Il recepimento dei princìpi sulle rinnovabili nella legislazione regionale

04 Lug 2019 | giurisprudenza, corte costituzionale

di Elisa Maria Volonté 

Corte Costituzionale – 15 aprile 2019, n. 86 – Pres. Lattanzi, Red. Sciarra – Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avv.ti De Bellis e Palmieri).

La sentenza in commento accoglie parzialmente le doglianze della Presidenza del Consiglio dei Ministri avverso due distinte leggi della Regione Basilicata, nella parte in cui queste ultime hanno apportato modifiche alla normativa regionale in materia di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e di recepimento dei criteri dettati dal D.M. 10 settembre 2010 per l’autorizzazione, nonché per il corretto inserimento nel paesaggio e sul territorio di impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile, in violazione dei princìpi delineati dalla relativa normativa statale[i].

La pronuncia rappresenta l’ennesimo capitolo di una lunga diatriba tra Stato e Regioni che arricchisce ulteriormente la già cospicua giurisprudenza costituzionale in merito alla ripartizione di competenze tra i medesimi enti sul tema, delineando i limiti entro i quali le Regioni devono muoversi per l’elaborazione delle relative discipline.

Nella sentenza in commento, infatti, la Corte Costituzionale conferma nuovamente il proprio consolidato orientamento, ribadendo l’illegittimità di tutte quelle disposizioni regionali che possano costituire un limite al principio di libero sviluppo degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, sancito a livello nazionale in attuazione della disciplina comunitaria[ii].

La disciplina relativa alla produzione di energia da fonti rinnovabili si caratterizza dunque per la sua stratificazione, la quale trova il proprio vertice nel principio internazionale e comunitario del favor per le energie rinnovabili espresso sia dalla normativa internazionale sia comunitaria[iii], strettamente legate tra loro. Ed infatti, il citato principio permea tutta la politica comunitaria in materia ambientale e, soprattutto, in materia di energia[iv], la quale individua nello sviluppo e nella diffusione di impianti per la produzione di energia alimentati da fonti rinnovabili mezzi essenziali per decarbonificare l’economia, riducendo così le emissioni di gas ad effetto serra e perseguendo gli obiettivi di cui al Protocollo di Kyoto e delle convenzioni quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Tale sinergia tra normativa internazionale e comunitaria sottesa al favor per le fonti di energia rinnovabile ha un recentissimo esempio nel così detto Clean energy package[v], il pacchetto di direttive comunitarie per la promozione ed implementazione di un mercato energetico sicuro, efficiente e sostenibile che dovrebbe supportare l’Unione europea nel raggiungimento degli obiettivi dettati dall’Accordo di Parigi[vi], ratificato dalla stessa Unione europea il 5 ottobre 2016.

Proprio il rispetto del principio del favor per la diffusione delle energie rinnovabili rappresenta un principio cardine nella giurisprudenza della Corte Costituzionale[vii], giacché, nel corso degli anni, la medesima ha sistematicamente dichiarato incostituzionali tutte quelle disposizioni normative regionali che avrebbero potuto ostacolare o impedire lo sviluppo della politica energetica alternativa o compromettere il raggiungimento di un efficiente approvvigionamento presso i territori regionali[viii], anche laddove tali ostacoli erano volti alla tutela dell’ambiente e del paesaggio locale.

Ed infatti, la definizione dei limiti ai poteri legislativi regionali è stata scandita dalla giurisprudenza costituzionale attraverso numerose pronunce che hanno dichiarato l’illegittimità di un gran numero di disposizioni regionali che invadevano lo spazio riservato al legislatore statale[ix]. La vasta casistica in merito ha consentito alla Corte Costituzionale di individuare i confini delle competenze legislative tra Stato e Regioni in materia inter alia di localizzazione, rilevando ad esempio l’illegittimità costituzionale dell’imposizione di distanze minime dalle civili abitazioni per l’installazione di impianti alimentati da biogas e biomasse[x], dell’individuazione della aree idonee per la realizzazione di impianti eolici, anziché l’individuazione di quelle non idonee[xi], nonché dell’individuazione di ulteriori criteri per la realizzazione di impianti alimentati da biomasse in zone agricole[xii]. In materia di limitazioni al rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione degli impianti, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incompatibilità con i princìpi fondamentali dettati dal legislatore statale di quelle disposizioni che, ad esempio, precludevano il rilascio dei titoli autorizzativi per impianti con potenza nominale superiore a determinate soglie[xiii]. Ancora poi, la Corte Costituzionale ha censurato le disposizioni che estendevano il regime autorizzativo semplificato individuando elenchi di impianti assoggettati alla DIA[xiv] o in base alla tipologia di impianti, al possesso di determinate caratteristiche e alla localizzazione degli stessi[xv]. Infine, in materia di assoggettamento a VIA, la Consulta ha censurato le disposizioni che non prevedevano la valutazione di tutti i criteri stabiliti dal legislatore statale[xvi].

