Caso “Lucchini Piombino”: riparto di competenze tra le Amministrazioni statali e quelle periferiche

27 Lug 2021 | amministrativo, giurisprudenza

di Veronica Vitiello

Consiglio di Stato – Sezione IV, 18 marzo 2021, n. 3575 – Pres. Giovagnoli – Est. Di Carlo – Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (Avvocatura generale dello Stato) c. Fintecna S.p.A. (Avv. Morbidelli) e Lucchini S.p.A., in amministrazione straordinaria (avv.ti Arato, Grassi, Perfetti e Salustri), nei confronti della Regione Toscana (avv.ti Bora e Delfino), Arpa della Toscana, l’Agenzia Regionale Protezione Ambiente, il Comune di Piombino (n.c.)

In relazione ai siti di interesse nazionale (SIN), tutte le attività precedenti e propedeutiche all’attività di bonifica in senso stretto sono di competenza della Provincia, mentre, una volta avviato il procedimento di bonifica, ai sensi dell’art. 242, comma 7, la competenza si radica in via esclusiva in capo al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Pertanto, al Ministero è attribuita la competenza all’espletamento della procedura di bonifica, mentre alla Provincia è attribuita la competenza all’individuazione del responsabile della contaminazione ambientale ed alla diffida del responsabile individuato a provvedere alle attività previste dal titolo di bonifica dei siti contaminati, dovendo altresì comprendersi all’interno di tali attività propedeutiche anche le eventuali misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza.

  1. Premessa

La sentenza in commento riguarda il controverso caso della bonifica del sito di interesse nazionale (SIN) denominato “Lucchini Piombino” che è stato individuato mediante la Legge 426/98 e successivamente perimetrato con DM del 10 gennaio 2000 ed ampliato ulteriormente con DM del 7 aprile 2006. A distanza di circa 16 anni dalla approvazione del piano di caratterizzazione relativo alle aree della Lucchini S.p.A., avvenuta nel 2005, la riconversione del sito dopo la crisi del settore siderurgico e la necessità di ripensare al rapporto tra produzione e ambiente, restano per Piombino un’opportunità da sfruttare.

2. Questione giuridica

La questione giuridica principale rimessa al Consiglio di Stato concerne l’interpretazione delle disposizioni contenute negli artt. 242, 244 e 252, comma 4 del D.lgs. n. 152/2006, al fine di perimetrare il riparto di competenze tra le Amministrazioni statali (il Ministero dell’ambiente) e quelle periferiche (Provincia o, nel caso della legge toscana, Regione Toscana) in materia di individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento e di imposizione degli interventi previsti dal Titolo V, Parte IV del D.lgs. n. 152/2006, tra cui, in particolare, gli obblighi di bonifica e di messa in sicurezza operativa.

3. Esame del quadro normativo di riferimento

(i) L’art. 244 del D.lgs. n. 152/2006 prevede la disciplina generale delle ordinanze per l’individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento e l’effettuazione degli interventi necessari per bonificare il sito e stabilisce che:

1. Le pubbliche Amministrazioni che nell’esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno comunicazione alla Regione, alla Provincia e al Comune competenti.

  1. La Provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell’evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo.
  1. L’ordinanza di cui al comma 2 è comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell’articolo 253.
  1. Se il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito né altro soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall’amministrazione competente in conformità a quanto disposto dall’articolo 250”.

(ii) L’art. 252 disciplina i siti di interesse nazionale (SIN) e prevede specifiche disposizioni per la loro individuazione, perimetrazione, procedura di bonifica, soggetti responsabili, procedure autorizzative e qualificazione per legge di taluni SIN.

(iii) L’art. 242 disciplina le tipologie di procedure operative ed amministrative da adottarsi per prevenire, limitare o riparare l’inquinamento ambientale, e cioè:

  • le misure di prevenzione in senso stretto, e cioè le procedure volte a prevenire il rischio di inquinamento o impedire che un rischio già verificato si aggravi;
  • le misure di messa in sicurezza di emergenza;
  • il progetto operativo degli interventi di bonifica;
  • il progetto operativo degli interventi di messa in sicurezza, operativa o permanente; e
  • le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito.

