Piscine in aree vincolate ai fini paesistici: necessitano di autorizzazione e non sono sanabili

17 Gen 2020 | giurisprudenza, amministrativo

di Lorenzo Spallino

T.A.R. LAZIO, SEZ. II bis, 7 ottobre 2019, n. 11586 – Pres. Stanizzi, Red. Bruno – T.d.P (avv. Antonio Pazzaglia) c. Comune di Nepi (n.c.) e Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Avvocatura Generale dello Stato) 

La realizzazione di una piscina interrata e di locali annessi in zona vincolata, integrando interventi di nuova costruzione, necessita del previo rilascio del permesso di costruire nonché dell’autorizzazione paesaggistica. Poiché determina la creazione di nuova volumetria, essa non è suscettibile di accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 del d.lgs. 42/2004.

01. La fattispecie

La sintetica illustrazione in fatto della sentenza del T.A.R. Lazio consente di così riassumere i fatti che hanno portato al giudizio.

Il Comune di Nepi, provincia di Viterbo, ordina la demolizione di opere consistenti nella realizzazione, in area sottoposta a vincolo paesaggistico, di un locale ad uso garage e deposito, di opere di arredo dell’area giardino esterna circostante l’abitazione del ricorrente, nonché nella realizzazione di una piscina interrata.

L’interessato impugna il provvedimento sanzionatorio, proponendo allo stesso tempo domanda di sanatoria, che ottiene per il locale ad uso garage e deposito, ma non per la piscina.

Con la sentenza che definisce il giudizio, il T.A.R. Lazio premette che tutte le opere realizzate e sanzionate debbono essere unitariamente considerate da parte dell’ente, senza alcuna parcellizzazione in sede di emanazione del provvedimento sanzionatorio.

Non è infatti corretta un’impostazione atomistica che consideri le opere accertate indipendenti l’una dall’altra, occorrendo piuttosto “recuperare una visione di insieme delle stesse che metta in risalto il collegamento funzionale degli interventi in contestazione, giacché altrimenti parcellizzandoli e considerandoli isolatamente si perde di vista l’entità e l’impatto sul paesaggio e sull’ambiente circostante dell’attività edificatoria posta in essere”.

Preso atto dell’intervenuto rilascio del provvedimento di sanatoria per il locale ad uso garage-deposito e ritenuto il ricorso meritevole di accoglimento unicamente per le opere di arredo esterno consistenti in impianti di illuminazione e irrigazione, la sentenza rigetta il ricorso con riguardo alle altre opere indicate nell’ordine di demolizione, ossia per la piscina e le ulteriori opere idonee ad incidere sul contesto paesaggistico di riferimento (pavimentazione di aree esterne, realizzazione di muretti e portico, installazione di pannelli solari).

02. I confini della sanatoria paesaggistica

Il 26 giugno 2009 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali rilasciò la circolare a circolare n. 33 al fine di chiarire, alle amministrazioni locali, che in sede di accertamento di compatibilità paesaggistica ex art. 167 D.L.gs n. 42/2004 non possano essere utilizzate le nozioni di “lavori”, “superfici utili” e “volumi” proprie degli strumenti urbanistici, fornendo al contempo una propria definizione dei tre termini, definizione che – detto per inciso – il T.A.R. Campania specificò non potesse integrare in maniera vincolante il precetto di cui all’art. 167, comma 4, del decreto legislativo n. 42 del 2004 (T.A.R. Campania Salerno, Sez. I, 13 gennaio 2016 n. 17).

L’approccio del Ministero fu sposato dai giudici amministrativi che a più riprese ribadirono che l’autorizzazione paesaggistica in sanatoria non può essere rilasciata successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, quando le opere realizzate abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi, ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati, dovendosi la nozione di superficie e/o volume utile essere interpretata nel senso di qualsiasi opera edilizia calpestabile e/o che può essere sfruttata per qualunque uso, atteso che il concetto di utilità ha un significato differente nella normativa in materia di tutela del paesaggio rispetto alla disciplina edilizia (T.A.R. Basilicata, sez. I, 1° giugno 2016, n. 586).

