Gestione ecosistemica del verde urbano

04 Lug 2019 | articoli, contributi

di Sebastian Brocco & Armando Toscano

Sommario:

1- Approccio ecosistemico per la gestione del verde urbano: quali utilità.

2- Difficoltà nel processo di policy making.

3- Gli strumenti amministrativi per la gestione del verde urbano e il Piano del Verde

4- La situazione amministrativa nel Comune di Milano

5- Conclusioni

1- Approccio ecosistemico per la gestione del verde urbano: quali utilità.

In un momento storico di grandi cambiamenti dal punto di vista sociale e ambientale, il tema degli spazi urbani, e in particolar modo del verde urbano, assume importanza primaria: nel 2050 la popolazione urbana in Italia sarà salita all’81,1% del totale (dati UN) in un contesto di preoccupante aumento di frequenza e intensità di eventi quali onde di calore e alluvioni, particolarmente pericolosi in zone fortemente urbanizzate. Nei prossimi anni assisteremo a un mutamento delle condizioni climatiche che si rivelerà sostanziale per quanto concerne la vivibilità della città e la salute dei cittadini: un aumento medio delle temperature che va dai 3 ai 7°C, dipendentemente dagli scenari di previsione e dalle regioni considerate, interesserà l’Europa meridionale (Kelemen et al., 2009), rendendo eventi estremi come le onde di calore degli ultimi anni sempre più frequenti e pericolose: si stima che la torrida estate del 2003 abbia causato quasi 70.000 morti premature in Europa, di cui circa 20.000 in Italia (più del 28% del totale) (Robine et al., 2008).

In questo contesto si inseriscono le politiche di adattamento, che vedono di fondamentale importanza un’azione preventiva da parte del pianificatore al fine di rendere i sistemi urbani più resilienti rispetto a tali eventi. Gli studi in campo ecologico e microclimatico offrono grandi spunti per questo tipo di progettazione e il verde urbano, o meglio, l’ecosistema urbano, gioca un ruolo centrale. Svariati sono i benefici che un ecosistema sano può offrire: basti pensare che l’effetto di refrigerio dell’ombra delle chiome, sommato a quello dell’evapotraspirazione degli apparati fogliari, permette di abbassare la temperatura di più di 4°C, con variazioni legate al clima, alle specie arboree e alle loro condizioni di salute e manutentive.

I benefici che un ecosistema offre a chi lo abita, in ecologia, vengono definiti servizi ecosistemici. De Groot li suddivide in quattro gruppi:

  • servizi di regolazione: bilancio energetico locale, composizione chimica di atmosfera e acque, fertilità dei suoli, regolazione del clima, dei cicli dei nutrienti, del ciclo idrologico…
  • servizi di produzione: di ossigeno, cibo, acqua, combustibili, energia, materie prime…
  • supporto: alla coltivazione, agli insediamenti umani, alla produzione di energia, alla ricreazione, al turismo…
  • informazioni: estetiche, genetiche, storiche, culturali, scientifiche…

Lo spettro di servizi che l’ecosistema fornisce è quindi estremamente ampio; tanto più un ecosistema è integro, tanto più questo potrà fornire servizi. In un ecosistema frammentato come quello urbano, l’erogazione di servizi è senz’altro scarsa e questo rende ancor più interessante la creazione di infrastrutture verdi capace di fornirne. In ambiente urbano sono di fondamentale importanza, tra i vari, servizi di regolazione quali la mitigazione delle temperature estreme (dovuta all’evapotraspirazione delle piante), la cattura di inquinanti gassosi e di PM (che vengono intrappolati sulle superfici delle piante), il miglior controllo delle precipitazioni (la vegetazione protegge i suoli dall’erosione idrica, coadiuvando l’infiltrazione delle acque in falda piuttosto che il loro rapido afflusso nel sistema fognario o nei corsi d’acqua superficiali con rischio di allagamenti). Chi abita in città può anche godere del benessere psicofisico derivante dalla fruizione di spazi verdi ma anche del risparmio energetico derivante dalla presenza di piante nei pressi degli edifici. Quest’ultimo fattore, dovuto all’effetto mitigante delle piante nei confronti delle variazioni di temperatura, è di particolare rilievo, in quanto si stima che il verde possa ridurre la spesa energetica annua di oltre il 10% (dati ENEA)[1].

