La tutela del patrimonio culturale immateriale attraverso il vincolo di destinazione d’uso del bene immobile

02 Ott 2023 | giurisprudenza, amministrativo

di Maria Gabriella Marrone

Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 luglio 2023, n. 6752 – Pres. Volpe, Est. Gallone – L’O.A.A.A. Srl (Avv.ti Orsoni e Cintioli) c. Ministero della Cultura (Avv. Gen. St.) e E.P. S.p.A. (Avv.ti Brunetti, Vitale e Costa)

Il vincolo di destinazione d’uso del bene culturale può essere imposto a tutela di beni che sono espressione di identità culturale collettiva, non solo per disporne la conservazione sotto il profilo materiale, ma anche per consentire che perduri nel tempo la condivisione e la trasmissione della manifestazione culturale immateriale, di cui la cosa contribuisce a costituirne la testimonianza.

La nozione di “patrimonio culturale immateriale”, contenuta nell’art. 2 della Convenzione UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale che riconosce importanza ai beni culturali nella misura in cui essi rappresentano una valenza identitaria per una determinata comunità per effetto della continua ricreazione, condivisione e trasmissione della manifestazione culturale di cui la cosa costituisce testimonianza, rileva ai fini della tutela ex art. 7-bis del Codice dei Beni Culturali.

La problematica principale su cui si è enucleata la sentenza in commento, ossia quali siano le condizioni che giustificano l’imposizione del vincolo di destinazione d’uso di un bene immobile avente interesse storico – artistico, ai sensi degli art. 7–bis, 10 e 20 del Codice dei Beni Culturali, per tutelare un interesse immateriale, trattandosi dell’espressione di un’identità culturale collettiva, era stata deferita all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. [i]

Con la pronuncia n. 5 del 13 febbraio 2023 erano, quindi, stati enunciati i presupposti in base ai quali detto vincolo può essere legittimamente imposto anche per la tutela di un valore immateriale ossia quando: i) vi è la necessità di conservare l’integrità materiale o il valore immateriale del bene o dei suoi caratteri storici o artistici; ii) sia funzionale alla conservazione di beni, espressione dell’identità culturale collettiva, anche per consentire che “perduri nel tempo la condivisione e la trasmissione della manifestazione culturale immateriale, di cui la cosa contribuisce a costituirne la testimonianza”.

Nella sentenza in commento il Consiglio di Stato, in applicazione di detti principi e ritenendo sussistenti, nel caso di specie, ambedue le condizioni indicate dall’Adunanza Plenaria, in totale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato la legittimità dell’imposizione del vincolo di destinazione volto a tutelare il valore “immateriale” di un noto ristorante capitolino, espressione di identità culturale collettiva come riconosciuto ai sensi dell’art. 7 – bis del Codice dei Beni Culturali.

Tale tutela, infatti, involge non solo il profilo materiale ma, alla luce di una lettura coordinata delle previsioni codicistiche, si presta a conservare anche il valore immateriale di cui l’immobile è testimonianza immanente. Infatti, si legge nella pronuncia, che l’apposizione di detto vincolo non si concentra sull’attività commerciale in sé ma su come essa è stata esercitata attraverso l’utilizzo dei beni che formano oggetto del vincolo e che costituisce proprio quell’identità culturale da tutelare.

Inoltre, il Collegio ribadisce, come già indicato dall’Adunanza Plenaria, la differenza tra il riconoscimento della tutela prevista dall’art. 7-bis del Codice dei Beni Culturali e il procedimento di candidatura dei UNESCO, precisando che quest’ultima “non coincide necessariamente con l’azione di salvaguardia che il Ministero della Cultura è tenuto a svolgere sul territorio italiano, ove ritenga sussistenti i presupposti previsti dal Codice dei beni culturali, e che i provvedimenti di tutela di cui all’art. 7-bis cit. non impongono l’attivazione delle candidature, rilevanti per l’UNESCO”.

Il Consiglio di Stato ritiene, invece, che sia rilevante, ai fini della valutazione della sussistenza dell’interesse culturale come declinato dal sopra menzionato art. 7-bis, la nozione di “patrimonio culturale immateriale” contenuta nell’art. 2 della Convenzione UNESCO che riconosce importanza ai beni, espressione del patrimonio culturale immateriale, nella misura in cui essi rappresentano una valenza identitaria per una determinata comunità per effetto “della continua ricreazione, condivisione e trasmissione della manifestazione culturale di cui la cosa costituisce testimonianza”.[ii]

Infine, la pronuncia in esame si sofferma sulla proporzionalità tra l’imposizione del vincolo di destinazione d’uso e la tutela del valore immateriale precisando che detto vincolo è diretto non a comprimere l’attività svolta all’interno del bene ma quanto piuttosto ad evitare che esso da un lato sia adibito ad un uso incompatibile con la sua conservazione materiale e, dall’altro, a garantire la continuità con l’uso attuale che ha contribuito a rendere il bene, e gli arredi che lo compongono, di interesse storico – culturale.

Peraltro, la sentenza aggiunge che, diversamente da quanto sostenuto dalla decisione di primo grado, il Ministero della Cultura abbia adeguatamente motivato, nell’esercizio del suo potere discrezionale, le ragioni e i presupposti sottesi all’apposizione del vincolo di destinazione dell’intero bene nonché la proporzionalità dell’imposizione come sopra giustificata.

In particolare, il Collegio afferma che, all’esito di un’indagine accurata, le cui risultanze erano state illustrate nella relazione storico – critica allegata al provvedimento impugnato, sia stato dimostrato come il ristorante in parola era considerato, anche all’estero,  un punto di riferimento della Dolce Vita romana ed era divenuto luogo di ritrovo dei personaggi di spicco di quell’epoca e che tali elementi, unitamente al pregio degli arredi, hanno contribuito a formare quel valore culturale identitario meritevole di tutela.

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Marrone_Cons. St n. 6752_2023

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

Cons. St. 6752_2023

NOTE:

[i] Sulla pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 5 del 13 febbraio 2023 si veda su questa rivista il contributo di Eleonora Gregori Ferri “Cultural heritage: l’Adunanza Plenaria interviene sulla legittimità del vincolo di destinazione d’uso di un bene culturale”, luglio 2023.

[ii] Stabilisce l’art. 2, comma 1, della Convenzione UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, che “per “patrimonio culturale immateriale” s’intendono le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale. Questo patrimonio culturale immateriale, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia e dà loro un senso d’identità e di continuità, promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana.”