La pianificazione in tema di cambiamenti climatici: una sentenza irlandese

14 Dic 2020 | giurisprudenza, altro

di Chiara Maria Lorenzin

Sentenza di Appello 31 luglio 2020, Mr. Justice Clarke, Chief Justice, di cui al giudizio n. 205/19, FRIENDS OF THE IRISH ENVIRONMENT CLG c. THE GOVERNMENT OF IRELAND, IRELAND AND THE ATTORNEY GENERAL

Un’associazione ambientalista che non risulti legittimata a far valere la potenziale violazione dei diritti tipici delle persone fisiche/cittadini sulla base del diritto nazionale, può agire in giudizio per contestare la legittimità del Piano Nazionale in tema di cambiamenti climatici. È illegittimo il Piano Nazionale in tema di cambiamenti climatici che non rispetti il requisito della specificità e non assicuri la partecipazione del pubblico in rapporto ai contenuti del Piano medesimo. Al “ragionevole e interessato cittadino” deve essere consentito di conoscere le misure messe in atto dal Piano nazionale in tema di cambiamenti climatici; esso pertanto deve fornire trasparenza e realistici livelli di dettaglio in relazione alle modalità e ai tempi che il Governo ritiene di adottare per raggiungere gli obiettivi. 

Il 31 luglio 2020, il Chief Justice della Suprema Corte Irlandese ha pronunciato una sentenza su un tema, quello dei cambiamenti climatici, che lo stesso organo giudicante definisce come la più rilevante sfida che si pone oggi per gli Stati. Il giudice chiamato a decidere se il Governo irlandese abbia agito in violazione di legge e di diritti adottando il “National Mitigation Plan” (di seguito anche solo il “Piano”) contenente le misure relative al cruciale tema dei cambiamenti climatici, afferma che una pianificazione a lungo termine può prevedere misure e politiche diversamente dettagliate in ragione dell’orizzonte temporale in relazione al quale le stesse sono previste, ma è illegittimo se non si ravvisa un sufficiente livello di dettaglio e specifiche misure che consentano al pubblico una adeguata informazione e partecipazione.

La sentenza affronta anche il tema della legittimazione di un’associazione ambientalista che ha, fra l’altro, lamentato la violazione del diritto alla vita e all’integrità fisica e conclude ritenendo che detta associazione, sulla base del diritto nazionale, non possa essere ritenuta titolare, in quanto persona giuridica, dei diritti tipici delle persone fisiche/cittadini, ma che tale carenza soggettiva in capo all’associazione ricorrente non impedisce all’organo giudicante di statuire in merito alle diverse censure mosse al Piano e sviluppate secondo la logica dell’ultra vires, altrimenti detto, in Italia, eccesso di potere.

Secondo l’organo giudicante, dunque, l’associazione aveva diritto di adire l’autorità giudiziaria per ottenere una pianificazione ambientale conforme alle norme vigenti e la Corte medesima può occuparsi di detta materia non rappresentando la pronuncia una violazione della discrezionalità politico-amministrativa.

La sentenza premette che vi è concordanza tra le parti circa gli effetti devastanti che, a livello mondiale ma anche per l’Irlanda, potranno realizzarsi se si fallirà nell’affrontare i cambiamenti climatici e chiarisce altresì come tra le parti le questioni principalmente dibattute riguardino l’impostazione del Piano.

Il Piano, attuativo delle previsioni del Climate Action and Low Carbon  Development Act del 2015, si propone l’obiettivo di una economia che annulli o limiti l’uso dei combustibili fossili e sia sostenibile nel 2050. Nella sentenza si afferma che la legislazione in materia abbia stabilito alcuni principi che le autorità -chiamate ad elaborare il Piano- devono rispettare e, quindi, afferma la propria giurisdizione su tali aspetti.

Due ordini di argomenti sono, in particolare, fondanti la pronuncia di annullamento in commento: la verifica del requisito della specificità del Piano e la partecipazione del pubblico in rapporto ai contenuti del Piano medesimo.

Si evidenzia nella sentenza che la normativa vigente preveda almeno una revisione del Piano ogni cinque anni al fine di arricchire il Piano con misure maggiormente dettagliate e corrispondenti ai progressi scientifici nel frattempo raggiunti.  E, affinché, la partecipazione del pubblico (pilastro della normativa in materia) possa essere garantita, la pianificazione deve essere dotata di specificità e tanto più lo deve essere quella a breve termine con orizzonte temporale a cinque anni al fine di consentire a ogni interessato la conoscenza delle politiche per affrontare la sfida dei cambiamenti climatici al fine di valutare l’effettività e l’appropriatezza delle misure. É cruciale che i cittadini possano avere una propria opinione sul Piano e il Giudice utilizza il criterio del “ragionevole e interessato cittadino” cui deve essere consentito di conoscere e capire le misure messe in atto. Di conseguenza, può ritenersi accettabile che il Piano contenga un certo grado di indeterminatezza in ragione anche dell’evoluzione tecnologica continua ma nel Piano devono essere forniti trasparenza e realistici livelli di dettaglio in relazione alle modalità e ai tempi che il Governo ritiene di adottare per raggiungere gli obiettivi dettati dalla Legge.

