Ambiente e diritto: non di solo diritto positivo vive l’essere umano (e l’ecosistema)

02 Feb 2023 | articoli, contributi

di Tullia Penna

L’emergenza climatica e la crisi ambientale risultano protagoniste indiscusse delle riflessioni della dottrina e, si potrebbe chiosare, che ciò avvenga non senza merito di quegli sforzi concettuali e retorici profusi nell’arco di decenni e rimasti a lungo inascoltati. Tuttavia, se la legittimità delle problematiche ambientali in seno a una riflessione teorica non desta più stupore e, anzi, attira fortunatamente sempre una maggior attenzione da parte di differenti discipline, al contempo alcune questioni di metodo si pongono al giurista.

Il metodo cui si accenna non è certo quell’insieme di strumenti professionali utili alla imprescindibile risoluzione delle controversie, quanto a un più ampio apprezzamento teorico della materia in oggetto, specificatamente in chiave filosofica o, meglio, giusfilosofica. Tale lente di osservazione e analisi si è arricchita negli ultimi anni di un corredo di nozioni, posizioni e orientamenti sempre più prolifici nell’ambito della tutela ambientale, annoverando proposte fondative per una nuova ontologia ambientale (Porciello, 2022), analisi sul carattere riflessivo dei concetti di sostenibilità e di giustizia (Borrello, 2022), progetti orientati a un costituzionalismo cosmopolita anche nell’ambito della salvaguardia del pianeta (Ferrajoli, 2022), ponderazioni sull’imprescindibile carattere intergenerazionale della giustizia ambientale (Menga, 2016; Menga, 2021; Menga, 2022)

Riconosciuto l’evidente valore teorico di queste proposte, è possibile avanzarne una aggiuntiva, con l’ambizione di incardinarne la cornice concettuale sempre nell’alveo della riflessione giusfilosofica, ma in particolare nella sua accezione bioetica. Il termine ‘bioetica’ racchiude in sé interessi usualmente riconducibili a molteplici saperi: dalla medicina alla filosofia morale, dalle biotecnologie alla filosofia del diritto, dalla biologia alla filosofia politica, senza ovviamente ignorare il contributo del diritto positivo o, più correttamente, del biodiritto nelle sue numerose sfumature. La bioetica ambientale non costituisce certo un nuovo sapere, considerato come esso affondi le sue radici da un lato nelle autentiche origini della bioetica, dall’altro in un florido recupero delle stesse da parte alcuni filoni di pensiero.

Tuttavia, la bioetica ambientale sembra a oggi una delle strade più percorribili per reperire strumenti concettuali efficaci, ed effettivi, per l’azione giuridica nelle sue diverse sfumature. Infatti, concetti cardine quali sostenibilità, responsabilità e giustizia intergenerazionale, ecologia diffusa e cambiamento climatico richiedono un intervento, tanto teorico quanto pratico, autenticamente interdisciplinare. Vale a dire un approccio che non si fregi di una mera collaborazione tangenziale tra esperti del sapere, ma un dialogo genuino entro cui in primis riconoscersi reciprocamente una legittimità di azione e, in secundis, accordarsi sulle terminologie adottate (non attraverso una mera analogia, bensì grazie a uno studio radicato, per non dire radicale, dei punti di frizione e/o accordo tra diversi saperi). Si tratta quindi, in fase preliminare, di un fattivo impegno nell’uscita dalle reciproche torri di avorio entro cui, troppo spesso, esperti di distinti saperi trovano riparo nella convinzione che la legittimità di intervento in un dato ambito, come quello ambientale, debba essere graduata (a seconda della distanza, per esempio, dalle scienze dure), se non addirittura esclusiva (delle sole scienze dure).

Da questo punto di vista la bioetica ambientale contemporanea dovrebbe innanzitutto prestarsi a un recupero del pensiero di uno dei suoi padri fondatori, vale a dire l’oncologo e biochimico americano Van Rensselaer Potter (1911-2001). Benché non più riconosciuto come il primo ad aver coniato il termine ‘Bioethics’, Potter è, per via postuma, in grado di offrirci tutt’oggi delle valide opportunità di riflessione metodologica nell’ambito dell’interdisciplinarietà. Se nel libro del 1971 Potter definì la bioetica come ‘ponte verso il futuro’, nondimeno l’autore evidenziò il ruolo inderogabile della bioetica come ‘ponte’ tra scienze dure e scienze sociali. Un ruolo che veniva quindi identificato come imprescindibile atto preliminare di qualsivoglia riflessione teorica, azione pratica o soluzione normativa all’imminente pericolo corso dalla specie umana nella sua sopravvivenza. Interdisciplinarietà come prima essenziale componente di un’efficace determinazione di come relazionarsi all’ecosistema. Interdisciplinarietà indispensabile in quanto “Man’s survival may depend on ethics based on biological knowledge, hence bioethics” (Potter, 1970; 152).

