Impianti da sci in ZPS

04 Ago 2022 | giurisprudenza, amministrativo

di Chiara Maria Lorenzin

TAR Lazio, Roma, Sezione I quater – 3 giugno 2022, n. 7235 – Pres. C. Anastasi, Est. A. G. Lanzafame – Omissis 7 (con l’avv. Valentina Stefutti) c. Regione Lazio (con l’avv. E. Caprio), Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo (con l’Avvocatura dello Stato), Provincia di Rieti (con l’avv. A. Fucili), Comune di Rieti (con l’avv. A. Perelli), Comune di Cantalice, Comune di Micigliano, Comune di Leonessa, Comitato S.I. e Ministero della Transizione Ecologica n.c.

Con riferimento al divieto di cui all’art. 5 co. 1 lettera m) D.M. 17 ottobre 2007, poi recepito a livello regionale, in caso di impianti da sci, sono riconducibili al concetto di ammodernamento e al concetto di adeguamento funzionale anche ipotesi progettuali che prevedano una infrastruttura non necessariamente uguale e avente  la medesima localizzazione e possono essere annoverati tra gli ammodernamenti anche interventi che importino, entro ragionevoli limiti, una parziale delocalizzazione delle opere progettuali.

Con la sentenza in commento si conferma l’ampia discrezionalità in capo all’amministrazione in caso di valutazione di impatto ambientale e di valutazione di incidenza ambientale, entrambe da considerare non quali meri atti di gestione o di amministrazione in senso stretto, quanto piuttosto atti con i quali si esprime l’indirizzo politico-amministrativo sul corretto uso del territorio in esito al bilanciamento della molteplicità degli interessi pubblici contrapposti [i]: atti  caratterizzati dunque da un’ampia discrezionalità oltre che di tipo tecnico, anche amministrativa e rispetto ai quali il sindacato del giudice amministrativo è limitato alla manifesta illogicità, incongruità, travisamento o macroscopici difetti di motivazione o di istruttoria.

Il progetto in relazione al quale si è originato il contenzioso riguardava interventi di comprensorio (impianti da sci) caratterizzati dalla sostituzione e delocalizzazione di impianti obsoleti e dismessi.

In diritto, la vicenda ha, tra l’altro, riguardato, da un lato, la L.R. 24/1998 art. 18-ter e l’interpretazione delle nozioni di  “adeguamenti funzionali” e di “opere di completamento delle infrastrutture e delle strutture pubbliche esistenti”; e, dall’altro lato, l’art. 5 D.M. 17 ottobre 2007 in forza del quale le Regioni sono state chiamate ad introdurre anche il divieto di “realizzazione di nuovi impianti di risalita a fune e nuove piste da sci” e relative eccezioni, divieto che trova corrispondenza nella D.G.R. Lazio n. 612/2011 All. B n. 3 lett. C) la quale, infatti, vieta “la realizzazione di nuovi impianti di risalita a fune e nuove piste da sci, ad eccezione di quelli previsti negli strumenti di pianificazione generali e di settore vigenti alla data di entrata in vigore del D.M. 17 ottobre 2007, a condizione che sia eseguita la positiva Valutazione di Incidenza dei singoli progetti ovvero degli strumenti di pianificazione generali e di settore di riferimento dell’intervento, nonché di quelli previsti negli strumenti adottati preliminarmente e comprensivi di valutazione d’incidenza; sono fatti salvi gli impianti per i quali sia stato avviato il procedimento di autorizzazione, mediante deposito del progetto esecutivo comprensivo di valutazione d’incidenza, nonché interventi di sostituzione e ammodernamento anche tecnologico e modesti ampliamenti del demanio sciabile che non comportino un aumento dell’impatto sul sito in relazione agli obiettivi di conservazione della ZPS”.

