Fonti rinnovabili e pianificazione territoriale: legittimo individuare aree sottratte, per ragioni paesaggistiche, all’insediamento di impianti eolici

16 Dic 2019 | giurisprudenza, amministrativo

di Lorenzo Spallino 

T.A.R. PUGLIA – Bari, Sez. I – 6 giugno 2019, n. 819 – Pres. Scafuri, Red. Zonno – M. s.r.l. (avv.ti Grazia Lattanzio, Giacomo Pietro Mescia) c. Regione Puglia (avv. Tiziana Teresa Colelli), Provincia di Foggia, Comune di Lucera, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio BAT e FG (Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari) e nei confronti di T.G. s.p.a. e L.W. s.r.l., (avvocati Simona Viola, Giuseppe Macchione, Mario Bucello) 

Intervenendo in tema di applicazione dei principi di libera concorrenza, libertà di iniziativa economica e di semplificazione dei procedimenti e provvedimenti autorizzatori all’installazione di impianti FER (da fonti di energia rinnovabile), il TAR Puglia evidenzia che l’applicazione di tali principi non esclude in alcun modo la rilevanza di interessi ulteriori quali quelli paesaggistici. È quindi legittima la scelta, nell’ambito di strumenti urbanistici, di sottrarre determinate aree a tali insediamenti piuttosto che quella di concentrare i nuovi impianti in aree specifiche, in quanto meno interferenti con i beni paesaggistici. Tale individuazione risulta frutto di scelte discrezionali compiute nell’esercizio della potestà amministrativa di pianificazione e di attuazione dei principi dettati in via generale dal legislatore statale. La decisione, resa in sede di riedizione del procedimento amministrativo conclusosi con il diniego all’operatore privato, precisa altresì che il c.d. dissenso costruttivo, variamente declinato dalla giurisprudenza in applicazione dell’art. 14-quater l. n. 241/1990, non opera quando non vi siano alternative alla incompatibilità dell’insediamento con i luoghi e che la saturazione dei luoghi, ossia il fatto che questi siano interessati da molteplici infrastrutture di vario tipo, non è un motivo valido per paralizzare l’operatività delle ragioni sottese al vincolo paesaggistico. 

  1. La fattispecie

Nel 2013 la Regione Puglia denega la richiesta di autorizzazione unica relativo alla costruzione di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica della potenza elettrica di 75 MW nel Comune di Lucera (FG). La proponente si rivolge al T.A.R. Puglia, deducendo da un lato censure relative a pretesi vizi procedimentali e dall’altro contestando il parere negativo espresso dal Servizio regionale Assetto del Territorio.

Con sentenza n. 1203 depositata il 6 agosto 2015 (confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 1454 della sezione quarta depositata il 13 aprile 2016), la sezione prima del T.A.R Puglia, sede di Bari, accoglie parzialmente il ricorso, ritenendo contraddittoria e irragionevole la soluzione del Servizio Energia di ritenere sufficiente il parere negativo espresso dal Servizio Assetto del Territorio – reso al di fuori della sede conferenziale – per poter denegare la richiesta della ricorrente senza operare quella necessaria sintesi dei lavori svolti che invece avrebbe dovuto svolgersi sulla base delle risultanze specifiche e delle valutazioni contestualmente assunte in Conferenza di servizi.

Il diniego viene annullato con obbligo di rinnovo, da parte della Regione, della determinazione conclusiva della conferenza di servizi al fine di consentire la nuova manifestazione del parere paesaggistico nella sede procedimentale propria sulla base del confronto dialettico di tutte le Amministrazioni interessate.

Il termine spira inutilmente e la società formula istanza di nomina di Commissario ad acta perché provveda in sostituzione dell’Amministrazione: nelle more del giudizio di ottemperanza la Regione convoca la Conferenza di servizi ex art. 12 del D.Lgs. nr. 387 del 2003, riavvia l’istruttoria sull’istanza e adotta un preavviso di diniego ai sensi dell’art. 10-bis della Legge 7 agosto 1990, n. 241, motivato con la non congruenza della soluzione di connessione autorizzata dal gestore della rete elettrica rispetto alla potenza dell’impianto. La società replica tramite deduzioni, provvedendo altresì a ridurre la potenza dell’impianto nonché il numero di aerogeneratori di cui si sarebbe composto.

