Polveri sottili e paura d’ammalarsi

04 Feb 2024 | giurisprudenza, amministrativo

di Chiara Maria Lorenzin

T.A.R. LAZIO, Sezione Seconda Stralcio – 15-21 dicembre 2023, n. 19387 – Pres. E. Stanizzi,  Est. M. Tecchia – Associazione C., Associazione I. + altri (con l’avv. C. Rienzi) c. Ministero della Salute, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (con l’Avvocatura Generale dello Stato), Regione Lazio (con l’avv. T. Ciotola), Regione Toscana (con l’avv. F. Ciari), Regione Lombardia (con gli avv.ti V. Fidani, P. Pujatti), Regione Campania (con l’avv. R. Panariello), Regione Piemonte (con gli avv.ti P.C. Maina e E. Romanelli), Regione Emilia Romagna (con gli avv.ti M. Michelessi, G. Puliatti), Regione Veneto (con gli avv.ti F. Botteon, C. Drago, C. Zampieri), Regione Friuli-Venezia Giulia (Regione Sicilia, Regione Abruzzo, Regione Sardegna, Comune di Ancona, Comune di Alessandria, Comune di Benevento, Comune di Bergamo, Comune di Biella, Comune di Bologna, Comune di Cremona Comune di Ferrara, Comune di Forlì, Comune di Frosinone, Comune di Lecco, Comune di Lodi, Comune di Lucca, Comune di Macerata, Comune di Mantova, Comune di Milano, Comune di Modena, Comune di Novara, Comune di Parma, Comune di Pavia, Comune di Piacenza, Comune di Rimini, Comune di Rovigo, Comune di Teramo, Comune di Trieste, Comune di Vercelli, Comune di Vicenza n.c.; Comune di Asti (con l’avv. E. Romanelli); Comune di Brescia (con gli avv.ti G. Donati, F. Moniga, A. Orlandi); Comune di Cagliari (con gli avv. G. Farci e F. Frau); Comune di Como (con gli avv.ti C. Piatti, M. Ogliaroso, A. Tafuri, A. Romoli Venturi); Comune di Firenze (con gli avv.ti D. Pacini, A. Sansoni); Comune di Monza (con gli avv.ti A. Bragante, G. Maludrottu, P. G. Brambilla); Comune di Napoli (con gli avv.ti B. Accattatis Chalons D’Oranges, A. Andreottola, B. Crimaldi, A. Cuomo, F. M. Ferrari, G. Pizza, B. Ricci, E. Carpentieri, A. I. Furnari, G. Romano); Comune di Padova (con gli avv.ti P. Bernardi, M. Lotto, V. Mizzoni, A. Montobbio, P. Munari, L. Lorenzoni); Comune di Palermo (con l’avv. R. Saetta); Comune di Pescara (con gli avv.ti P. Di Marco, F. Paolini); Comune di Prato (con gli avv.ti M. Clarich, P. Tognini); Comune di Ravenna (con gli avv.ti P. Giulianini, G. Giannoccaro, G. Severi); Comune di Reggio Emilia (con l’avv. A. Corradini); Roma Capitale (con l’avv. A. Ciavarella); Comune di Torino (con gli avv.ti M. Colarizi, M. Lacognata, A. R. Melidoro, I. Tassone); Comune di Varese (con l’avv. U. Fantigrossi); Comune di Venezia (con gli avv.ti A. Iannotta, N. Ongaro, N. Paoletti, G. Gidoni); Comune di Verona (con gli avv.ti G. R. Caineri, M. Clarich, F. Squadroni), e nei confronti di Regione Marche (con gli avv.ti P. De Bellis, M. Romano)

In caso di azione promossa nei confronti del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale consistente nel c.d. patema d’animo individualmente sofferto per “paura di ammalarsi” quale conseguenza di un omesso esercizio di poteri precauzionali e prevenzionistici. 

