La prova dei presupposti per la legittimazione delle associazioni

27 Lug 2021 | giurisprudenza, amministrativo

di Chiara Maria Lorenzin  

Consiglio di Stato, Sezione Sesta – 24 maggio 2021, n. 4022 – Pres. S. Santoro, Est. B. Lageder – Impresa M. (con gli avv.ti A. Manzi e A. Mulser) c. Federazione P.S. (con l’avv. F. Scafarelli), Provincia Autonoma di Bolzano (con gli avv.ti J. Segna, R. von Guggenberg, F. Cavallar e L. Graziani) e Comune di Castelrotto n.c.-

-massime non ufficiali-

L’iscrizione nell’elenco di cui all’art. 13 L. n. 349/1986 non determina un rigido automatismo, potendo il giudice, all’esito di una verifica della concreta rappresentatività, ammettere all’esercizio dell’azione anche associazioni non iscritte, avendo riguardo alla sussistenza dei tre presupposti: gli organismi devono perseguire statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, devono possedere un adeguato grado di rappresentatività e stabilità e devono avere un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso.  

Il riferimento a precedenti giurisprudenziali specifici, riguardanti una medesima associazione, deve ritenersi idoneo a fungere da fonte di prova atipica dei requisiti di legittimazione a ricorrere e ciò, in applicazione dei generali principi processuali (applicabili anche al processo amministrativo) dell’atipicità dei mezzi e delle fonti di prova e del libero convincimento del giudice, che implicano la possibilità di valorizzare anche sentenze intervenute tra terzi, venendo in tale caso la sentenza in rilievo non per gli effetti suoi propri, ma come elemento di prova documentale in ordine alla situazione giuridica che forma oggetto dell’accertamento giudiziale, da valutare unitamente alle altre risultanze istruttorie.

Affermata la legittimazione a ricorrere in capo ad una associazione ambientalista, essa si estende a tutte le tipologie di censure, vertenti sia sulla legittimità sostanziale sia su quella procedurale, senza limitazione a quelli attinenti a questioni ambientali o paesaggistiche, a garanzia della pienezza ed effettività del diritto alla tutela giurisdizionale che non può essere limitato a determinate tipologie di censure e mezzi di impugnazione.

La decisione discrezionale di approvazione parziale di un progetto, diversa da quella di diniego annunciata nel preavviso e nei pareri acquisiti e senza l’acquisizione di nuovi elementi istruttori, in ipotesi idonei a suffragare la divergenza dai pareri tecnici resi dai competenti organi consultivi sullo studio di fattibilità, è priva di esplicitazione delle ragioni di fatto e di diritto che hanno determinato la brusca inversione di rotta da parte dell’organo deliberante nella sua decisione finale, con la conseguente oscurità e non intellegibilità dell’iter logico-giuridico seguito nell’assumere la decisione discrezionale di approvazione finale.

Si conferma con la sentenza in commento il consolidato orientamento secondo cui sono legittimate ad esperire azioni a tutela degli interessi collettivi le associazioni a tutela di detti interessi, indipendentemente (per quanto qui interessa, trattandosi di materia ambientale e paesaggistica) dall’iscrizione nell’elenco di cui all’art. 13 L. n.349/1986. Come noto, il criterio del cd. doppio binario ammette la legittimazione delle associazioni che soddisfano i tre seguenti presupposti: gli organismi devono perseguire statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, devono possedere un adeguato grado di rappresentatività e stabilità e devono avere un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso.

Si precisa poi nella sentenza del Consiglio di Stato di cui si tratta il fondamento teorico della “cd. collettivizzazione dell’interesse diffuso” a mezzo della sua “entificazione”, fondamento che “risiede nella individuazione di interessi che sono riferibili ad una collettività o a una categoria più o meno ampia di soggetti (fruitori dell’ambiente, consumatori, utenti, ecc.) o in generale a una formazione sociale, senza alcuna differenziazione tra i singoli che quella collettività o categoria compongono, e ciò in ragione del carattere sociale e non esclusivo del godimento o dell’utilità che dal bene materiale o immateriale, a quell’interesse correlato, i singoli possono trarre”. “In queste ipotesi, deve escludersi una violazione dell’art. 81 cod. proc. civ., in quanto la situazione giuridica azionata dall’ente associativo è la propria, nel senso che la stessa è relativa ad interessi diffusi nella comunità o nella categoria, i quali vivono sprovvisti di protezione sino a quando un soggetto collettivo, strutturato e rappresentativo, non li incarni”.

Si sofferma infine il Consiglio di Stato anche su un’eccezione sollevata “sub specie di asserito difetto di legittimazione attiva” avendo riguardo allo Statuto che “attribuirebbe al presidente la sola rappresentanza processuale mentre riserverebbe al comitato provinciale … la decisione di agire o resistere in giudizio, e nella specie non sarebbe stata prodotta in giudizio correlativa delibera” del comitato provinciale. Siffatte eccezioni in effetti non sono rare in giudizi quali quello di cui si tratta e, dunque, si ritiene rilevante  evidenziare che, come chiarito dal Consiglio Stato, in mancanza di contrarie limitazione o previsioni la rappresentanza sostanziale comprende anche quella processuale e la prospettazione della questione sub specie di questione di legittimazione a ricorrere è erronea, essendo la questione al limite rilevante sotto il profilo della capacità di stare in giudizio.

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Lorenzin luglio21_4022

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

4022 2021[1]

 

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