Acclarato il tema di metodo, dunque la valenza del dialogo autentico tra discipline coinvolte, occorre mettere in luce come la visione di Potter fosse schiettamente utilitaristica, ancorata infatti a un’idea vigorosamente antropocentrica dell’ambiente, in cui la tutela della biodiversità, l’arresto del cambiamento climatico e ogni altra componente fossero pericoli per l’essere umano, dai quali discendeva l’urgenza etica di modificare determinati comportamenti al solo fine di garantire la sopravvivenza della specie stessa. Tanto lo status morale, quanto l’inevitabile bisogno di sopravvivenza, erano accordati da Potter alla sola specie umana: la tutela delle altre specie e delle forme di vita non animata, e non senziente, era relegata a un ruolo strumentale, quasi ancillare.

Simile impostazione, l’antropocentrismo in generale, risulta oggi largamente insostenibile, come anche il diritto positivo, in molte sue forme, dimostra. Da qui la possibilità di recupero del pensiero di un altro padre fondatore della Bioetica, riconosciuto come coniatore del termine stesso grazie alla scoperta dei suoi scritti a opera di Hans Martin Sass (professore emerito del Kennedy Instistute of Bioethics at Georgetown University, Washington DC) nel 2007. Si tratta del pastore protestante Frizt Jahr (1895-1953), che nel 1927 propose, sulla scorta del pensiero di Immanuel Kant, un “imperativo bioetico” orientato a intendere ogni parte dell’ecosistema come fine e non come mezzo (a prescindere dalla razionalità che in esso vi si potesse scorgere o meno). Una Bioetica atta quindi a ricomprendere ogni elemento vivente, animato o meno, che si collochi nell’ambiente naturale, o modificato dall’essere umano, in uno spettro di rispetto morale. Uno status morale non più vincolato alla sola specie umana e un’azione di tutela dell’ecosistema come visione trasversale delle sue relazioni e non, al contrario, come osservazione longitudinale dall’uomo alle specie ritenute “Inferiori”.

Indiscutibilmente simili proposte subiscono il peso e il vincolo del giogo teorico, spesso additato come strumento di eccessiva complicazione della prassi. Eppure delle lenti di osservazione teorica, e filosofica, si dimostrano non solo vantaggiose, ma spesso imprescindibili al fine di orientare proprio le prassi. Soprattutto nel caso in cui si proponga, sostenga e supporti una riflessione prima e un’azione poi che si intendano autenticamente interdisciplinari, per le quali chiarezza terminologica e limpidità concettuale appaiono strumenti inderogabili.

Non di solo diritto positivo vive l’essere umano e con lui l’ecosistema in genere. Né del solo, per quanto prezioso ed essenziale, apporto delle scienze dure. Se di ambiente si vuole discutere e l’ambiente si intende tutelare, un approccio giusfilosofico e, in particolare, bioetico sembra opportuno da convocare al tavolo di discussione. Foss’anche al solo fine di attribuirgli un ruolo di arbitro nella difficoltosa mediazione tra science dure e scienze sociali, tra teoria e prassi, tra ricognizione e ricerca.

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proposta RGA TPenna

NOTE:

Riferimenti:
Borrello, Maria. Per una giustizia sostenibile. Società e diritti. V. 7, N. 13, 2022; 50-61.
Ferrajoli, Luigi. Per una Costituzione della Terra. L’umanità al bivio. Feltrinelli, 2022.
Jahr, Fritz. Bio-Ethics: A Review of the Ethical Relationships of Humans to Animals and Plants. Kosmos – Gesellschaft der Naturfreunde, N. 24, 1927; 2-4.
Menga, Ferdinando. Dare voce alle generazioni future. Riflessioni filosofico-giuridiche su rappresentanza e riconoscimento a margine della recente modifica dell’articolo 9 della Costituzione. BioLaw Journal – Rivista di Biodiritto. N. 2, 2022; 73-92.
Menga, Ferdinando. L’emergenza del futuro. I destini del pianeta e le responsabilità del presente. Donzelli, 2021.
Menga, Ferdinando. Lo scandalo del futuro. Per una giustizia intergenerazionale. Edizioni Storia e Letteratura, 2016.
Porciello, Andrea. Filosofia dell’ambiente. Ontologia, etica, diritto. Carocci, 2022.
Potter, Van Rensselaer. Bioethics, The Science of Survival. Perspectives in Biology and Medicine, Volume 14, Number 1, 1970; 127-153.
Potter, Van Rensselaer. Bioethics: Bridge to the Future. Prentice Hall, 1971.

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