4. Orientamento del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato accoglie gli appelli e, in riforma della sentenza impugnata, respinge tutti i corrispondenti motivi di ricorso, confermando il proprio orientamento, già espresso dalla medesima sezione con la sentenza n. 2301/2020, con riferimento al sito di interesse nazionale (SIN) di Bussi sul Tirino, secondo cui l’art. 252, comma 4, del codice dell’ambiente attribuisce alla competenza esclusiva del Ministero dell’ambiente il procedimento di bonifica, ordinariamente di competenza regionale, mentre non prevede alcun riferimento alle differenti competenze enucleate dall’art. 244 che, che, in assenza di una esplicita previsione derogatoria, devono ritenersi confermate in capo all’Amministrazione provinciale, cui spettano in via ordinaria.

La finalità della norma di cui all’art. 252, con riferimento ai siti più rilevanti che, per questo, sono definiti di interesse nazionale, è quella di centralizzare in capo all’Autorità statale la competenza allo svolgimento del complesso delle operazioni di bonifica, laddove la fase preliminare alla bonifica, disciplinata dall’art. 244, comma 2, relativa alla pregiudiziale individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento ed alla conseguente diffida a provvedere, rimane di competenza dell’Ente provinciale. Pertanto, in relazione ai SIN, tutte le attività precedenti e propedeutiche all’attività di bonifica in senso stretto sono di competenza della Provincia, mentre, una volta avviato il procedimento di bonifica, ai sensi dell’art. 242, comma 7, la competenza va attribuita in via esclusiva in capo al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Pertanto, al Ministero è attribuita la competenza all’espletamento della procedura di bonifica, mentre alla Provincia è attribuita la competenza all’individuazione del responsabile della contaminazione ambientale ed alla diffida del responsabile individuato a provvedere alle attività previste dal titolo di bonifica dei siti contaminati, dovendo altresì comprendersi all’interno di tali attività propedeutiche anche le eventuali misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza.

In sintesi, secondo l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato la deroga all’ordinaria competenza per i siti di interesse nazionale (SIN) deve intendersi stabilita dal legislatore ordinario in favore del Ministero dell’ambiente soltanto limitatamente alla gestione delle “procedure di bonifica”, dal cui perimetro oggettivo esulano tutte le attività diverse ovvero propedeutiche rispetto alla bonifica medesima (cioè l’individuazione del responsabile dell’inquinamento, la diffida a provvedere all’esecuzione degli interventi, tra cui anche le misure di prevenzione e quelle di messa in sicurezza di emergenza).

5. Criteri per l’individuazione del soggetto responsabile secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza amministrativa e, in particolare, dall’Adunanza Plenaria con sentenza n. 3/2021 – Diritto europeo – Curatore fallimentare e commissario straordinario  

Come è noto, il principio “chi inquina paga” è stato riconosciuto dal Trattato U.E. (art. 191, comma 2, del TFUE, ex art. 174, comma 2, Trattato CE), secondo cui l’azione comunitaria in materia ambientale deve essere informata ai principi di precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, e del principio “chi inquina paga”.

Su detti principi si basa anche la disciplina comunitaria in materia di prevenzione e riparazione del danno all’ambiente (direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004).

Secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza amministrativa l’’individuazione della responsabilità per l’inquinamento di un’area si basa sul criterio causale del “più probabile che non”. Pertanto, è sufficiente perché il responsabile si intenda legittimamente accertato che il nesso eziologico ipotizzato dall’Amministrazione sia più probabile della sua negazione. Inoltre, la bonifica del sito inquinato può essere ordinata anche a carico di una società non responsabile dell’inquinamento, ma che sia ad essa subentrata per effetto di fusione per incorporazione, nel regime previgente alla riforma del diritto societario, e per condotte antecedenti a quando la bonifica è stata introdotta nell’ordinamento giuridico, i cui effetti dannosi permangano al momento dell’adozione del provvedimento.

Con la sentenza n. 3/2021 l’Adunanza Plenaria ha chiarito che  la presenza dei rifiuti in un sito industriale e la posizione di detentore degli stessi, acquisita dal curatore dal momento della dichiarazione del fallimento dell’impresa, tramite l’inventario dei beni dell’impresa medesima ex artt. 87 e ss. L.F., comportino la sua legittimazione passiva all’ordine di rimozione.