2- Difficoltà nel processo di policy making

Il processo di policy making, osservato globalmente, è dotato di un’intrinseca vocazione alla circolarità e alla complessità, che deriva dal fatto di mettere in connessione il livello delle istituzioni con quello della cosiddetta società civile lungo almeno due traiettorie: quella top -down e quella bottom-up (Berry, 2011).

Osservando l’arco ascendente, risulta di essenziale importanza, ai fini dell’implementazione di politiche capaci di promuovere una conversione verde, che vi sia un’opinione pubblica favorevole (Alizadeh, 2017). Allo stesso tempo, gruppi organizzati quali associazioni e comitati devono essere capaci di esercitare una pressione in termini di lobby positiva nei confronti delle istituzioni, indirizzandosi ai giusti interlocutori con argomenti efficaci, pena l’irricevibilità dell’istanza mossa (Sekercioglu, 2018).

Concentrandosi, invece, sull’arco discendente, il decisore politico deve essere in grado di cogliere l’equilibrio tra i benefici a breve e a lungo termine, superando un tipico mindset per cui la costo-efficacia delle politiche viene valutata tenendo conto di uno specifico ambito, piuttosto che vedere le ricadute sistemiche (UN Environment, 2019). Sulla scorta di questo punto, il decisore politico deve avere in mente che l’inquinamento ambientale costituisce un freno alla crescita economica, poiché crea effetti che, a loro volta, ricadono sul PIL nazionale in modo importante (OECD, 2018).

Già nel 1998 l’Università di Yale proponeva un programma biennale di cambiamento del modo di pensare sottostante il processo di policy making, con l’obiettivo di farlo transitare verso una visione maggiormente capace di integrare le relazioni complesse degli ecosistemi (The Futurist Community, 1998); allo stesso modo, si riconosce a livello internazionale il fatto che la Giurisprudenza abbia adottato interpretazioni molto discordanti anche laddove l’intenzione del legislatore fosse quella di dare un giro di vite, specialmente nell’ambiente delle compagnie private (Wilson, 1996).

È da sottolineare il fatto che nella multilevel governance in cui attualmente si configura il processo di policy making (dal livello europeo fino a quello di singolo distretto urbano) non tutti i livelli sono in grado di incorporare in egual grado la consapevolezza circa l’importanza di uno sguardo ecosistemico (Kanavagh e Kanavagh, 2008). Lo scambio stesso di conoscenza tra decisori politici e consulenti tecnici risulta essere, se si parla di politiche ambientali, ancora piuttosto scarso, dato che indica come direzione di lavoro proprio il consolidamento di un simile interscambio (Zheng, Naylor, Waldron e Oliver, 2019).

Ormai da tempo si parla di infrastrutture verdi come elementi funzionali del sistema urbano, superando la visione del verde come semplice complemento estetico: una città resiliente inquadra i servizi ecosistemici esattamente allo stesso modo degli altri servizi, garantendo che vengano forniti in maniera adeguata alla domanda. Ma qual è l’effettiva applicazione da parte delle amministrazioni di quella che ISPRA definisce gestione ecosistemica del verde urbano? Con il presente lavoro di ricerca si è inteso indagare il lavoro fatto a livello normativo prendendo a riferimento l’area milanese, sottolineando i passi ancora da compiere.

3- Gli strumenti amministrativi per la gestione del verde urbano e il Piano del Verde

Negli ultimi decenni, nella visione istituzionale del verde urbano, questo aspetto si è reso sempre più centrale, mettendo in risalto i servizi ecosistemici citati sopra. Ciò ha portato alla formulazione di strumenti per la gestione del verde che andassero oltre i meri indici quantitativi delle prime norme del settore (quale il decreto interministeriale 1444/1968 che si limita a stabilire un’area minima a parco di 9 mq per abitante nelle aree residenziali), introducendo elementi pianificatori via via più completi.