La società istante ottiene la nomina di un Commissario ad acta e la Regione revoca l’ulteriore seduta dalla Conferenza di servizi che aveva già convocato. Nelle more il Servizio Assetto del Territorio regionale esprime parere negativo circa la compatibilità paesaggistica dell’intervento e il 17 ottobre 2016 la Regione emana il definitivo diniego di autorizzazione unica.

La società impugna la nota regionale in uno con i pareri resi nel procedimento e la deliberazione della Giunta regionale n. 176 del 16 febbraio 2015, con la quale è stato definitivamente approvato il nuovo Piano Paesaggistico Territoriale della Regione Puglia (PPTR).

  1. La regolazione degli interessi tra esigenze di approvvigionamento da impianti FER e tutela paesaggistica

La decisione del T.A.R. Puglia è particolarmente complessa in ragione della pluralità dei mezzi svolti e dei provvedimenti impugnati.

Ai fini che qui interessano, sono di sicuro interesse le motivazioni in forza delle quali il T.A.R., nel respingere il ricorso proposto, indica il limite oltre il quale non possono operare i principi di libera concorrenza, libertà di iniziativa economica e semplificazione dei procedimenti e provvedimenti autorizzatori all’installazione di impianti FER (da fonti di energia rinnovabile).

Nonostante, secondo le linee guida nazionali, Regioni e Province autonome possano “porre limitazioni e divieti in atti di tipo programmatorio o pianificatorio per l’installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati a fonti rinnovabili ed esclusivamente nell’ambito e con le modalità di cui al paragrafo 17” (D.M. MISE 10.9.2010, Allegato, art.1.2), è vero altresì che il divieto  di individuare in via generica significative porzioni di territorio o zone genericamente soggette a tutela dell’ambiente, del paesaggio o del patrimonio storico-artistico, è superabile – per espressa previsione del legislatore – attraverso l’individuazione di specifici ambiti territoriali, da individuarsi in ragione di motivate esigenze di tutela degli interessi c.d. sensibili (di carattere ambientale, paesaggistico, storico-artistico) (D.M. 10.9.2010 cit., Allegato 3, paragrafo 17, lett. c/d/f).

Né soccorrono a questo scopo i principi generali di derivazione comunitaria volti a favorire la massima diffusione dell’attività di produzione di energia da fonte rinnovabile, vero che questi si prefiggono unicamente di impedire l’introduzione di oneri e adempimenti amministrativi inutili e gravosi, senza in alcun modo escludere la rilevanza di interessi ulteriori quali, per l’appunto, quelli paesaggistici e senza che tra gli adempimenti “non necessari” si possa far rientrare l’individuazione, in sede pianificatoria, di aree paesaggisticamente rilevanti e incompatibili con gli insediamenti eolici, atteso il rango costituzionale degli interessi in tal modo protetti. Tale prospettiva ben può giustificare, nell’ambito degli strumenti urbanistici quale il PPTR, la previsione di aree sottratte a tali iniziative, specificamente calibrate sulle caratteristiche del territorio d’incidenza ovvero la scelta di concentrare i nuovi impianti in aree meno interferenti con i beni paesaggistici, risultando tale individuazione frutto di scelte discrezionali compiute dall’Autorità regionale nell’esercizio della potestà amministrativa di pianificazione e di attuazione dei principi dettati in via generale dal legislatore statale.

D’altro canto, il favor legislativo per le fonti energetiche rinnovabili non si spinge sino ad affermare l’irrilevanza degli impianti FER rispetto alla normativa di tutela paesaggistica piuttosto che alle disposizioni volte al sostegno del settore agricolo e alla valorizzazione del paesaggio rurale (T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, 23.04.2019, n. 2246), richiedendo unicamente di concentrare l’impedimento assoluto all’installazione di impianti fotovoltaici in zone sottoposte a vincolo paesistico unicamente nelle aree non idonee (in quanto tali, espressamente individuate), mentre negli altri casi, la compatibilità dell’impianto fotovoltaico con il suddetto vincolo deve essere esaminata tenendo conto del fatto che queste tecnologie sono ormai considerate elementi normali del paesaggio (T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, 30.11.2018 n. 1148).