Nella predetta situazione, infatti, la responsabilità alla rimozione è connessa alla qualifica di detentore acquisita dal curatore fallimentare non in riferimento ai rifiuti (che sotto il profilo economico, a seconda dei casi, talvolta si possono considerare “beni negativi”), ma in virtù della detenzione del bene immobile inquinato (normalmente un fondo già di proprietà dell’imprenditore) su cui i rifiuti insistono e che, per esigenze di tutela ambientale e di rispetto della normativa nazionale e comunitaria, devono essere smaltiti). Conseguentemente, ad avviso dell’Adunanza Plenaria, l’unica lettura del decreto legislativo n. 152 del 2006 compatibile con il diritto europeo, ispirati entrambi ai principi di prevenzione e di responsabilità, è quella che consente all’Amministrazione di disporre misure appropriate nei confronti dei curatori che gestiscono i beni immobili su cui i rifiuti prodotti dall’impresa cessata sono collocati e necessitano di smaltimento.

Secondo il Consiglio di Stato il principio in oggetto deve ritenersi applicabile alla figura del commissario straordinario, assumendo anch’esso la detenzione dei rifiuti e le connesse responsabilità.

6. Soggetto responsabile attività inquinatrice sito di interesse nazionale (SIN) denominato stabilimento “Lucchini Piombino”

Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato ha ritenuto che è certo, o comunque probabile con un grado di attendibilità prossimo alla certezza, che le attività inquinatrici nel sito di interesse nazionale (SIN) denominato “Lucchini Piombino” siano riconducibili sul piano causale alle varie società che si sono succedute nella gestione dello stabilimento, essendo l’attività inquinatrice riscontrata oggettivamente connessa alla natura dell’impresa produttiva e commerciale esercitata.

La ricostruzione storica dell’alternarsi delle società che hanno gestito il predetto sito ha evidenziato che si sono succeduti i seguenti soggetti pubblici: ILVA, IRI-FINSIDER, ITALSIDER e Acciaierie e Ferriere di Piombino S.p.A., a partecipazione ILVA, ovverossia tutte società che per effetto dei consecutivi passaggi societari sono confluite in FINTECNA S.p.A., la quale ha incorporato IRI e ILVA.

Sulla base di quanto sopra, l’avviso di avvio del procedimento è stato notificato ai fini di legge a:

  • Fintecna S.p.A. quale ultima società pubblica incorporante per effetto dei consecutivi passaggi societari, ILVA ed IRI e, quindi, subentrata nel complesso dei rapporti giuridici relativi allo Stabilimento Lucchini; e
  • Lucchini S.p.A. (oggi Lucchini S.p.a. in amministrazione straordinaria) quale ultima società privata che ha gestito il sito, per avere la stessa concorso alla verificazione del danno e, comunque, al suo aggravamento, con la propria condotta attiva e omissiva durante il periodo in cui la stessa ha gestito lo stabilimento.

Secondo il Consiglio di Stato non c’è alcun margine di dubbio o di opinabilità circa la verificazione del danno ambientale e la sua riconducibilità alla natura delle attività esercitate dalle società che si sono avvicendate negli anni sul sito. Pertanto, l’accertamento della responsabilità (o della corresponsabilità) delle predette società per condotte attive di produzione o diffusione di agenti inquinanti, ovvero per comportamenti omissivi nella segnalazione e rimozione delle fonti di inquinamento, deve ritenersi pienamente legittimo.

Tuttavia, il Consiglio di Stato ha annullato l’atto di individuazione del soggetto responsabile nella parte in cui ha omesso l’approfondimento istruttorio del riparto delle responsabilità tra le suddette società Fintecna S.p.A. e Lucchini S.p.A. e, per invalidità derivata, l’atto recante la diffida a porre in essere gli interventi di cui al Titolo V, Parte IV, del D.lgs. n. 152/2006, ciò in quanto è stata attribuita una “generica responsabilità” a entrambe le società non aderente ai principi giuridici dettati dal diritto europeo dell’ambiente, basati sui principi della responsabilità personale per il proprio fatto colpevole (v. ad esempio Consiglio di Stato, Sezione IV, sentenza n. 172/2021) e poichè dal combinato disposto di tali atti derivano impegni di spesa che potrebbero essere posti a carico delle società interessate in diversa proporzione in caso di un’istruttoria più approfondita.

Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato.

Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3575_2021

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Nota VV a Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3575_2021

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