenere presente sia quella prodotta dall’interessato non esime, tuttavia, l’amministrazione dallo svolgimento, di sua iniziativa, delle opportune verifiche volte a sincerarsi che il quadro fattuale sia effettivamente completo e correttamente rappresentato” e, nel caso di specie, “questa attività istruttoria di verifica della completezza della documentazione presentata e della correttezza dei fatti e delle valutazioni prospettate dalla proponente” non era risultata “essere stata compiuta in modo esaustivo e per tutti gli aspetti di rilievo” evidenziati dai ricorrenti (T.A.R. Campania, Salerno, sentenza 21 novembre 2019, n. 2058).
Si tratta in effetti di un passaggio motivazionale degno di rilievo e che presenta potenzialità importanti anche nei casi di impatti ambientali per i quali la raccolta di dati da parte dell’Amministrazione è agevole o comunque semplificata mentre non lo sarebbe affatto per soggetti esterni, anche istanti.
Quanto poi al principio di precauzione, nella sentenza si riporta quanto già in giurisprudenza affermato in più occasioni e cioè che “tutta la normativa di cui al D.Lgs. n.152/2006 è ispirata al principio stesso, che si deve quindi ritenere presuntivamente rispettato nel momento in cui non emergono violazioni procedurali di essa”. Interessante è però la precisazione che opera il Consiglio di Stato in merito a quello che viene definito lo “spazio di ulteriore applicazione del principio di precauzione”, spazio che “non si può fondare sull’apprezzamento di un rischio puramente ipotetico, fondato su mere supposizioni allo stato non ancora verificate in termini scientifici”. In altri termini, in tema di V.I.A., perché il principio di precauzione possa portare a ritenere illegittima una istruttoria come carente nonostante il rispetto delle procedure occorre “la specifica dimostrazione dell’esistenza di criticità del progetto lasciate per così dire scoperte dalle procedure espletate”, specifica dimostrazione che deve avvenire secondo criteri scientifici.
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