Sia il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare che ISPRA descrivono strumenti molto vari per finalità e applicazione. Possiamo suddividerli in tre categorie principali:

  • Regolamenti: documenti prescrittivi. È il caso del Regolamento del Verde, redatto da professionisti abilitati, contenente prescrizioni per garantire corretti uso, manutenzione, fruizione e progettazione degli spazi verdi. Deve tutelare la funzionalità delle singole piante e essere sostenibile nel tempo, tenendo conto del valore culturale, storico, sanitario e paesaggistico del verde. Si tratta di uno strumento utile ai cittadini, alle imprese e all’amministrazione per una gestione e una progettazione omogenea su tutto il territorio comunale. Aspetti che deve necessariamente trattare sono la funzione della vegetazione naturale e seminaturale, le norme di gestione e rinnovo delle alberate, di allestimento di cantieri nei pressi della vegetazione arborea, la difesa fitosanitaria. Tra i contenuti minimi di questo documento vi sono anche una lista delle specie autoctone consigliate, delle specie esotiche invasive da evitare e un sistema sanzionatorio per i trasgressori delle norme.
  • Strumenti conoscitivi: rientrano in questa categoria il Bilancio Arboreo, il Censimento Arboreo e il Sistema Informativo del Verde. A vari livelli, si tratta di strumenti atti alla raccolta e all’organizzazione di dati sul patrimonio arboreo: numero di esemplari arborei, indicazione per ognuno di essi di specie, posizione, stato fitosanitario, dimensioni, stima del contributo in termini di servizi ecosistemici. Una sempre maggiore informatizzazione porta alla creazione del SIV, il Sistema Informativo del Verde, una piattaforma contenente informazioni aggiornabili, implementabili, georeferenziate e facilmente consultabili. Esso deve prevedere una suddivisione per tipologia delle aree verdi, la loro ubicazione, così come quella dei punti d’acqua, di zone soggette a vincoli, sensibili e fruibili. Questo genere di strumenti è di fondamentale importanza nel momento in cui si ha intenzione di iniziare una pianificazione: solo tramite la conoscenza del territorio è possibile indirizzare l’azione con efficacia e precisione.
  • Piani: lo strumento avente lo sguardo più ampio nello spazio e nel tempo è il Piano Comunale del Verde, un vero e proprio piano territoriale volto a definire lo sviluppo del verde urbano e periurbano. Come si legge nel documento Linee guida per il governo sostenibile del verde urbano (redatto nel 2017 dal Comitato per lo sviluppo del verde pubblico, MATTM), andando a integrarsi nel Piano Urbanistico Comunale, esso pone grande attenzione al miglioramento e all’ottimizzazione della fornitura di servizi ecosistemici. In esso devono essere presenti indici relativi al valore economico, ecologico e sociale del verde, nonché un’analisi della domanda di servizi ecosistemici dell’urbanizzato (partendo dagli strumenti conoscitivi sopra citati).

Il Piano Comunale del Verde deve contenere indicazioni utili per una progettazione economicamente poco dispendiosa e quanto più resiliente possibile: è da privilegiare l’autoriproduzione delle specie vegetali, il basso fabbisogno idrico e manutentivo, l’elevato valore ecosistemico. Al contempo è necessario massimizzare gli effetti positivi espletabili in ambiente urbano: fornitura di servizi, mitigazione degli effetti negativi delle infrastrutture grigie, aumento della presenza di specie animali e vegetali desiderate e diminuzione di quelle indesiderate. Sono altresì necessarie indicazioni, implementabili in fase di progettazione, per quanto riguarda l’utilizzo del verde per ridurre l’inquinamento acustico e atmosferico, l’impermeabilizzazione dei suoli e l’isola di calore urbano.

Il Piano del Verde è stato oggetto di studio da parte del Comitato per lo sviluppo del verde pubblico, istituito presso il ministero dell’ambiente dalla legge 14/2013 e avente, tra i suoi compiti fondamentali, la stesura di un Piano del Verde Nazionale utile a fornire a tutti gli enti locali un indirizzo comune. Per giungere a questo obiettivo, raggiunto nel 2018 con la pubblicazione della Strategia Nazionale per il Verde Urbano, a partire dal 2013 è iniziata una ricognizione, tra tutti i capoluoghi di provincia italiani, al fine di rintracciare i documenti atti allo studio e alla gestione del verde urbano: su un campione di 60 comuni tra i più popolosi (con popolazione maggiore di 70.000 abitanti), è emerso che il censimento (inteso come analisi quanti-qualitativa del patrimonio arboreo, con numerosità e indicazione delle specie presenti) è presente in 46 comuni, il regolamento nella metà dei comuni, mentre il Piano solo in 11 comuni, presentando caratteristiche di volta in volta differenti.