Nella casistica giurisprudenziale citata, la materia delle energie rinnovabili è costantemente ricondotta dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale alla competenza esclusiva statale (ai sensi dell’Art. 117, comma 2, Cost.) in materia di “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali” e di “tutela della concorrenza” e, altresì, alla competenza concorrente (ai sensi dell’Art. 117, comma 3, Cost.) in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”. Nel ragionamento logico-giuridico sotteso alle proprie decisioni, la Corte Costituzionale si trova spesso a dover ponderare distinti princìpi e interessi che si sostanziano negli interessi economici, sottesi alla produzione di energia e alla tutela della concorrenza, nonché nei primari interessi alla tutela dell’ambiente, da intendersi principalmente come contrasto ai cambiamenti climatici[xvii] e alla tutela del paesaggio[xviii].

Il nodo cruciale su cui vertono i giudizi di legittimità costituzionale in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili è rappresentato dall’esegesi, da parte della Corte Costituzionale, della normativa nazionale[xix], al fine di desumerne i princìpi fondamentali che si pongono quale limite invalicabile per le Regioni nell’adozione della normativa regionale di dettaglio.

Ed infatti, le fonti normative statali racchiudono il nucleo di princìpi da cui muove la Corte Costituzionale per valutare la costituzionalità delle norme della Regione Basilicata oggetto del giudizio in commento, le quali, per la loro varietà, richiedono una trattazione per aree tematiche.

Nello specifico, le doglianze della Presidenza del Consiglio dei Ministri riguardano numerose disposizioni relative (i) sia alla localizzazione degli impianti, con la conseguente identificazione delle aree non idonee per la realizzazione degli stessi, (ii) sia all’introduzione di condizioni ulteriori e/o più stringenti per l’autorizzazione e per il trasferimento degli impianti.

Per quanto concerne la localizzazione degli impianti sul territorio, la Corte Costituzionale, con la sentenza in commento, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di due diverse disposizioni della Regione Basilicata finalizzate all’individuazione sia delle aree idonee sia di quelle non idonee per l’installazione degli impianti[xx], giacché i limiti e le condizioni per la localizzazione degli impianti introdotti dalla normativa regionale sarebbero stati individuati “in via generale, senza istruttoria e valutazione in concreto dei luoghi in sede procedimentale”, in aperta violazione quindi della “ponderazione concertata” ai fini del bilanciamento tra esigenze connesse alla produzione di energia e interessi ambientali, “cui necessariamente le Regioni devono attenersi per identificare le “aree non idonee” alla localizzazione degli impianti”, nonché ricavabile anche dai criteri di cui alle linee guida individuate con il D.M. 10 settembre 2010. Criteri che, come già confermato dalla giurisprudenza costituzionale sul punto, costituiscono, in settori prettamente tecnici come quello attinente alle energie rinnovabili, il completamento della normativa primaria[xxi] la quale a sua volta definisce, ad un tempo, standard omogenei di tutela dell’ambiente e princìpi fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia.

Come confermato anche dalla giurisprudenza costituzionale[xxii], alle Regioni è consentito soltanto individuare, caso per caso, “aree e siti non idonei”, avendo specifico riguardo alle diverse fonti e alle diverse taglie di impianto, in via di eccezione e solo qualora sia necessario per proteggere interessi costituzionalmente rilevanti. Alla luce di ciò, la valutazione sincrona degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela può, e deve avvenire, in sede procedimentale. La struttura del procedimento amministrativo, infatti, rende possibile l’emersione di tali interessi, la loro adeguata prospettazione, nonché la pubblicità e la trasparenza della loro valutazione in attuazione dei princìpi di cui all’Art. 1 della L. n. 241/1990.