Pur tuttavia, la sentenza del T.A.R. Puglia costituisce un segnale interessante di scostamento rispetto a quanto affermato dal Consiglio di Stato soltanto lo scorso anno, quando questi affermò che, pur non trascurandosi la rilevanza che riveste la tutela dell’ambiente e del paesaggio, occorre tuttavia “riconoscere prevalente risalto al profilo afferente alla gestione delle fonti energetiche in vista di un efficiente approvvigionamento presso i diversi ambiti territoriali”, giusta la regolazione effettuata dallo Stato tra le diverse esigenze in forza della propri competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente (Cons. Stato Sez. IV, 14.05.2018, n. 2859).

  1. La saturazione dei luoghi

Il fatto che i luoghi siano interessati da molteplici infrastrutture di vario tipo non significa, afferma il T.A.R., che le ragioni sottese al vincolo paesaggistico non operino o che siano in qualche modo depotenziate.

Al contrario, l’intervenuta antropizzazione e la conseguente compromissione degli elementi originari subita dal territorio ben può giustificare, in base al criterio di saturazione, un maggiore apprezzamento e cura dell’interesse alla conservazione e salvaguardia, attesa la perdurante valenza paesaggistica del contesto ambientale di riferimento.

Il compito dell’autorità preposta alla gestione del vincolo è infatti quello di verificare se la realizzazione del progetto comporti una compromissione dell’area protetta, accertando in concreto la compatibilità dell’intervento col mantenimento e l’integrità dei valori dei luoghi (T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. I, 2.4.2009, n. 775), non quello di autorizzare interventi comportanti un ulteriore compromissione di aree vincolate (Cons. Stato Sez. VI, 4.7.2016, n. 2959).

  1. Il dissenso costruttivo

È principio generalissimo quello secondo cui il dissenso di un’Amministrazione che partecipa alla conferenza dei servizi deve rispondere ai principi di imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa, predicato dall’art. 97 Cost., non potendo limitarsi ad una mera opposizione al progetto esaminato, ma dovendo essere costruttivo e motivato (per tutti, Cons. Stato Sez. III, 23.1.2014, n. 350).

Il principio viene declinato dal legislatore attraverso l’art. 14-quater della legge n. 241/90, il quale impone alle pubbliche amministrazioni di esprimere il proprio dissenso indicando le modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso, nell’ottica sia dell’effettivo perseguimento degli obiettivi di semplificazione e di accelerazione dell’azione amministrativa, sia del rispetto del principio di leale collaborazione cui devono essere improntati i rapporti tra le varie pubbliche amministrazioni (Cons. Stato, Sez. V, 23 maggio 2011 n. 3099).

L’istituto del dissenso costruttivo (o collaborativo) opera non solo all’interno della conferenza di servizi ma anche in ambito edilizio (art. 20, c. 4, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) e in quello paesaggistico (TAR Toscana, Sez. III, 13.11.2018 n. 1489), anche se non in via definitivamente consolidata e con qualche perplessità in merito al “dovere di supplenza” che il TAR attribuisce alla Soprintendenza (L. Marilotti, Dissenso collaborativo e tutela del paesaggio nel parere della Soprintendenza ex art. 146, d.lgs. 42/2004, in www.giustamm.it).

Nel caso di specie la ricorrente lamentava l’illegittimità dei pareri della Soprintendenza e della Provincia per violazione dell’art. 14-quater, L. n. 241/1990, in quanto sprovvisti dell’indicazione delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell’assenso e, pertanto, non congruamente motivati.

Afferma invece il T.A.R. Puglia che il modulo procedimentale della conferenza di servizi non può tuttavia essere piegato al rispetto del dissenso costruttivo sino a rendere illegittimo il dissenso che non presenti alternative qualora dal contenuto del parere gravato emerga chiaramente che non sia ipotizzabile alcuna modifica progettuale all’infuori del totale stravolgimento dell’opera che, per la sua natura di variazione essenziale, non può essere considerata una semplice modifica.