La sentenza è un esempio di effettiva tutela giurisdizionale e concreta esplicitazione dei principi della Direttiva 2003/35/CE in forza della quale gli Stati membri sono chiamati ad offrire al pubblico “tempestive ed effettive opportunità di partecipazione alla preparazione e alla modifica o al riesame dei piani ovvero dei programmi che devono essere elaborati” (art. 2), con l’obiettivo di garantire il diritto di partecipazione del pubblico alle attività decisionali in materia ambientale, per contribuire a tutelare il diritto di vivere in un ambiente adeguato ad assicurare la salute e il benessere delle persone che devono ricevere le informazioni rilevanti e utili a consentire una partecipazione effettiva quando tutte le alternative sono ancora praticabili e tale partecipazione può avere un’influenza (cfr. art. 6, par. 3 e 4, Convenzione di Aarhus).

In particolare, rileva come nella pronuncia si affermi che, seppur la scienza e la tecnologia siano in continua evoluzione, tale circostanza non può rappresentare l’alibi per non fornire informazioni sulle modalità con le quali l’autorità pubblica intenda affrontare le attuali sfide climatiche sulla base degli strumenti a disposizione nel momento della redazione dello stesso. A questo scopo, il giudice esamina alcuni passaggi del Piano, valutandone concretamente i contenuti e precisando come al fine di verificare la specificità del Piano l’organo giudicante possa e debba esaminarne i contenuti senza con ciò travalicare I limiti cui lo stesso potere giurisdizionale è soggetto.

Una sentenza, dunque, significativa in un momento in cui l’intera Europa e l’Italia sono chiamate a pianificare piani, programmi, misure per ridurre e contenere le fonti aventi effetti climalteranti e/o nocivi per la salute dei cittadini e per l’ambiente[1].

Questa sfida, sul piano dell’inquinamento atmosferico (uno dei principali se non il primo dei livelli di azione cui sono chiamati gli Stati), appare per l’Italia quanto più urgente stante la condanna pervenuta dalla Corte di Giustizia (Sentenza 10 novembre 2020 Causa C-644/18) per avere l’Italia superato (superamento ancora in corso), in maniera sistematica e continuata, i valori di concentrazione di PM10, non avendo adottato a partire dall’11 giugno 2010 misure appropriate per garantire il rispetto dei valori limite fissati per il PM10 e non rispettando il principio in forza del quale il periodo di superamento dei valori limite sia il più breve possibile (articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50) con riferimento a zone della penisola che pure avevano adottato piani sulla qualità dell’aria.

In Italia, nel momento in cui si scrive, è in corso la procedura per l’approvazione del «Programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico» per il quale scadrà il termine per le osservazioni del pubblico poco prima di metà dicembre. Nel frattempo a livello locale numerose sono le esperienze di pianificazioni per fronteggiare il tema delle emissioni climalteranti e dei cambiamenti climatici (es. Piano Aria Clima di Milano; PAESC di Bologna; Piano di Resilienza Climatica di Torino). È verosimile dunque che, come i giudici irlandesi, anche quelli Italiani potranno essere chiamati a pronunciarsi su questioni di diritto connesse alla pianificazione in tema di lotta ai cambiamenti climatici in relazione a piani e programmi di portata generale coinvolgenti ampie aree della Nazione.

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Chiara Maria Lorenzin commento letto sn

Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato

2020-4-IrlandaCorteSuprema

Note:

[1] Quanto ai temi affrontati dalla sentenza in commento, si segnalano a titolo esemplificativo le sentenze dei Tribunali Amministrativi regionali e del Consiglio di Stato sui casi relativi ad ampliamenti di siti aeroportuali, in relazione ai quali la carenza di informazioni e specificità dei progetti è stata contestata (Cons. Stato Sez. IV, 13 febbraio 2020, n. 1164). Quanto al progetto di ampliamento dell’aeroporto di Salerno,  per esempio, il TAR Campania ha statuito quanto segue: “… di fronte al dubbio interpretativo, i principi e gli obiettivi ordinamentali in materia ambientale militano a favore di un approccio istruttorio particolarmente rigoroso ed approfondito, quale, appunto, nella specie, quello fondato su una base progettuale caratterizzata da un adeguato livello informativo e di dettaglio. I principi in parola (…) inducono ad ampliare lo spettro dell’indagine circa i risvolti ambientali dell’opera a farsi, poiché sono teleologicamente volti al perseguimento del massimo rispetto dell’ambiente (artt. 3 ter, 3 quater e 3 quinquies del D.Lgs. 152/2006); declinano quest’ultimo secondo un’accezione lata e contemplante un insieme di componenti (la salute umana, popolazione, beni materiali, patrimonio culturale, paesaggio, etc.) che si allontanano anche dalla nozione primigenia di ambiente legata prevalentemente agli habitat naturali (e alla loro salvaguardia) (art. 5, comma 1, lett. c, del d.lgs. n. 152/2006); si proiettano in un’ottica diacronica e che guarda alle future generazioni attraverso il riferimento allo sviluppo sostenibile e al principio di precauzione (art. 3 ter e 3 quater del d.lgs. n. 152/2006)»” (Sentenza TAR Salerno Sez. II, 24 febbraio 2020 n. 259 che richiama Sentenza TAR Salerno Sez.II, 23 dicembre 2019 n. 2253). Quanto invece alla valutazione ambientale di pianificazioni di portata più generale, si segnala la sentenza TAR Lombardia, Sez. III, sentenza 18 luglio 2019 n. 1661 (appellata dinnanzi al Consiglio di Stato) che ha rigetto un ricorso promosso avverso il Piano per la Qualità dell’Aria ritenendo, da un lato, l’elevata discrezionalità attribuita a Regione Lombardia in materia e, dall’altro lato, la sufficienza delle informazioni fornite.

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