Con riferimento all’ulteriore tematica relativa ad alcuni stringenti limiti individuati dalla normativa regionale lucana con riferimento all’autorizzazione e al trasferimento di alcune tipologie di impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, la Corte Costituzionale enuncia alcuni interessanti princìpi, soprattutto con riferimento alla pretesa finalità antielusiva di alcune disposizioni normative regionali.

In primo luogo, la Corte Costituzionale ha valutato la legittimità costituzionale di alcune disposizioni introdotte dalla Regione Basilicata che avevano previsto alcuni stringenti limiti per l’utilizzo della PAS[xxiii] per alcune categorie di impianti[xxiv], quali ad esempio l’obbligo di rispettare le specifiche tecniche di cui all’Allegato 2 D.Lgs. n. 28/2011 (previste invero dal legislatore statale al diverso fine di accedere agli incentivi nazionali) nonché specifici vincoli di distanze minime. In tale contesto, la Corte Costituzionale ha statuito l’illegittimità costituzionale degli articoli citati per violazione dell’Art. 117, comma 2, lett. s) Cost. confermando che la disciplina del regime abilitativo degli impianti di energia da fonti rinnovabili rientra, oltre che nella materia “tutela dell’ambiente”, anche nella competenza legislativa concorrente, in quanto riconducibile a “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, nel cui ambito i princìpi fondamentali sono dettati dal D.Lgs. n. 387/2003[xxv]. La Corte Costituzionale ribadisce così che la disciplina nazionale relativa all’autorizzazione degli impianti introduce nell’ordinamento nazionale princìpi che non possono tollerare eccezioni da parte della legislazione regionale e che si desumono dalle linee guida di cui al D.M. 10 settembre 2010, dal D.Lgs. n. 387/2003, e dal D.Lgs. n. 28/ 2011, introdotti dal legislatore statale in attuazione della normativa dell’Unione europea, in vista dell’obiettivo di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabile.

Alla luce del ragionamento sopra esposto, la Corte Costituzionale individua nell’introduzione da parte della Regione Basilicata di ingiustificati aggravi per la realizzazione degli impianti una diretta violazione, oltre che del già citato Art. 117, comma 2, lett. s) Cost., anche del principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabile, stabilito dal legislatore statale in conformità alla normativa dell’Unione europea[xxvi] il quale “ha richiesto agli Stati membri di dettare regole certe, trasparenti e non discriminatorie, in grado di orientare le scelte degli operatori”.

In secondo luogo, la Corte Costituzionale individua nella violazione della legislazione concorrente delle Regioni relativa alla produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia ai sensi dell’Art. 117, comma 3, Cost. la causa di travolgimento di due ulteriori disposizioni introdotte dalla Regione Basilicata in materia di cessione di impianti autorizzati con PAS a terzi costituenti un unico centro decisionale, qualora la somma delle potenze degli impianti superi la soglia di 200 kW[xxvii].

La norma regionale oggetto di giudizio di costituzionalità perseguirebbe lo scopo di impedire frazionamenti fittizi e successive riunioni di impianti facenti capo ad un progetto unitario finalizzati a sottoporli al regime più snello e favorevole della PAS rispetto a quello dell’autorizzazione unica, la quale richiede invece valutazioni più puntuali relativamente al rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico.

A tal proposito, tuttavia, la Corte Costituzione, pur sottolineando la ratio antielusiva alla base delle disposizioni impugnate, evidenzia come il divieto introdotto dal legislatore lucano non trovi in realtà corrispondenza nella normativa statale. Conseguentemente, la Corte Costituzionale individua l’illegittimità della disposizione impugnata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri proprio nel citato vuoto normativo, sottolineando come non sia consentito al legislatore regionale, in caso di silenzio della disciplina statale, introdurre un limite ad un diritto che costituisce espressione della libertà di iniziativa economica di cui all’Art. 41 Cost. ed è tutelato dall’Art. 42 Cost., quale quello in analisi, strumentalmente connesso al diritto di proprietà degli impianti.