Nella relazione del 2016 sono riportati i risultati del lavoro di raccolta di informazione circa gli 11 piani del verde comunali identificati. Di questi, 3 non sono risultati reperibili (Lanusei, Lodi e Savona) mentre i restanti sono apparsi incoerenti fra loro per quanto riguarda i contenuti e le finalità: se il Piano di Vercelli contiene regole di progettazione e interventi sul verde (essendo questo ciò che dovrebbe essere proprio di un regolamento), quello di Ravenna presenta un abbozzo di distribuzione di aree verdi (citando, una “collana con 9 perle – i giardini di quartiere – e 3 pietre preziose – i parchi -” ), quello di Reggio nell’Emilia si propone come una sorta di piano regolatore per le infrastrutture verdi e blu (andando a interessare la rete ecologica, i siti Natura 2000 e dando come direzioni future l’incremento dell’impianto di siepi, il recupero dell’agricoltura – urbana e periurbana – e lo sviluppo di greenways). Si tratta evidentemente di documenti molto differenti fra loro sia per forma, che per contenuto, che per portata della pianificazione. Quasi tutti i piani partono da una ricognizione del patrimonio vegetale presente: questo sta a indicare come vi siano conoscenze riguardanti l’eterogeneità del verde urbano, premessa necessaria in fase di pianificazione. Solo alcuni hanno uno sguardo complesso riuscendo a integrare l’aspetto urbanistico a quello ambientale e sociale.

Stando a quanto stabilito dalla legge 14/2013, compito del Comitato per lo Sviluppo del Verde Pubblico è di redigere un Piano del Verde Nazionale. Durante i lavori per la sua stesura, questo ha acquisito sempre più la forma di una strategia più che di un piano territoriale vero e proprio. In ottemperanza a quanto stabilito dalla legge, nel 2018 è stata quindi pubblicata la Strategia Nazionale per il Verde Urbano, avente la funzione di dettare linee comuni per la redazione del Piano del Verde a livello comunale. Uno degli obiettivi della Strategia è quindi di garantire che i Piani locali siano fra loro simili per funzione, a differenza della situazione descritta sopra.

A tal proposito sono stati definiti degli step comuni, così riassumibili:

  • Valutazione del contesto e delle risorse (studi di base, definizione e individuazione cartografica, censimento floristico, fitosociologico e cartografia degli spazi liberi di proprietà pubblica);
  • Analisi della domanda di servizi ecosistemici e infrastrutture verdi (identificazione delle problematiche e delle necessità del Comune, definizione delle priorità di intervento);
  • Sviluppo del Piano del Verde Comunale (definizione della scala della durata, individuazione dei tipi di intervento, valutazione delle risorse economiche, coinvolgimento delle comunità locali).

Le azioni da svolgersi per quanto riguarda l’ultimo punto non sono dettagliate ulteriormente rispetto a quanto qui riportato poiché sono rimandate a futuri lavori in collaborazione con ANCI, aziende del settore e università.

