La Corte Costituzionale crea (dis)ordine in materia di bonifiche di siti contaminati dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 della L.R. Lombardia n. 30/2006

02 Ott 2023 | in evidenza 4, giurisprudenza, amministrativo, corte costituzionale

di Ada Lucia De Cesaris e Francesco Naccari Milana

Corte Costituzionale, 24 luglio 2023, n. 160 – Pres. Sciarra, Rel. San Giorgio – Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale promosso dal (Giudice a quo) T.A.R. per la Lombardia, Sede di Brescia, Sez. I, con ordinanza di rinvio 9 agosto 2022, n. 787 – Ricorrenti del giudizio principale costituiti nel giudizio incidentale innanzi alla Corte Costituzionale: E. S.p.A. e G.R. (Avv. Martelli); interveniente nel giudizio incidentale: Regione Lombardia (Avv. Zimmitti).

È dichiarato costituzionalmente illegittimo – per violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. – l’art. 5 della L.R. Lombardia n. 30/2006, perché, nell’attribuire ai comuni le funzioni amministrative in materia di bonifica di siti contaminati, contravviene al riparto di competenze stabilito – per potestà legislativa esclusiva statale – dall’art. 242 del d.lgs. n. 152/2006. Con quest’ultima disposizione, infatti, lo Stato ha inteso attribuire tali funzioni alle regioni, da esercitare attraverso procedure nelle quali i comuni intervengono rilasciando un parere in ordine all’approvazione da parte delle regioni stesse dei progetti di bonifica dei siti inquinati.

Per costante e risalente giurisprudenza costituzionale, la materia della bonifica di siti inquinati è ricompresa in quella dell’ambiente e pertanto essa è riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.

Ineludibili esigenze di protezione dell’ambiente, bene unitario e di valore primario, sono alla base della relativa potestà legislativa esclusiva in capo allo Stato, sancita all’art. 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione; ne consegue che le regioni non possono attribuire deleghe ai comuni che deroghino all’ordine di competenze stabilito dalla legge statale (art. 242, d.lgs. n. 152/2006) in materia di bonifiche di siti contaminati.

Con la sentenza in commento la Corte Costituzionale ha esaminato la questione di legittimità costituzionale sollevata – in via incidentale – dalla Prima Sezione del T.A.R. per la Lombardia, Sede di Brescia, con ordinanza di rinvio del 9 agosto 2022, n. 787[i] in merito al riparto di funzioni amministrative in materia di bonifica di siti contaminati. Tali funzioni sono state infatti trasferite dal legislatore regionale lombardo ai comuni con l’art. 5 della L.R. 27 dicembre 2006 n. 30, rubricato “Funzioni amministrative di competenza comunale in materia di bonifica di siti contaminati” [ii].

In particolare, il tema verte sulla illegittimità costituzionale dell’anzidetta norma regionale, per violazione della potestà legislativa esclusiva statale nella materia dell’ambiente ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., considerato che il legislatore statale, in forza di tale disposizione costituzionale, con l’art. 242 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, ha assegnato alle regioni le funzioni amministrative in materia di bonifica dei siti contaminati.

Per meglio comprendere la questione, è opportuno precisare che oggetto del gravame sottoposto allo scrutinio del Giudice a quo era la determinazione del responsabile d’Area di un comune bresciano che, a valle della conferenza di servizi decisoria di un procedimento di bonifica di siti contaminati, aveva imposto all’impresa proprietaria la rimozione dei rifiuti interrati e la bonifica del sito contaminato in cui l’impresa proprietaria aveva svolto in passato attività di fusione della ghisa per la produzione di componenti per radiatori.

Nell’accogliere la richiesta di rinvio pregiudiziale avanzata dai ricorrenti nel giudizio principale, il T.A.R. ha segnalato nella propria ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale un potenziale vulnus al riparto delle competenze amministrative generato dall’art. 5 della L.R. n. 30/2006, sulla considerazione che la competenza legislativa in materia di bonifica di siti contaminati, riservata in via esclusiva allo stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., è stata esercitata dal legislatore statale con l’attribuzione delle relative funzioni amministrative alle (sole) regioni ad opera dell’art. 242 del d.lgs. 152/2006.

La Regione Lombardia, interveniente nel giudizio incidentale innanzi alla Corte Costituzionale, oltre a sollevare eccezioni di inammissibilità di cui si dirà infra, ha argomentato in ordine alle ragioni di ritenuta infondatezza della questione di legittimità.