In linea con i princìpi e i ragionamenti svolti nella propria decisione, la Corte Costituzione ritiene infine non fondate le questioni di legittimità costituzionale con riferimento a quelle disposizioni delle norme regionali impugnate che, lungi dal concretizzarsi in superamenti della competenza legislativa regionale, costituiscono specifica attuazione dei princìpi fondamentali stabiliti dalla normativa nazionale, come desumibile anche alla condivisione, da parte della normativa regionale, dei medesimi scopi perseguiti dalle relative disposizioni nazionali[xxviii].

Nello specifico, la Corte Costituzione ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale relativa alle previsioni, da parte del legislatore lucano, dell’assoggettamento all’autorizzazione unica nonché alla conseguente esclusione del regime della PAS in caso di impianti, anche ubicati nello stesso territorio comunale, riconducibili da un soggetto già titolare di altre autorizzazioni ottenute tramite PAS o che siano comunque riconducibili ad un unico centro di imputazione[xxix], anche quando la potenza nominale, sommata a quella degli impianti già autorizzati, non superi la soglia di potenza di 200 kW. Nello specifico, infatti, la Corte Costituzionale ha ritenuto che la norma impugnata si ponesse in linea con i princìpi di cui all’Art. 4, comma 3, D.Lgs. n. 28/2011, il quale chiede alle Regioni di individuare i casi in cui sia necessario valutare cumulativamente la presentazione di più progetti volti alla realizzazione di impianti, localizzati in aree contigue o comunque nella medesima area, e con le linee guida di cui al D.M. 10 settembre 2010, laddove dispongono che i limiti di capacità di generazione e di potenza “sono da intendere come riferiti alla somma delle potenze nominali, per ciascuna fonte, dei singoli impianti di produzione appartenenti allo stesso soggetto o su cui lo stesso soggetto ha la posizione decisionale dominante”.

Alla luce di quanto previsto dal legislatore nazionale, pertanto, la Corte Costituzionale ha escluso che le previsioni impugnate contrastino con i princìpi e gli standard nazionali, e ha al contrario ritenuto che essi ne rappresentano specifica attuazione, perseguendo i medesimi fini di antielusività volti a scongiurare surrettizi frazionamenti degli impianti ed individuando elementi sintomatici dell’unitarietà dell’operazione imprenditoriale al fine di assoggettarli al regime dell’autorizzazione unica.

Allo stesso modo, la Corte Costituzionale non ravvisa nessuna violazione della normativa statale con riferimento all’assoggettamento a PAS degli impianti di potenza a partire da 0 kW i quali invece, secondo le difese della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dovrebbero rientrare nel regime della comunicazione di inizio lavori, applicabile agli impianti con potenza nominale fino a 50 kW. A tal riguardo, la Corte Costituzionale evidenza il differente e non sovrapponibile ambito di applicazione della PAS e della citata comunicazione: quest’ultima infatti costituisce una disciplina speciale, la cui applicabilità è limitata ad impianti aventi sì potenza fino a 50 kW, ma che siano anche dotati di alcuni specifici requisiti strutturali individuati dal D.Lgs. n. 28/2011. Alla luce di tale ambito di applicazione, la Corte Costituzionale sottolinea come le norme oggetto del giudizio di legittimità costituzionale “dettano limiti all’utilizzo della PAS per gli impianti solari fotovoltaici e per gli impianti eolici in generale, senza interferire con la speciale disciplina inerente al regime di comunicazione”. La normativa impugnata, infatti, incide esclusivamente sul regime della PAS, senza intaccare l’applicabilità della comunicazione di inizio lavori in quanto, pur interessando impianti caratterizzati dal medesimo range di potenza, nulla prevede sulla sussistenza dei requisiti strutturali di cui D.Lgs. n. 28/2011, fuoriuscendo così dall’ambito di applicazione della comunicazione.

In conclusione, con la pronuncia in commento la Corte Costituzionale ha colto l’occasione per riproporre e rafforzare il proprio orientamento sull’implementazione a livello regionale della normativa statale relativa alla produzione di energia da impianti alimentati da fonti rinnovabili, andando così a delineare un quadro sempre più preciso e particolareggiato dei limiti e condizioni cui devono sottostare le Regioni.