Queste indicazioni sono comunque sufficienti a fornire una forma comune ai Piani del Verde Comunali (ricordando che alcuni di quelli redatti precedentemente hanno in realtà funzione di regolamento o hanno solo funzione conoscitiva). Emerge tuttavia una difficoltà nel fornire indicazioni valide per tutti i comuni italiani, nel momento in cui vi è una grande eterogeneità sia per quanto riguarda estensione territoriale che per tipo di urbanizzazione. I quasi 8.000 comuni italiani sono stati suddivisi in 6 cluster, utilizzando come parametri la densità abitativa (minore o maggiore di 1.500ab/km2), la percentuale di suolo comunale impermeabilizzato (maggiore o minore di 7,64% – la media nazionale) e la distribuzione degli insediamenti (tendenza al monocentrismo, alla dispersione, al policentrismo, etc). Per i primi due cluster (comuni con una densità abitativa minore di 1.500ab/km2, artificializzazione minore di 7.64% e, soprattutto, per la quasi totalità appartenenti alla categoria dei “piccoli comuni”) la Strategia non prevede piani comunali particolarmente consistenti (si parla di manutenzione del verde esistente e di filari alberati per la mitigazione di infrastrutture primarie): si va così incontro alla difficoltà delle pubbliche amministrazioni di dimensioni minori di disporre di personale e risorse necessarie per attuare pianificazioni e interventi più impegnativi. Il terzo e il quarto cluster vedono ancora una densità abitativa medio-bassa, città monocentriche o policentriche, disperse o compatte, ma con un tasso di impermeabilizzazione maggiore del 7.64% del territorio: in questo genere di comuni è auspicata una pianificazione più corposa, che veda la creazione di cinture verdi atte a contenere il consumo di suolo e infrastrutture verdi di connessione per le aree forestali già presenti, capaci di fornire servizi ecosistemici in maniera adeguata. Gli ultimi due cluster vedono un tasso di impermeabilizzazione e una densità abitativa elevate, rendendo necessaria la creazione di infrastrutture verdi reticolari, capaci di mettere a sistema le aree verdi, facilitare la regimazione dei flussi idrici e di attenuare fenomeni pericolosi quali le isole di calore.

4- La situazione amministrativa nel Comune di Milano

Il Comune di Milano non dispone a oggi di un Piano del Verde comunale. Sono tre i documenti che si concentrano su alcuni degli aspetti legati al verde più interessanti: la Rete Ecologica, il documento di indirizzo Paesaggi Futuri e il Regolamento d’uso e tutela del verde pubblico.

La Rete Ecologica, inserita nel Piano dei Servizi (quindi a sua volta nel Piano di Governo del Territorio del comune di Milano) è descritta graficamente nella tavola 04 1/4 e include i temi già individuati dalla Rete Ecologica Regionale e dalla Rete Ecologica Provinciale. Inserita tra i servizi al fine di attuarla tramite la disciplina delle aree verdi esistenti, la tavola “La struttura della città pubblica” rappresenta il dettaglio della visione complessiva di assetto della città, da attuarsi attraverso l’insieme di dispositivi e di azioni (da parte di pubblici o privati) propri del PGT. Nella tavola, facilmente rintracciabile sulla pagina web comunale, è possibile individuare il verde già esistente e un gran numero di temi riguardanti differenti tipologie di verde, future infrastrutture verdi di collegamento (spesso consistenti in lunghe alberate) e aree di interesse ecologico. Gli elementi delle reti provinciali e regionali individuano porzioni di territorio da deframmentare, da rendere più permeabili ai flussi ecosistemici, nonché macro-corridoi lungo gli assi fluviali e in zone ad alta antropizzazione. Gli elementi della rete comunale sono di maggiore precisione e riguardano boschetti, filari e simili aventi come fine la riqualificazione di spazi aperti permeabili, la realizzazione di gradienti di protezione delle aree fluviali, la ricostruzione dell’ambiente boschivo e la creazione di barriere e connessioni verdi tra edificato e territorio aperto. Si tratta quindi di una parte consistente del lavoro da compiere durante la stesura di un Piano del Verde, poiché individua già gli interventi da attuare sul territorio. Ciò avviene nell’ambito del Piano dei Servizi, e quindi – si suppone – in coerenza con il Piano di Governo del Territorio in generale.

Altro documento di grande importanza è il documento di indirizzo strategico Paesaggi Futuri – Milano: spazi aperti in una visione metropolitana, redatto dall’assessorato al Verde, Benessere, Qualità della Vita, Sport e Tempo Libero, Risorse Umane, Tutela degli animali e Servizi Generali e da quello all’Urbanistica, Edilizia Privata e Agricoltura, pubblicato nel maggio 2016. Questo documento è stato prodotto al fine di definire una visione comune del verde per indirizzarne la gestione, potenzialmente fino all’implementazione in un Piano Comunale del Verde. Punto saliente è l’equiparazione di verde pubblico e privato, visti come elementi in continuità funzionale soggetti a regole coerenti fra loro: tale equiparazione è ripresa nel Regolamento d’uso e tutela del verde pubblico e privato, approvato a fine 2017. Grande importanza è conferita anche alla connettività ecologica e ambientale che è trattata dalla scala metropolitana a quella di quartiere. In tal senso è evidenziata l’importanza ecologica e sociale del verde di prossimità, il quale, tramite elementi variegati in forme e dimensioni, entra a far parte della rete ecologica e fornisce servizi ecosistemici.