Secondo la decisione in commento, il progetto contestato poteva essere qualificato come completamento e adeguamento funzionale delle strutture e infrastrutture esistenti sull’area  in quanto (i) l’adeguamento non presuppone che l’infrastruttura rimanga la stessa e mantenga la medesima localizzazione e (ii) la fattispecie del completamento non deve necessariamente presupporre un insieme di opere progettate secondo un disegno unitario e rimaste incompiute.  Al contrario, si legge nella sentenza, “deve ritenersi che – ai fini della qualificazione degli interventi quali opere di completamento – l’unitarietà dell’infrastruttura non vada considerata solo in una dimensione storico-progettuale … ma anche in una dimensione funzionale … Impostazione, quest’ultima, che consente di ricondurre ad una logica unitaria le due fattispecie (adeguamento e completamento) previste dall’art. 18-ter, comma 1, lett. c), l. r. Lazio n. 24/1998”. E si è ritenuto peraltro “coerente con tale impostazione quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui non può dubitarsi che la realizzazione di una strada di collegamento interquartiere, finalizzata a decongestionare il traffico veicolare e ad agevolare l’accesso dei residenti, si iscriva pienamente in quelle forme di adeguamento funzionale e strutturale delle opere pubbliche esistenti, per le quali l’art. 18-ter, l.r. Lazio n. 24/1998 consente la deroga alle disposizioni di tutela paesistica previste dalla legge medesima (Tar Lazio, I, 2 marzo 2009, n. 2134)”.

Quanto poi al D.M. 17 ottobre 2007 sopra richiamato, non è stata ritenuta rilevante la circostanza che taluni degli impianti soggetti ad ammodernamento non fossero in esercizio al momento dell’istituzione della ZPS posto che, ai fini del divieto di cui all’art. 5, comma 1, lett. m) D.M. 17 ottobre 2007, e della relativa eccezione, occorre, sempre secondo il Tribunale,  “considerare tutti gli impianti presenti sul territorio alla data di approvazione del D.M 17 ottobre 2017 – ancorché non più funzionanti – in considerazione del fatto che gli stessi … costituiscono elementi di degrado ambientale (la cui presenza non può non incidere rispetto agli obiettivi di protezione e conservazione della ZPS)”. Inoltre, “anche rispetto al concetto di ammodernamento valgono le considerazioni” svolte “con riferimento al concetto di adeguamento funzionale, ovvero che tali tipologie di interventi non presuppongono necessariamente che l’infrastruttura rimanga la stessa e mantenga la medesima localizzazione, e che al contrario possono essere annoverati tra gli ammodernamenti anche interventi che importino una parziale delocalizzazione delle opere progettuali (entro ragionevoli limiti che – nel caso di specie – non appaiono essere stati superati)”.

L’iter istruttorio logico-argomentativo seguito dalla Amministrazione è stato inoltre ritenuto scevro da vizi anche laddove nel valutare l’impatto sul sito, si è tenuto conto “del rapporto tra superficie di habitat interferita dalla realizzazione del progetto rispetto alla superficie totale nel sito Natura 2000”. La considerazione dell’estensione dell’intervento è in effetti coerente con la Direttiva 92/43/CEE se comunque valutata unitamente ad altri elementi. Il concetto di significatività delle incidenze di un progetto di cui all’art. 6 co. 3 prima parte della Direttiva 92/43/CEE impone, infatti, la ponderazione di molteplici fattori quali l’entità dell’impatto, tipo, portata, durata, intensità, probabilità, effetti cumulativi e tipologia di habitat e specie interessati, sempre avendo riguardo agli obiettivi di conservazione in funzione dei quali è stata prevista la tutela (cfr. Guida all’interpretazione dell’art. 6 Dir. 92/43/CEE della Commissione Europea). Quanto al tema dell’estensione e della collocazione di un intervento, si ricorda infine che la probabilità di incidenze significative può derivare non soltanto da piani o progetti situati all’interno di un sito protetto, ma anche da piani o progetti interessanti aree al di fuori di un sito protetto e in tale prospettiva anche i potenziali effetti transfrontalieri, ove pertinenti, vanno considerati.

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Chiara Maria Lorenzin 26072022

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

7235_2022

NOTE

[i] Cfr. in tal senso Consiglio di Stato, Sezione II, 6 aprile 2020, n. 2248 e Consiglio di Stato, Sezione IV, 22 luglio 2005, n. 3917.

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