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Corte Costituzionale) cliccare sul pdf allegato

Volonte_ Corte Cost 86_2019

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[i]               Si tratta nello specifico della L.R. Basilicata n. 19/2017 (“Collegato alla legge di stabilità regionale 2017”), la quale ha introdotto modifiche alla L.R. Basilicata n. 24/2015 (“Recepimento dei criteri per il corretto inserimento nel paesaggio e sul territorio degli impianti da fonti di energia rinnovabili ai sensi del D.M. 10 settembre 2010”) e della L.R. Basilicata n. 21/2017 (“Modifiche ed integrazioni alle L.R. Basilicata n. 1/2010, “Norme in materia di energia e piano di indirizzo energetico ambientale regionale – D. Lgs. n. 152/2006 – L.R. n. 9/2007”; n. 8/2012 “Disposizioni in materia di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili” e n. 54/2015 “Recepimento dei criteri per il corretto inserimento nel paesaggio e sul territorio degli impianti da fonti di energia rinnovabili ai sensi del D.M. 10 settembre 2010”.), che ha a sua volta modificato, inter alia, la L.R. Basilicata n. 24/2015 (“Recepimento dei criteri per il corretto inserimento nel paesaggio e sul territorio degli impianti da fonti di energia rinnovabili ai sensi del D.M. 10 settembre 2010”) nonché la L.R. Basilicata n. 8/2012 (“Disposizioni in materia di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili”).

[ii]              Ex multis, Corte Cost. 11 ottobre 2012, n. 224 in questa Rivista, 2013, 2, pp. 224 ss, con nota di G. Landi, La Corte Costituzionale si pronuncia nuovamente contro i limiti regionale allo sviluppo di impianti ad energia rinnovabile.

[iii]              Corte Cost. 12 aprile 2012, n. 85, in questa Rivista, 2012, 6, pp. 741 ss, con nota di L. Corti, Impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, leggi regionali, Protocollo di Kyoto e direttive comunitarie: la prevalenza dei principi internazionali e comunitari nelle pronunce della Corte Costituzionale.

[iv]              Corte Cost. 6 dicembre 2012, n. 275 e Corte Cost. 26 luglio 2018, n. 177.

[v]              Il Clean energy package è costituito dai Regolamenti (UE) 2018/1999, 2019/941, 2019/942, 2019/942 e dalle direttive (UE) 2018/844, 2018/2001, 2018/2002 e 2019/944, pubblicati da ultimo nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il 14 giugno scorso. Per un commento del pacchetto normativo, si veda P. Bertolini, A. Gemmo, Clean Energy PackageLa transizione verso l’Unione dell’energia, in questa Rivista, 2019, 3.

[vi]              Obiettivi tra i quali spicca quello di mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2 °C al di sopra dei livelli preindustriali e proseguire gli sforzi per limitare l’aumento della temperatura a 1,5 °C al di sopra dei livelli preindustriali, riconoscendo che ciò ridurrebbe significativamente i rischi e gli impatti dei cambiamenti climatici.

[vii]             Corte Cost. 26 marzo 2010, n. 119.

[viii]            In tal senso, A. Maestroni, La questione della localizzazione di impianti di produzione di energie rinnovabili a valle delle linee guida ministeriali. Corte Costituzionale e Corte di Giustizia arbitri tra esigenze di tutela paesistica e di sviluppo economico, in questa Rivista, 2012, 5, pp. 569 ss.

[ix]              S. Amorosino, Impianti di energia rinnovabile e tutela dell’ambiente e del paesaggio, in questa Rivista, 2011, 6, pp. 753 ss.

[x]              Corte Cost. 5 aprile 2018, n. 69, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’Art. 111, comma 2, L.R. Veneto n. 30/2016.

[xi]              Corte Cost. 11 ottobre 2012, n. 224, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’Art. 18 L.R. Sardegna n. 2/2007, come sostituito dall’Art. 6, comma 8, L.R. Sardegna n. 3/2009, in questa Rivista, 2013, 2, pp. 224 ss, con nota di G. Landi, cit..

[xii]             Corte Cost. 11 giugno 2014, n. 166, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’Art. 2, comma 4, L.R. Puglia n. 31/2008, in questa Rivista, 2014, 6, pp. 734 ss, con nota di L. Corti, Localizzazione di impianti per la produzione di energia (da fonti rinnovabili e non): rapporti fra leggi dello Stato e leggi regionali.