Ricade nell’ambito della giurisdizione del giudice ordinario la domanda risarcitoria del danno non patrimoniale (consistente nel c.d. patema d’animo individualmente sofferto per “paura di ammalarsi”) chiaramente diretta alla tutela per equivalente di un diritto soggettivo individuale, spiegata nei confronti delle Amministrazioni diverse dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, per omesso esercizio di poteri precauzionali e prevenzionistici in quanto trattasi di domanda che fuoriesce dal perimetro delle materie oggetto di giurisdizione esclusiva.

Non è fondata la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, consistente nel c.d. patema d’animo individualmente sofferto per “paura di ammalarsi”, in assenza di una concreta, individualizzata e circostanziata allegazione ed enunciazione dello specifico patema sofferto, nonché dell’incidenza che lo stesso ha prodotto nella sfera individuale e relazionale della parte che si assume danneggiata.

Con la sentenza in commento, il T.A.R. per il Lazio tocca due argomenti di particolare interesse e anche recentemente dibattuti in altre sentenze: il primo relativo al confine della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in caso di domanda di risarcimento del danno alla persona avanzata nei confronti della pubblica amministrazione qualora sia dedotta l’omessa adozione degli opportuni provvedimenti necessari per la salvaguardia dell’ambiente dall’inquinamento; il secondo concernente i presupposti sulla base dei quali una siffatta richiesta risarcitoria possa ritenersi fondata.

Preliminarmente, con la sentenza di cui si tratta, è stato dunque dichiarato il difetto di giurisdizione per le domande risarcitorie avanzate nei confronti del Ministero della Salute e degli innumerevoli Comuni e Regioni chiamati, ma è stata affermata la competenza del giudice amministrativo quanto alle pretese avanzate nei confronti del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

Ai fini della giurisdizione, è stato ritenuto decisivo il disposto di cui all’art. 133, lettera s) c.p.a. in forza del quale sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti adottati in violazione delle disposizioni in materia di danno all’ambiente, nonché avverso il silenzio inadempimento del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e per il risarcimento del danno subito a causa del ritardo nell’attivazione, da parte del medesimo Ministro, delle misure di precauzione, di prevenzione o di contenimento del danno ambientale, nonché quelle inerenti le ordinanze ministeriali di ripristino ambientale e di risarcimento del danno ambientale”.

Sul punto, la motivazione non appare tuttavia scevra da possibili critiche. La citata lettera s) di cui all’art. 133 menziona, infatti, la categoria del “danno all’ambiente” per la cui definizione occorre rifarsi al D.Lgs. n. 152/2006 e al quale non appare pacificamente riconducibile il caso concreto che, infatti, lo stesso T.A.R. per il Lazio così definisce: “l’odierna azione, come risulta dal tenore complessivo del ricorso e dalle conclusioni ivi spiegate, va inquadrata nell’ambito dell’art. 30 comma 2 c.p.a., avendo ad oggetto esclusivamente la richiesta di condanna delle Amministrazioni resistenti al risarcimento dei danni morali/esistenziali che le ricorrenti persone fisiche affermano di avere subìto”. In altri termini, la circostanza che l’azione sia stata promossa nei confronti del Ministero dell’Ambiente lamentando comportamenti omissivi non appare di per sé sufficiente a fondare la giurisdizione del giudice amministrativo. Infatti, senza poter in questa sede trattare diffusamente la portata delle norme di cui al D.Lgs. n. 152/2006 in rapporto all’art. 133 citato, si ricorda che la giurisprudenza ha chiarito che “in materia di danno ambientale, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 310 del d.lgs. n. 152 del 2006, le controversie derivanti dall’impugnazione, da parte dei soggetti titolari di un interesse alla tutela ambientale di cui al precedente art. 309, dei provvedimenti amministrativi adottati dal Ministero dell’ambiente per la precauzione, la prevenzione e il ripristino ambientale, restando invece ferma la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alle cause risarcitorie o inibitorie promosse da soggetti ai quali il fatto produttivo di danno ambientale abbia cagionato un pregiudizio alla salute o alla proprietà, secondo quanto previsto dall’art. 313, comma 7, dello stesso decreto legislativo” (Cass. Sez. Unite Ord. 23 aprile 2020, n. 8092). E in tal senso si segnala anche la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, 8 febbraio 2021, n. 1166 (commentata in questa rivista al Numero 20 – aprile 2021) ove si è infatti ribadito che la forma di responsabilità ex art. 2043 c.c. (relativo al ristoro dell’interesse specifico di un soggetto per il danno cagionato alla sfera individuale) si distingue nettamente dall’azione prevista dagli artt. 309 e ss. D.Lgs. n. 152/2006, in quanto finalizzata a tutelare il valore “ambiente” che costituisce l’oggetto di uno specifico interesse pubblico rispetto a casi di danno o minaccia di danno ambientale. In tale prospettiva, dunque, appare rilevante il richiamo all’ordinanza delle Sezioni Unite di Cassazione n. 5668 del 23 febbraio 2023 (commentata su questa rivista al numero 41 – aprile 2023) che invece la sentenza in commento ritiene di superare sol considerando la circostanza che in tale giudizio non era stato chiamato il Ministero dell’Ambiente.