Dapprima la Regione ha fatto leva sulla radicale modifica dei criteri di distribuzione ed esercizio delle funzioni amministrative a favore dei comuni operata nel 2001 dalla cosiddetta riforma costituzionale al Titolo V della Parte Seconda della Costituzione[iii].

In secondo luogo, la difesa regionale ha ravvisato una competenza trasversale nell’ambito della tutela dell’ambiente, sicché la competenza legislativa esclusiva statale si esplicherebbe nella fissazione degli standard di tutela uniforme in tutto il territorio nazionale e dovrebbe, tenuto conto dei criteri di differenziazione dell’azione amministrativa ispirata alla maggiore adeguatezza dell’intervento, intrecciarsi con le altre competenze regionali. D’altro canto, la gestione della procedura di bonifica al livello più vicino al territorio interessato consentirebbe di porre in atto l’azione amministrativa più efficace perché l’amministrazione locale meglio intercetterebbe i bisogni di tutela ambientale e della salute.

Inoltre, la Regione ha avvalorato la propria tesi richiamando l’attenzione alla disciplina della materia di bonifica dei cosiddetti siti orfani contenuta nel P.N.R.R.[iv], che ammette l’attribuzione di funzioni amministrative ai comuni in questa materia. La disciplina, infatti, nel promuovere il recupero e la riqualificazione della superficie del suolo, distingue tra «soggetti attuatori pubblici», regioni e province autonome, che svolgono attività di indirizzo, coordinamento e supporto, e «soggetti attuatori esterni», definiti come soggetti pubblici, quali i comuni, di cui si avvalgono i primi per la realizzazione operativa degli interventi.

Avverso la difesa regionale depongono le tesi difensive dei ricorrenti nel giudizio principale, che si sono costituiti nel giudizio incidentale innanzi alla Corte Costituzionale.

Questi, nell’aderire alle conclusioni dell’ordinanza di rimessione del TAR, hanno evidenziato il rilievo sovracomunale che spesso caratterizza i fenomeni d’inquinamento (richiamando, ad esempio, lo scorrimento dell’acqua di falde), nonché l’elevata complessità tecnica del procedimento amministrativo in parola, che richiede competenze e risorse di cui normalmente i comuni, soprattutto quelli di modeste dimensioni, non dispongono.

Da qui il riparto di funzioni amministrative a favore delle regioni disposto dal legislatore statale con gli artt. 242 e 198, comma 4, d.lgs. 152/2006, che attribuiscono ai comuni l’espressione del solo parere in ordine all’approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati, che deve essere rilasciata dalla Regione.

In via preliminare, la questione è stata ritenuta rilevante e non manifestamente infondata dalla Corte Costituzionale, la quale ha ribadito che “il presupposto della rilevanza non si identifica nell’utilità concreta che le parti in causa potrebbero conseguire all’esito del giudizio principale (sentenze n. 59 del 2021 e n. 174 del 2019), ma nella necessità di applicare la disposizione censurata in ragione del suo correlarsi, nel percorso argomentativo del giudizio principale, all’incidenza della pronuncia di questa Corte (sentenza n. 254 del 2020)”. Sulla base di tale premessa la Corte ha ritenuto infondate le eccezioni di inammissibilità avanzate dalla Regione, secondo cui i. da un lato, il provvedimento impugnato nel giudizio principale sarebbe stato attinto dalla declaratoria di illegittimità costituzionale nella sola parte in cui il comune ha ordinato la bonifica del sito inquinato, restando invece legittima l’intimazione alla rimozione dei rifiuti di competenza del Comune ai sensi dell’art. 198 d.lgs. 152/2006; ii. dall’altro lato, sussistendo i presupposti di fatto e di diritto previsti dalla normativa in materia, a dire della difesa regionale il provvedimento adottato dal Comune avrebbe avuto medesimo contenuto quand’anche fosse stato emesso dalla Regione.