[xiii]            Corte Cost. 12 aprile 2012, n. 85, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’Art. 4, comma 1, L.R. Veneto n. 7/2011, in questa Rivista, 2012, 6, pp. 741 ss, con nota di L. Corti, cit..

[xiv]            Corte Cost. 1° aprile 2010, n. 124, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’Allegato 1, L.R. Calabria n. 42/2008.

[xv]             Corte Cost. 26 marzo 2010, n. 119, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’Art. 3 L.R. Puglia n. 31/2008.

[xvi]            Corte Cost. 22 maggio 2013, n. 93, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli Allegati A2, B2, B1 e B2 della L.R. Marche n. 3/2012, in questa Rivista, 2014, 3-4, pp. 370 ss, con nota di V. Vitiello, La normativa della Regione Marche tra l’incostituzionalità e la violazione del diritto comunitario.

[xvii]            In questo senso U. Barelli, I limiti alle energie rinnovabili con particolare riferimento alla tutela della biodiversità, in questa Rivista, 2014, 1, pp. 1 ss.

[xviii]           In questo senso G. F. Cartei, Autonomia locale e pianificazione del paesaggio, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2013, 3, pp. 703 ss.

[xix]            A tal proposito, giova rammentare come la normativa nazionale sia delineata dal D.Lgs. n. 387/2003 di recepimento della direttiva n. 2001/77/CE, dal D.M. 10 settembre 2010, recante le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili nonché dal D.Lgs. n. 28/2011, di recepimento della direttiva n. 2009/28/CE, i quali dettano i princìpi fondamentali in materia. I princìpi e gli obiettivi che emergono dalle direttive comunitarie di cui sopra, seppur vincolanti per gli Stati membri, non definiscono un regime amministrativo uniforme per la produzione di energia da fonti rinnovabili, ma lasciano agli Stati membri il compito di definire tale regime in conformità ai suddetti princìpi. In tale ottica, pertanto, il D.Lgs. n. 387/2003 ha identificato gli obiettivi nazionali volti a promuovere l’utilizzo delle fonti rinnovabili per la produzione di energia e ha altresì razionalizzato e semplificato le procedure per l’autorizzazione all’installazione dei relativi impianti, attuando così la direttiva n. 2001/77/CE che vincola gli Stati membri a “ridurre gli ostacoli normativi e di altro tipo all’aumento della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili” e a “razionalizzare ed accelerare le procedure all’opportuno livello amministrativo”. Il D.M. 10 settembre 2010 ha, poi, introdotto nel nostro ordinamento le linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili. Come demandato specificamente dall’Art. 12 D.Lgs. n. 387/2003, tali linee guida disciplinano la procedura relativa al rilascio dell’autorizzazione unica per l’installazione degli impianti e sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. Secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, i criteri e i princìpi di cui alle citate linee guida costituiscono il completamento della normativa primaria, e indicano le specifiche tecniche che necessitano di applicazione uniforme in tutto il territorio nazionale. Infine, il D.Lgs. n. 28/2011 ha recepito la direttiva n. 2009/28/CE, dettando misure concrete per il conseguimento, entro il 2020, della quota del 17% di energia da fonti rinnovabili sui consumi energetici nazionali. A tal fine, il decreto citato ha notevolmente semplificato le procedure autorizzative, prevedendo l’assoggettamento a procedura abilitativa semplificata (PAS) degli impianti di cui ai paragrafi 11 e 12 D.M. 10 settembre 2010.

[xx]             Nello specifico si tratta dell’Art. 20 L.R. Basilicata n. 19/2017 che, nel sostituire l’Art. 2 L.R. Basilicata n. 54/2015, riproduce letteralmente i primi due commi del suo testo originario e vi aggiunge un terzo comma, il quale dispone “Nei buffer relativi alle aree e siti non idonei è possibile autorizzare l’installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili nel rispetto delle modalità e prescrizioni indicate nel comma 1 del presente articolo” e dell’Art. 2, comma 1, L.R. n. 21/2017 il quale ha introdotto un nuovo Allegato D all’Art. 2, comma 1, L.R. Basilicata n. 54/2015 (già precedentemente modificato dall’Art. 20 L.R. n. 19/2017) che ridefinisce i criteri per il corretto inserimento nel paesaggio e sul territorio degli impianti, con particolare riferimento all’individuazione di “Aree idonee e non idonee” e, in specie, per il corretto inserimento di impianti da 0 a 1 MW.