Dall’accertata radicale incompatibilità delle caratteristiche dell’impianto proposto con i valori rispettivamente tutelati dagli Enti preposti deriva l’inutilità e l’impossibilità, ai fini del superamento del dissenso, di eventuali prescrizioni modificative diverse dall’integrale spostamento dell’impianto in altra area e, conseguentemente, l’inesigibilità di un comportamento maggiormente propositivo da parte degli Enti.

  1. Il principio di leale collaborazione

Una lettura superficiale della trattazione della quindicina di mezzi svolti, spesso molto diversi tra loro, può far sfuggire il passaggio contenuto nella trattazione del primo motivo, dove la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 10 bis L. n. 241/90 e il conseguente difetto di motivazione del provvedimento di diniego per essere stati i pareri negativi della Provincia di Foggia e archeologico-paesaggistici acquisiti in violazione degli obblighi conformativi stabiliti dallo stesso T.A.R. Puglia con la sentenza n. 1203/2015.

Accertato che i pareri sono stati correttamente resi, il T.A.R. tiene a sottolineare un ulteriore elemento a fondamento della reiezione del mezzo: benché il parere provinciale non sia stato formalmente acquisito nel corso della conferenza, la ricorrente ne ha appreso il contenuto in sede di preavviso di rigetto e ne ha contestato la mancata formale acquisizione con le proprie osservazioni rese nel luglio 2016, senza tuttavia, in una successiva riunione della conferenza di servizi, esporre alcuno dei profili critici rilevati all’esame congiunto, salvo poi dolersene in sede giurisdizionale.

Ad avviso del T.A.R., la condotta tenuta dalla ricorrente, anziché improntata a favorire l’interlocuzione e il confronto reciproco con le Autorità partecipanti, appare orientata a precostituire un vizio procedimentale da far valere in sede contenziosa, con ciò configurando un’anomala forma di esercizio delle proprie prerogative, volta a derogare ai criteri cardine di leale collaborazione.

In altre parole: il principio di leale collaborazione vale anche per il proponente, il quale non può sottrarsi all’onere di esplicitare i propri rilievi critici a un parere non formalmente acquisito in sede di conferenza (ma successivamente richiamato in una successiva riunione), per poi utilizzare la circostanza in giudizio.

Per quanto non emerga dalla decisione se il profilo relativo al principio di leale collaborazione sia stato sollevato dalle difese delle amministrazioni o trattato autonomamente dal Collegio, sta di fatto che il T.A.R. Puglia completa un quadro più consolidato di quanto non si creda. La bilateralità del principio è infatti affermata dalla giurisprudenza sin dal suo affacciarsi sulla scena giudiziaria, avendo i giudici amministrativi sottolineato come la sua operatività possa essere paralizzata dagli stessi privati quando questi presentino istanze incomplete, generiche o non documentate allo scopo di eludere disposizioni puntuali (T.A.R. Lombardia, Brescia, n. 1222, 4.12. 2001) o assumano comportamenti ostruzionistici (T.A.R. Puglia Bari, Sez. II, n. 1608 7.4.2003).

In quest’ottica, la conferenza di servizi è sì il luogo dove il principio di leale collaborazione impone alle parti pubbliche di versare il proprio contributo (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 12.06.2014, n. 716), da valutarsi anche quando ciò avvenga se con modalità non esattamente rituali (Consiglio di Stato, Sez. VI, 10.2.2015 n. 709; cfr. sull’onere di riconvocazione Cons. Stato Sez. IV, 13.10.2015, n. 4732), ma è anche il luogo in cui la valutazione degli interessi pubblici coinvolti non può prescindere dal fatto che, qualora la conferenza sia convocata in esito a una domanda di un privato, è la stessa domanda che contiene in sé il germe dell’interesse pubblico, o comunque dell’assenza di conflitto con questo, così che spetta anche al privato comportarsi nel rispetto del superiore interesse perseguito e non nel proprio.

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato

Spallino_TAR Puglia Bari 819 2019

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