La natura dell’obbligazione sorgente da sinistro suscettibile di produrre danno all’ambiente marino

22 Set 2021 | in evidenza 1, giurisprudenza, amministrativo

di Ilaria Tani

TAR Lazio, Roma, II bis, 27 luglio 2021 n. 8970 – Pres. Stanizzi, Est. Bruno – R.N. S.r.l. e G. M. (avv.ti Giovanni Cimmino, Beniamino Carnevale e Fulvio Zardo) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e la Capitaneria di Porto di Ortona (Avvocatura Generale dello Stato) e n.c. di G.I.  

L’art. 12 della legge 31.12.1982 n. 979 non postula l’individuazione del “responsabile” del danno ambientale, secondo lo schema dell’art. 2043 c.c. e quello specifico dell’art. 311, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, per condannarlo al ripristino dello status quo ante, ove possibile, ovvero al risarcimento per equivalente, limitandosi, invece, a porre un obbligo di rimborso a carico di colui che appaia, anche ad una valutazione sommaria, collegato alla fonte dell’inquinamento, per essere armatore o proprietario del natante contingentemente implicato nel fatto che ha cagionato l’evento inquinante (o il pericolo di esso).

La sentenza in commento è stata emanata dal TAR del Lazio a seguito di un ricorso della società R.N. S.r.l. promosso contro il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e la Capitaneria di Porto di Ortona, per l’annullamento del provvedimento con il quale il Ministero aveva chiesto alla società ricorrente il rimborso delle spese sostenute in occasione di un intervento svolto sette anni prima nel Porto di Ortona in attuazione dell’art. 12 della l. 31 dicembre 1989, n. 979 (che disciplina il pronto intervento per la difesa del mare e delle zone costiere dall’inquinamento causato da incidenti). La società ricorrente rilevava vari vizi di violazione di legge ed eccesso di potere, eccependo, tra le altre cose, l’avvenuta decorrenza del termine quinquennale entro il quale la p.a. avrebbe dovuto far valere la pretesa, in applicazione dell’art. 304 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (ai sensi del quale la rivalsa è “esercitabile verso chi abbia causato o concorso a causare le spese stesse, entro il termine di cinque anni dall’effettuato pagamento”). La natura della responsabilità sottesa alla richiesta, secondo la costruzione della società ricorrente, veniva implicitamente ricondotta all’art. 2043 c.c.

Il primo problema affrontato dalla sentenza in commento ha riguardato la giurisdizione, che il TAR del Lazio ha risolto a favore di quella amministrativa. Ciò è avvenuto sul presupposto che nella fattispecie (disciplinata dalla citata l. 979/1982) non sarebbero venute in rilievo pretese meramente patrimoniali, rigidamente predeterminate e vincolate, della p.a. (punto 1.2 della parte in diritto). La pretesa dell’amministrazione era infatti sorta da un sinistro avvenuto nell’agosto del 2005, risultato nell’affondamento nel Porto di Ortona di un motoponte di proprietà della ricorrente, a causa del quale la Capitaneria di Porto aveva dovuto d’ufficio, ai sensi dell’art. 11 della l. 979/1982 citata, svolgere le attività di recupero del materiale galleggiante e potenzialmente inquinante. Le operazioni di recupero si erano concluse nel settembre dello stesso anno, ma solo nel 2012, dopo sette anni dal sinistro e dalla conclusione delle attività di recupero, il Ministero aveva chiesto il rimborso delle spese sostenute.

La società ricorrente lamentava di non aver ricevuto la diffida – prevista dall’art.12 della stessa l. 979/1982 – a provvedere essa stessa all’attuazione di tutte le misure idonee a evitare il pericolo di inquinamento. Il TAR ha invece ritenuto che, data l’urgenza, non vi fosse necessità della diffida prevista dalla norma, essendo la p.a. tenuta, in questi casi, ad attuare l’intervento direttamente, in via sostitutiva – intervento che postula “un apprezzamento, tanto in relazione alla sussistenza del pericolo di inquinamento quanto alla connotazione dell’attivazione in termini di urgenza, oltre che all’accertamento delle posizioni rivestite dai soggetti obbligati” (punto 1.7 della parte in diritto).

Su queste premesse si è posto il problema, rilevante ai fini dell’individuazione della natura dell’obbligazione sorta a carico della società ricorrente e, di conseguenza, della disciplina legale della prescrizione, quinquennale o decennale, applicabile alla pretesa della p.a. di rimborso delle spese sostenute per la salvaguardia dal pericolo di danno all’ambiente marino derivante dal sinistro. Si tratta di obbligazione risarcitoria secondo lo schema classico ai sensi dell’art. 2043 c.c., ovvero di un’obbligazione legale di diritto pubblico? Nella seconda ipotesi, fatta propria dalla sentenza in commento, non è necessaria la verifica degli elementi costitutivi del fatto illecito, posto che l’applicazione dell’art. 12 della l. 979/1982 non comporta l’accertamento giudiziale circa l’esistenza del danno, ma solo il mero pericolo.