Primo documento applicativo di tale visione è il Regolamento d’uso e tutela del verde pubblico e privato, contenente prescrizioni (anche di una certa precisione) circa gli usi permessi nelle differenti aree verdi e indicazioni gestionali (relative a potature, progettazione, abbattimenti, etc). Al suo interno è possibile rintracciare importanti articoli a tutela della biodiversità, che di volta in volta vietano potature di certe specie arboree, proteggono i periodi di nidificazione dell’avifauna e dei piccoli mammiferi. Concetto decisivo ripreso direttamente da Paesaggi Futuri è l’equiparazione del verde pubblico e di quello privato, i quali sono soggetti a medesime norme poiché parte della cosiddetta foresta urbana ancor prima che di proprietà pubblica o privata. Aspetto potenzialmente controverso ricade nei poteri della pubblica amministrazione, la quale non è soggetta alle disposizioni sancite all’art. 29, 33, 34 e 36 del Regolamento (contenenti le regole riguardanti alberi monumentali, potature, abbattimenti e gestione delle siepi) sebbene – si legge nel Regolamento – la sua azione passi al vaglio degli uffici comunali competenti per il verde pubblico e quindi si intenda il più possibile coerente alle prescrizioni del documento in questione.

5- Conclusioni

Tenendo in considerazione le statistiche nazionali circa gli strumenti amministrativi per la gestione del verde urbano possiamo evidenziare alcuni aspetti importanti riguardanti la normazione di questo settore della pianificazione urbanistica. Da un lato, dal 2013 al 2018, il ministero competente, per mano del Comitato per lo Sviluppo del Verde Pubblico, ha prodotto un gran numero di documenti che descrivono una situazione nazionale a livello comunale ma danno anche precise indicazioni sui passi che ogni comune dovrebbe seguire per giungere ad una gestione del verde avente uno sguardo più sistemico, anche in termini di servizi resi alla cittadinanza. Dall’altro, a livello comunale non si individua un’efficace applicazione delle disposizioni del Ministero, non essendo esse prescrittive.

A livello milanese si dispone di un documento pianificatorio di grande importanza, la Rete Ecologica Comunale, la cui implementazione non è guidata da un piano, con obiettivi e scadenze fissate, ma sembra essere lasciata alla discrezione dei decisori politici. In tal modo l’amministrazione non si fa completamente carico di alcuni servizi, quelli ecosistemici, i quali hanno un’importanza cruciale per quanto riguarda la salute pubblica e la qualità della vita, tanto più nell’area milanese che nella cronaca è descritta come la più inquinata del paese. La mancanza di controllo sull’operato delle azioni compiute dall’azienda vincitrice dell’appalto di Global Service si rivela essere una grande criticità che pregiudica l’efficacia del Regolamento d’Uso e Tutela del Verde Pubblico e Privato del Comune di Milano.

Inoltre, la sostanziale scarsa conoscenza rispetto al ruolo del verde nelle città fa sì che le amministrazioni si trovino spesso sguarnite di figure professionali che possano redigere documenti quali i Piani del Verde Comunale. La discrezionalità dei comuni circa l’adozione di questi documenti sembra altresì fattore poco incoraggiante.

D’altro canto, è importante rimarcare come il grande lavoro fatto a livello di Comitato per lo Sviluppo del Verde Pubblico fornisca alle amministrazioni locali più virtuose strumenti strategici per una pianificazione territoriale di maggiore qualità e attenzione.

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[1] http://www.efficienzaenergetica.enea.it/news-eventi/non-solo-decorative-le-piante-oggi-sono-utilizzate-a-formare-una-coltre-verde-che-puo-ridurre-la-temperatura-di-una-parete-esposta-al-sole-anche-di-15degc-con-un-risparmio-in-bolletta-superiore-al-10-annuo

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