Accesso alle informazioni ambientali contenute nei fascicoli giudiziari

20 Mag 2021 | giurisprudenza, corte di giustizia

di Chiara Maria Lorenzin

CORTE DI GIUSTIZIA UE, Prima Sezione, 15 aprile 2021 – causa C-470/19, Pres. e Rel. J.‑C.  Bonichot

L’articolo 2, punto 2, della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, deve essere interpretato nel senso che esso non disciplina l’accesso alle informazioni ambientali contenute nei fascicoli giudiziari, nei limiti in cui gli organi giurisdizionali -o le istituzioni poste sotto il loro controllo e che presentano quindi stretti legami con questi ultimi- non costituiscono “autorità pubbliche” ai sensi di tale disposizione e non rientrano dunque nell’ambito di applicazione di tale direttiva. 

La pronuncia in commento è stata emessa per rispondere al seguente quesito: può una associazione ambientalista chiedere all’ente che custodisce fascicoli giudiziari copia delle memorie, delle dichiarazioni giurate e degli atti di causa depositati esercitando il c.d. diritto di accesso alle informazioni ambientali ai sensi della Convenzione di Aarhus e della direttiva 2003/4, recepita dalle norme nazionali?

Si è posto in altri termini in evidenza se la deroga a favore degli organismi o delle istituzioni che agiscono nell’“esercizio di competenze giurisdizionali”, prevista all’articolo 2, punto 2, della direttiva 2003/4 e recepita dalle norme nazionali, potesse non riguardare gli atti di procedimenti conclusi e cioè di quei procedimenti in cui è stata pronunciata una decisione definitiva, decorso il termine per proporre un’impugnazione, essendo tuttavia esperibili, in circostanze particolari, ulteriori azioni. È stato dunque domandato alla Corte se nella nozione di autorità pubblica ai fini dell’accesso alle informazioni ambientali possano essere incluse anche gli “organismi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze giurisdizionali” laddove le informazioni richieste sia contenute negli atti di procedimenti conclusi.

La questione si è posta stante che: nella Convenzione di Aarhus (sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale) dalla definizione di “autorità pubblica” sono espressamente esclusi gli organi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio del potere giudiziario o legislativo;  nella direttiva 2003/4, si prevede che “gli Stati membri possono stabilire” che la definizione di autorità pubblica non comprenda “gli organismi o le istituzioni che agiscono nell’esercizio di competenze giurisdizionali o legislative”.

Rileva anzitutto osservare che la direttiva 2003/4 e la Convenzione di Aarhus (del 1998 ma approvata dall’Unione nel 2005) non sono corpi normativi pienamente coincidenti, ma entrambi sono parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione e la compatibilità tra gli stessi costituisce criterio interpretativo riconosciuto dalla Corte.

Quanto alla definizione di “autorità pubblica”, dunque, considerando entrambi i testi normativi in commento, nelle conclusioni dell’Avvocato Generale si ritiene che gli organi giurisdizionali siano “strutturalmente” inclusi almeno nella “nozione di funzioni di pubblica amministrazione, di cui alla lettera b) dell’articolo 2, punto 2, primo comma, della direttiva 2003/4 (e alla Convenzione di Aarhus)”. Tuttavia, escludendo un’interpretazione solo “funzionale” ovvero solo “istituzionale”, ma preferendo “una definizione istituzionale con un correttivo funzionale”, l’Avvocato Generale ha precisato che le istituzioni giurisdizionali sarebbero da ritenersi soggette all’“applicazione della direttiva 2003/4 solo quando non esercitano il loro ruolo ordinario in quanto potere giudiziario”, ma “solo quando svolgono funzioni di pubblica amministrazione” (cfr. par. 69 Concl. Avvocato Generale – Michal Bobek del 3 dicembre 2020).

Ad avviso della Corte invece sarebbe “evidente che gli organi giurisdizionali non fanno parte del governo né di altre amministrazione pubbliche ai sensi dell’articolo 2, punto 2, primo comma, lettera a), della direttiva 2003/4” e che essi non possono essere ricondotti alle altre definizioni di cui all’articolo 2, punto 2, di tale direttiva, posto che l’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione in sede di adozione della direttiva 2003/4, letta alla luce della Convenzione di Aarhus è quello di “promuovere un più ampio accesso del pubblico all’informazione ambientale e una più efficace partecipazione di quest’ultimo al processo decisionale in materia, al fine di migliorare la qualità delle decisioni adottate e di applicarle in modo più efficace nonché, in definitiva, di promuovere il miglioramento dell’ambiente”.

In altri termini, ad avviso della Corte, “in mancanza di un’espressa indicazione in tal senso nella direttiva 2003/4, gli organi giurisdizionali e le persone fisiche o giuridiche sotto il loro controllo non sono autorità pubbliche ai sensi dell’articolo 2, punto 2, primo comma, di tale direttiva” e “non rientrano quindi nell’ambito di applicazione … e, pertanto, non sono soggetti all’obbligo ivi previsto di consentire l’accesso al pubblico alle informazioni ambientali in loro possesso”, spettando “unicamente agli Stati membri prevedere, se del caso, un diritto di accesso del pubblico alle informazioni contenute nei fascicoli giudiziari”.

Alla luce di tali argomentazioni, non occorre, secondo la Corte, “né chiedersi se il controllo dell’accesso ai fascicoli giudiziari rientri nell’esercizio di competenze giurisdizionali, ai sensi dell’articolo 2, punto 2, secondo comma, prima frase, della direttiva 2003/4, né operare distinzioni a seconda che i fascicoli contenenti le informazioni richieste riguardino procedimenti pendenti o conclusi, oppure si riferiscano a procedimenti che possono essere riaperti”.

Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato.

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