Sgomberato il campo dalle questioni preliminari, la Corte ha ritenuto quindi fondata la questione di legittimità scrutinata, precisando sin da subito che con l’art. 5 della L.R. n. 30/2006 la “Regione Lombardia ha, dunque, trasferito ai comuni le funzioni che, a livello statale, l’art. 242 cod. ambiente attribuisce alle regioni, da esercitare attraverso procedure nelle quali i comuni intervengono rilasciando un parere in ordine all’approvazione da parte delle stesse regioni dei progetti di bonifica dei siti inquinati”. Oltre a quanto si dirà, la Corte rintraccia la conferma dell’assunto analizzando i lavori preparatori della legge n. 30 del 2006, nella cui relazione illustrativa emerge la chiara volontà del legislatore regionale di inserire l’art. 5 in commento con «lo scopo di “riconsegnare” all’ente locale (il comune), le funzioni amministrative in materia di bonifica di siti contaminati, ad essi già attribuite dalla normativa previgente al d.lgs. 152/2006 (d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e d.m. 25 ottobre 1999, n. 471».

Argomenta tuttavia la Corte che, per costante e risalente giurisprudenza costituzionale[v], la materia di bonifica dei siti contaminati rientra nella più ampia materia dell’ambiente, la cui potestà legislativa è esclusivamente riservata allo Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. Alla base della potestà legislativa esclusiva in capo allo Stato sono le ineludibili esigenze di protezione dell’ambiente, da considerarsi quale bene unitario e di valore primario[vi]. Tali esigenze, precisa la Corte, “sarebbero vanificate ove si attribuisse alla regione «la facoltà di rimetterne indiscriminatamente la cura a un ente territoriale di dimensioni minori, in deroga alla valutazione di adeguatezza compiuta dal legislatore statale con l’individuazione del livello regionale» (ancora sentenza n. 189 del 2021).”

Ne consegue che le regioni non possono attribuire deleghe ai comuni che alterino l’ordine di competenze stabilito dalla legge statale (art. 242, d.lgs. n. 152/2006) in materia di bonifiche di siti contaminati. Nell’attuale assetto normativo, infatti, l’art. 198, comma 4, d.lgs. 152/2006 definisce in “chiave ancillare” la competenza dei comuni che sono chiamati ad esprimere il proprio parere sull’approvazione dei progetti di bonifica dei siti inquinati, escludendosi ogni loro concorrente potere di esercizio sulla funzione amministrativa.

In ciò non si sostanzia, come invece sostenuto dalla Regione, una violazione del principio di sussidiarietà, perché “la valutazione di adeguatezza informa di sé l’individuazione, ad opera del legislatore statale o regionale, dell’ente presso il quale allocare, in termini di titolarità, la competenza. Infatti, muovendo dalla preferenza accordata ai comuni, cui sono attribuite, in via generale, le funzioni amministrative, la Costituzione demanda al legislatore statale e regionale, nell’ambito delle rispettive competenze, la facoltà di diversa allocazione di dette funzioni, per assicurarne l’esercizio unitario, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza (art. 118, primo comma, Cost.)”.

Diverso è il caso invocato dalla difesa regionale sulle competenze amministrative attribuibili ai comuni in materia di bonifica dei siti orfani, poiché – puntualizza la Corte – è proprio la legge statale ad aver vagliato in questo caso l’opportunità di consentire alle regioni l’attribuzione di funzioni di natura amministrativa ai “soggetti attuatori esterni”, tra cui i comuni.

Ad avviso di chi scrive, la pronuncia in commento fa ordine sul corretto riparto delle potestà legislative, come previsto dal dettato costituzionale, trascurando tuttavia il “disordine” generato sul piano concreto: come gestire nell’immediato il riparto delle funzioni amministrative nella Regione interessata.

Probabilmente, preminenti ragioni di tutela dell’ambiente e della salute avrebbero potuto sensibilizzare verso l’individuazione di una strada che non paralizzasse, come avvenuto, i procedimenti in materia di bonifica di siti contaminati di un intero territorio regionale, caldeggiando l’intervento del legislatore e proponendo possibili soluzioni transitorie.

D’altro canto, l’elevata complessità tecnica dei procedimenti amministrativi in esame richiedono competenze e risorse di cui è difficile dotare dall’oggi al domani – rispetto all’intervenuta illegittimità costituzionale della disposizione regionale – un’amministrazione regionale a cui adesso afferiscono dai comuni migliaia di procedimenti in corso, nonché i nuovi.

Per fortuna, in questo scenario, è celermente e prudentemente intervenuto lo Stato con un decreto agostano, il d.l. 10 agosto 2023, n. 104, riconoscendo in capo alle regioni la facoltà di “conferire, con legge, le funzioni amministrative di cui agli articoli 194, comma 6, lettera a), 208,242 e 242-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152” e facendo salve le “disposizioni regionali, vigenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, che hanno trasferito le funzioni amministrative predette”.