In questa accezione, il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, si riferisce a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico e altro tipo di volume, sia esso interrato o meno (Consiglio di Stato, sez. VI, 24 aprile 2017, n. 1907; id. sentenze n. 3579/2012, n. 5066/2012, n. 4079/2013, n. 3289/2015).

03. Il regime autorizzativo delle piscine

Per quanto è possibile dedurre dalla motivazione della decisione, il ricorso definito dal T.A.R. Lazio puntava a qualificare la piscina, e le altre opere, come pertinenze dell’edificio esistente, declassificandone la tipologia autorizzativa da permesso di costruire a denuncia di inizio attività.

Ora, può anche darsi che una piscina possa ritenersi opera pertinenziale (Cass. Pen., Sez. III, n. 52835 del 14 dicembre 2016) non contrastante con la destinazione – ad esempio agricola – dell’area inerente (T.A.R. Umbria, sez. I, 8 gennaio 2009, n. 2), ma la sua realizzazione non può qualificarsi né attività di manutenzione straordinaria, atteso che questa consiste in interventi volti comunque ad assicurare la sopravvivenza o il ripristino anche totale di manufatti già esistenti (T.A.R. Umbria n. 2/2009 cit.), né ristrutturazione edilizia, trattandosi piuttosto di intervento di nuova costruzione, così che per la sua realizzazione è necessario il rilascio di permesso di costruire (Cass. Pen., Sez. III, 20 dicembre 2018, n. 1913; id. Cass. Pen., Sez. III, 25 ottobre 2018, n. 342).

In questo solco si colloca la sentenza del T.A.R. Lazio là dove motiva il rigetto del ricorso contro ordinanza di demolizione e diniego (tacito) di sanatoria con la considerazione che “la realizzazione di una piscina interrata e di locali annessi in zona vincolata, integrando interventi di nuova costruzione, necessitano del previo rilascio del permesso di costruire nonché dell’autorizzazione paesaggistica e non sono suscettibili di accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 del d.lgs. 42/2004, in quanto hanno determinato la creazione di nuova volumetria”.

04. La realizzazione di piscine in zone di tutela paesaggistica

La circostanza che una piscina, come qualsiasi altro manufatto, sia interrata è da tempo considerato irrilevante ai fini della applicazione degli articoli 146 e 167 del D.Lgs. n. 42/2004.

A nulla rileva, infatti, che gli interventi in questione non costituiscano ostacolo o limitazione per le visuali panoramiche o non determinino alterazione delle aree libere pertinenziali, in quanto i volumi interrati e seminterrati hanno comunque rilievo paesaggistico e come tali hanno necessità di essere previamente autorizzati (così, in tema di piscine, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 22 maggio 2018, n. 3358; in generale, Cons. Stato, Sez. II, 4 giugno 1997, n. 1249, secondo cui l’autorizzazione paesaggistica prevista dal previgente art. 7 l. 29 giugno 1939 n. 1497 riguarda l’intero fabbricato e non singole porzioni di esso).

Né, in sede di esame della domanda di sanatoria, vale la circostanza secondo cui si tratta di edificazione non comportante creazione di volume emergente dal terreno o comunque non computabile ai fini edilizi, in quanto l’art. 167, comma 4, del D. Lgs. n. 42/2004 preclude il rilascio di autorizzazioni in sanatoria quando siano stati realizzati volumi di qualsiasi natura, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico e altro tipo di volume, sia esso interrato o meno (T.A.R. Umbria, Sez. I, 8 gennaio 2019, n. 15; id. T.A.R. Molise, Sez. I, 13 settembre 2018, n. 525; T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 24 maggio 2018, n. 821; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 26 gennaio 2016, n. 65), essendo considerati rilevanti dal punto di vista paesaggistico anche i volumi sotterranei (Cons. Stato, Sez. VI, 2 gennaio 2018, n. 7).

In questo consolidato solco – che rende obsoleta ogni discussione circa l’effettiva percepibilità della modificazione dell’aspetto esteriore del bene protetto (cfr. Cass. Pen., Sez. III, 8 settembre 2004) – si inserisce la decisione n. 11586/2019 del T.A.R. Lazio, come d’altro canto emerge dalla sinteticità della motivazione.

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato

Spallino_TAR LAZIO 11586-2019

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