Nel merito, la sentenza  merita di essere segnalata sia quanto al ritenuto difetto di legittimazione attiva delle due associazioni ricorrenti, sia quanto alla ritenuta infondatezza delle domande risarcitorie avanzate dalle persone fisiche ricorrenti, questioni entrambe affrontate sul presupposto che la situazione giuridica azionata non è stata ritenuta riconducibile al diritto alla salute, bensì attinente al “diritto di autodeterminazione individuale, essendo stato prospettato non già un pregiudizio alla salute quanto piuttosto la mera paura di ammalarsi”.

Quanto al profilo della legittimazione ad agire, in ragione della personalità dell’interesse sotteso al giudizio e considerando la specifica domanda proposta, osserva il T.A.R. per il Lazio che la pretesa patrimoniale azionata inerisce a situazioni individualizzabili, riferite alle posizioni dei singoli danneggiati e, non già alla lesione subita dalle due associazioni in sé considerate, le quali non potevano essere state direttamente riguardate dalle omissioni contestate e poste a fondamento di una richiesta di condanna al risarcimento dei danni morali/esistenziali.

Quanto poi all’infondatezza delle domande promosse dalle persone fisiche ricorrenti, il T.A.R. per il Lazio richiama l’orientamento, già accolto dal medesimo Tribunale amministrativo in altre occasioni, secondo cui in tema di responsabilità della pubblica amministrazione, la lesione non patrimoniale deve essere adeguatamente dimostrata, anche quando derivi dalla lesione di diritti inviolabili della persona, dal momento che costituisce “danno conseguenza” e non “danno evento”; né può sostenersi fondatamente che nel caso di lesione di valori della persona il danno sarebbe in re ipsa, poiché in tale ipotesi sarebbe tradita la funzione del risarcimento, che verrebbe concesso non in conseguenza dell’effettivo accertamento di un danno, ma quale pena privata per un comportamento lesivo. (ex multis, T.A.R. Lazio Roma, Sez. stralcio, 05/09/2019, n. 10748; in senso conforme Cass. civ., Sez. Unite, Sent., 11/11/2008, n. 26972).