In effetti è sufficiente, anche ai sensi dell’art. 12, co. 1, delle preleggi, la mera interpretazione letterale degli artt. 11 e 12 della l. 979/1982 a risolvere il problema, laddove le disposizioni si riferiscono a casi “di inquinamento o di imminente pericolo delle acque del mare… suscettibili di arrecare danni all’ambiente marino” (art. 11), ovvero a casi “di avarie o di incidenti suscettibili di arrecare … danni all’ambiente marino” (art. 12), quale presupposto per l’esercizio d’ufficio dell’attività di salvaguardia ambientale da parte della p.a., allo scopo di prevenire o eliminare gli effetti inquinanti ovvero di attenuarli. Eventi “suscettibili”, appunto, quindi anche solo potenzialmente capaci di arrecare danno, pur senza poi di fatto arrecarlo in virtù di un tempestivo intervento, attuato in base alla discrezionalità valutativa tecnica dell’autorità marittima. Il TAR ha rilevato che l’applicazione della disposizione in questione non comporta la necessità di accertamenti giudiziali circa l’esistenza di un danno ambientale e che deve, pertanto, escludersi un inquadramento della disciplina nell’ambito della responsabilità per danno ambientale. Proprio perché collegata a una situazione di emergenza, quella che sorge in casi come quello affrontato dal TAR sarebbe una specie di obbligazione di restituzione che esula dalla verifica degli elementi costitutivi del fatto illecito previsto dall’art. 2043 c.c. (comportamento, commissivo o omissivo, doloso o colposo; nesso causale tra condotta ed evento; ingiustizia, attualità e certezza del danno).

Va da sé che ciò non avrebbe precluso una domanda risarcitoria da parte della p.a., secondo lo schema del testo unico ambientale (d.lgs. 152/2006, art. 311), ma non appare questo il petitum dell’azione promossa, avente a oggetto lo specifico provvedimento impugnato.

Non siamo, pertanto, in presenza di un’obbligazione da fatto illecito, e neppure da contratto, bensì di un’obbligazione ex lege che deriva dal comportamento di un privato e che rimane estranea a entrambe le ipotesi della regola classica di Gaio (obbligazioni da contratto e da delitto). L’obbligazione in questione è riconducibile, semmai, al carattere elastico della formula di cui all’art. 1173 c.c., che sancisce il principio dell’atipicità delle fonti delle obbligazioni. Nel caso in commento, si ricade nella categoria di obbligazioni legali fondate sul diritto (schuldrecht), sulla forza operativa di una normativa di legge quale fonte dell’obbligazione, che restringe per necessità il libero esercizio dei diritti e non può avere applicazioni estensive in virtù dell’art. 23 della Costituzione. In altre parole, è la legge applicabile nella fattispecie (artt.11 e 12 della l. 979/1982) che ha creato l’obbligazione legale, esterna al diritto che regola il rapporto.

È in effetti condivisibile la considerazione del TAR, laddove (punto 1.2 della parte in diritto) individua la conferma di quanto appena esposto nel petitum sostanziale dell’azione promossa: i ricorrenti, secondo la ricostruzione effettuata, avrebbero contestato il fatto stesso che la Capitaneria avesse ravvisato quell’urgenza che, ai sensi dell’art. 12 della l. 979/1982, le consentiva, in via preventiva, di intervenire d’ufficio, senza alcuna necessità di previa diffida. In base a queste premesse, la giurisdizione amministrativa è venuta da sé, dato che non sarebbe stata contestata neppure la pretesa patrimoniale della p.a. in quanto tale, bensì le modalità e i profili di discrezionalità valutativa, tecnica e amministrativa, dell’intervento della Capitaneria per il quale è stato chiesto il rimborso dei costi sostenuti.

Dati i presupposti alla base del petitum, è evidente che l’azione non implicava alcun profilo di carattere risarcitorio a sostegno dell’eccezione di prescrizione quinquennale ai sensi dell’art. 2947 c.c., anche non fosse altro perché, come appare dalla sentenza, da parte della p.a. non era contestata alcuna ipotesi di responsabilità per fatto illecito ai sensi dell’art. 2043 c.c. e neppure ai sensi dell’art. 311 del d.lgs. 152/2006 a carico della società ricorrente, in guisa eventuale da interessare la giurisdizione ordinaria.

In conclusione, il TAR ha deciso di applicare il termine di prescrizione ordinario decennale di cui all’art. 2946 c.c. a una fattispecie rientrante nell’ipotesi di cui all’art. 12 della l. 979/1982. Il termine di prescrizione decorre non già dal momento del fatto, ma dal momento del pagamento delle somme di cui la p.a. ha chiesto il rimborso. Peraltro, anche a tutto concedere e facendo decorrere il termine dai fatti (tra agosto e settembre 2005), il provvedimento, emanato dal Ministero il 16 aprile 2012, fu notificato ampiamente entro il termine ordinario decennale.

Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato.

TAR Lazio 8970_2021

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ILARIA TANI TAR Lazio 8970_2021 inquinamento marino

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