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De Cesaris_Naccari Milana RGA Online Ottobre 2023

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Corte Cost._160_2023

NOTE:

[i] Si ritiene vi sia un refuso nel testo della sentenza in commento sull’indicazione del numero dell’ordinanza di rinvio del T.A.R. per la Lombardia: nella sentenza della Corte Costituzionale è indicata l’ordinanza “n. 123”, ma – in assenza di riscontro sul sito della Giustizia Amministrativa – è ragionevole ritenere che la Corte Costituzionale intendesse indicare l’ordinanza di rinvio del T.A.R. per la Lombardia – Brescia, Sez. I, 9 agosto 2022, n. 787.

[ii] Per comodità di consultazione, si riporta di seguito l’art. 5 della L.R. 27 dicembre 2006 n. 30:

“1. Sono trasferite ai comuni le funzioni relative alle procedure operative e amministrative inerenti gli interventi di bonifica, di messa in sicurezza e le misure di riparazione e di ripristino ambientale dei siti inquinati che ricadono interamente nell’ambito del territorio di un solo comune, concernenti:

  1. a) la convocazione della conferenza di servizi, l’approvazione del piano della caratterizzazione e l’autorizzazione all’esecuzione dello stesso, di cui all’articolo 242, commi 3 e 13, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale);
  2. b) la convocazione della conferenza di servizi e l’approvazione del documento di analisi di rischio, di cui all’articolo 242, comma 4, del d.lgs. 152/2006;
  3. c) l’approvazione del piano di monitoraggio, di cui all’articolo 242, comma 6, del d.lgs. 152/2006;
  4. d) la convocazione della conferenza di servizi, l’approvazione del progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza e delle eventuali ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, nonché l’autorizzazione all’esecuzione dello stesso, di cui all’articolo 242, commi 7 e 13, del d.lgs. 152/2006;
  5. e) l’accettazione della garanzia finanziaria per la corretta esecuzione e il completamento degli interventi autorizzati, di cui all’articolo 242, comma 7, del d.lgs. 152/2006;
  6. f) l’approvazione del progetto di bonifica di aree contaminate di ridotte dimensioni, di cui all’articolo 249 e all’allegato 4 del d.lgs. 152/2006.
  7. È altresì trasferita ai comuni l’approvazione della relazione tecnica per la rimodulazione degli obiettivi di bonifica, di cui all’articolo 265, comma 4, del d.lgs. 152/2006.
  8. Le disposizioni dei commi 1 e 2 non si applicano agli interventi di bonifica e/o di messa in sicurezza oggetto di strumenti di programmazione negoziata di cui alla legge regionale 14 marzo 2003, n. 2 (Programmazione negoziata regionale).
  9. Le procedure di cui ai commi 1 e 2, per le quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, la Regione ha già concluso la Conferenza di servizi, rimangono di competenza della Regione medesima limitatamente all’adozione del provvedimento conclusivo della singola fase del procedimento”.

[iii] In particolare, la tesi regionale è che “la modifica costituzionale operata con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) ha radicalmente mutato i criteri di distribuzione ed esercizio delle funzioni amministrative, a livello sia regionale che locale. È stato anzitutto abbandonato il principio del parallelismo tra funzioni legislative e amministrative delle regioni, sostituito dal criterio della sussidiarietà (verticale), tant’è che l’art. 118, primo comma, Cost. dispone che le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a province, città metropolitane, regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Inoltre, l’art. 114 Cost. ha invertito, rispetto alla impostazione tradizionale, l’ordine di elencazione degli enti territoriali costituzionalmente rilevanti, menzionando in primo luogo il comune, quale ente più vicino ai cittadini, per poi risalire via via a quelli superiori”.

[iv] Cfr. art. 1, comma 4, lettera o), d.l. 31 maggio 2021, n. 77, come convertito con modificazioni nella l. 29 luglio 2021, n. 108.

[v] La Corte Costituzionale richiama, in particolare, le sentenze 5 maggio 2021, n. 86 e 23 dicembre 2021, n. 251. Inoltre, in tema di messa in sicurezza, viene richiamata la sentenza 24 marzo 2023, n. 50.

[vi] Sul punto la Corte Costituzionale richiama i principi costituzionali di una recente pronuncia in materia, ossia la sentenza depositata il 7 ottobre 2021, n. 189. Inoltre, sul tema, si richiamano le seguenti ulteriori sentenze: 29 novembre 2017, n. 246 e 30 dicembre 1987, n. 641.

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