[xxi]            Corte Cost. 5 aprile 2018, n. 69.

[xxii]            Corte Cost. 5 aprile 2018, n. 69.

[xxiii]           La procedura abilitativa semplificata (PAS) è la procedura introdotta dall’Art. 6 D.Lgs. n. 28/2011, in sostituzione alla precedente DIA, nell’ottica della semplificazione delle procedure autorizzative di cui dalla direttiva 2009/28/CE. La PAS si applica agli impianti con potenza nominale inferiore alle soglie di cui alla tabella A allegata al Dlgs. n. 387/2003, deve essere presentata al Comune ed è sottoposta al regime del silenzio-assenso.

[xxiv]           Relativamente al tema in esame, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha impugnato l’Art. 5, commi 1 e 2, L.R. Basilicata n. 21/2017 nella parte in cui ha sostituito i commi 1 e 2 dell’Art. 5 L.R. Basilicata n. 8/2012, introducendo limiti all’utilizzo della PAS per gli impianti solari fotovoltaici, nonché l’Art. 7 L.R. Basilicata n. 21/2017 nella parte in cui, inserendo il comma 1 all’Art. 6 bis L.R. Basilicata n. 8/2012, ha stabilito ulteriori condizioni per l’applicazione della PAS agli impianti eolici e fotovoltaici con potenza nominale inferiore alla tabella A) dell’Art. 12, comma 5, D.Lgs. n. 387/2003.

[xxv]            Corte Cost. 30 gennaio 2018, n. 14.

[xxvi]           Corte Cost. 26 luglio 2018, n. 177; Corte Cost. 30 gennaio 2014, n. 13; Corte Cost. 11 febbraio 2011, n. 44.

[xxvii]          Con riferimento a questo tema sono stati impugnati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri l’Art. 5, comma 4, L.R. Basilicata n. 21/2017 che ha sostituito l’Art. 5, comma 4, L.R. Basilicata n. 8/2012, l’Art. 6, comma 4, L.R. Basilicata n. 21/2017 che ha sostituito l’Art. 6, comma 4, L.R. Basilicata n. 8/2012, nonché l’Art. 7, comma 2, L.R. Basilicata n. 21/2017, che ha introdotto l’Art. 6 bis, comma 2, L.R. Basilicata n. 8/2012 laddove hanno previsto il divieto di cessione a terzi di impianti fotovoltaici e di impianti eolici.

[xxviii]          La Corte Costituzionale ritiene non fondate tre distinte questioni di legittimità costituzionale. La prima riferisce all’Art. 5, comma 3, e all’Art. 6, comma 3, L.R. Basilicata n. 21/2017, i quali hanno sostituito rispettivamente il comma 3 dell’Art. 5 e il comma 3 Art. 6 L.R. Basilicata n. 8/2012, in quanto stabiliscono che sono assoggettati al rilascio dell’autorizzazione unica e non alla PAS la costruzione e l’esercizio, rispettivamente, di nuovi impianti fotovoltaici a terra ed eolici, anche ubicati nello stesso comuni, proposti da un soggetto già titolare di altre autorizzazioni ottenute tramite PAS o che siano riconducibili allo stesso centro decisionale, la cui potenza nominale (sommata tra loro e con quella dell’impianto già autorizzato) superi la soglia di potenza di 200 kW. La seconda questione di costituzionalità riguarda l’Art. 7, comma 3, L.R. Basilicata n. 21/2017 là dove, inserendo l’Art. 6 bis, comma 3, L.R. Basilicata n. 8/2012 stabilisce che “qualora più impianti di cui al comma 1 sono riconducibili ad un unico centro decisionale, devono essere considerati un unico impianto per cui devono rispettare le condizioni contenute negli Art. 5 e Art. 6”. Infine, la terza questione attiene agli Art. 5, Art. 6 e Art. 7 L.R. Basilicata n. 21/2017 i quali assoggettano a PAS impianti di energia da fonti rinnovabili a potenza a partire da 0 kW.

[xxix]           La normativa fa riferimento alla riconducibilità ad un unico centro decisionale ai sensi dell’Art. 2359 cod. civ. nonché a “qualsiasi altra relazione, anche di fatto, sulla base di univoci elementi”.

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