Nel caso di specie, dunque, la sola allegazione di una protratta esposizione alle polveri sottili ha portato a ritenere i lamentati danni come “meramente ipotetici, potenziali e inattuali” e, del resto, chiarisce la sentenza, il principio dell’onere della prova non ammette deroghe o eccezioni e non può ritenersi ammissibile l’”effetto” di un risarcimento “a pioggia”, sulla base della sola domanda giudiziale, argomentata secondo formule di stile identiche e ciò nonostante la serialità  dell’illegittimità dell’agire amministrativo. E alla ritenuta rilevanza, da parte dei ricorrenti, dei precedenti giurisprudenziali relativi al noto disastro ambientale che ha investito il comune di Seveso[i], la sentenza in commento risponde chiarendo che il solo sforamento dei limiti di legge in termini di inquinamento non è di per sé sufficiente a fondare una richiesta risarcitoria mancando nel caso di specie  “il fatto di aver circostanziato in giudizio … il concreto turbamento psichico … derivante dall’esposizione del soggetto a sostanze inquinanti, nonché le conseguenti limitazioni del normale svolgimento della propria vita”: una “circostanziazione” e “individualizzazione del patema d’animo sofferto dalla singola persona” che sono stati ritenuti del tutto assenti nel caso de quo.

Ad avviso del T.A.R. per il Lazio, vi sarebbe poi un ulteriore ragione di infondatezza della domanda azionata da ricercarsi nella circostanza che la condotta lesiva “viene radicata nella mancata attuazione di previsioni del diritto euro-unitario in materia ambientale di inquinamento atmosferico (su tutte la direttiva 2008/50 di cui viene censurata la violazione …)”. Il riferimento è espresso alla Sentenza della Corte UE, Grande Sezione, 22 dicembre 2022 nella causa C-61/21 (commentata su questa rivista al numero 40 – marzo 2023) secondo la quale le norme concernenti valori limite, valori guida e piani per la qualità dell’aria di cui alle Dir. 80/779/CEE, 85/203/CEE, 96/62/CE, 1999/30/CE, 2008/50/CE “devono essere interpretate nel senso che le stesse  non sono preordinate a conferire diritti individuali ai singoli che possono attribuire loro un diritto al risarcimento nei confronti di uno Stato membro”. Al riguardo, non essendo nota la specifica declinazione delle censure e delle violazioni lamentate negli atti introduttivi non è agevole apprezzare pienamente la motivazione. Rileva tuttavia ricordare che la Direttiva 2008/50/CE ha trovato attuazione a livello nazionale con il D.Lgs. n. 155/2010 e tali previsioni unitamente al generale principio del neminem laedere possono fondare un’azione di tipo risarcitorio. E, del resto, vi è da immaginare che non mancheranno ulteriori contenziosi stante l’emergenza sanitaria e ambientale determinata dalla qualità dell’aria in molte Regioni italiane[ii] e il fatto che i valori limite per la qualità dell’aria non riguardano disagi trascurabili, ma danni gravi alla salute che possono portare alla mortalità precoce, ma anche incidere pesantemente sulla qualità della vita.

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Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

NOTE:

[i] Quanto al disastro che coinvolse il comune di Seveso e altri comuni della bassa Brianza nel 1976, si segnala che, coerentemente con quanto statuito nella sentenza in commento, nella sentenza Cass. civ., Sez. Unite, 21 febbraio 2002, n. 2515, venne proprio chiarito che i giudici di merito non si erano limitati a riferirsi a fatti notori, ma avevano accertato il perturbamento psichico che fu conseguenza della sottoposizione a controlli sanitari, resi necessari dall’insorgenza di sintomi preoccupanti, situazione comportante disagio e preoccupazione duraturi nel tempo ed essenza del danno morale.

[ii] Molte zone d’Italia e, in particolare, le Regioni della Pianura Padana rientrano tra le zone più inquinate d’Europa. Dopo la condanna dell’Italia nel 2012 da parte della Corte UE (sentenza, Sez. I, 19 dicembre 2012, causa C-68/2011) per la violazione dei limiti per il PM10, sono seguite due ulteriori sentenze di condanna: la prima per ulteriori violazioni dei limiti del PM10 (sentenza 10 novembre 2020, Grande Sezione, causa C-644/18), la seconda per la violazione dei limiti del biossido di azoto (sentenza, Sez. VII, 12 maggio 2022, causa C-573/19).

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