Detriti Spaziali: rifiuti ad alto livello

MARIA DE LAS MERCEDES ESQUIVEL – ETTORE RODRÍGUEZ MOL- NAR

1. Introduzione.
2. Concetto di Oggetto Spaziale.
3. Concetto di Detriti Spaziali.
4. Saturazione dello spazio esterno. Posizioni. Sviluppi recenti.
5. Piano d’azione: Previsione, Prevenzione, Mitigazione, Rimozione.
6. Quadro Normativo e Regolamentare di riferimento.
7. Responsabilità per danni causati da oggetti spaziali.
8. Conclusioni.

 

1. Introduzione

C’è una tematica di diritto ambientale rispetto alla quale ci troviamo di fronte alla necessità di smettere di guardare verso il basso (suolo, acqua) o intorno a noi (aria, rumore…) e di alzare lo sguardo verso più alti obiettivi per trovare soluzioni a nuovi problemi che possano ripercuotersi sul destino delle generazioni future: i danni provenienti dallo spazio. In questo articolo cercheremo di fornire una breve panoramica della problematica e dello stato in cui attualmente si trova.

 

2. Concetto di Oggetto Spaziale

La presente trattazione si concentra sulle conseguenze giuridiche del lancio, monitoraggio e successiva dismissione e/o abbandono di oggetti spaziali. Per Oggetto Spaziale si intende “qualsiasi dispositivo artificiale o congegno costruito per essere collocato nello spazio o sui corpi celesti al fine di svolgere una funzione o un’attività spaziale”.
Va osservato che né il Trattato sullo Spazio , né la Convenzione sulla Responsabilità per danni causati da Oggetti Spaziali1, né la cosiddetta Convenzione di Registrazione2 definiscono ciò che deve essere inteso come oggetto spaziale, limitandosi ad affermare che il concetto stesso comprende anche i suoi componenti.
Così, se siamo certamente in grado di sapere chi lancia qualcosa nello spazio, non conosciamo ciò che viene lanciato. Indubbiamente, questa incongruenza è un segno delle contraddizioni che sorgono quando la normativa è oggetto di negoziazione tra Stati e organizzazioni internazionali ed è frutto di una serie di rinunce, necessarie per ottenere l’obiettivo dell’approvazione della norma.
Quando parliamo di oggetti spaziali, ci riferiamo a manufatti desti- nati allo sviluppo di un’attività spaziale e alle sue componenti che si de- finiscono come porzioni o parti di un oggetto.
Concetto diverso da quello di “frammenti”, che sono pezzi o parti di un tutto o di parte di essi, la cui esistenza presuppone una rottura della cosa.

1 Https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19720066/201111210000/- 0.790.2.pdf.
2 Https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19720066/201111210000/- 0.790.2.pdf.

3. Concetto di Detriti Spaziali.

Possiamo descrivere il concetto di “rifiuti, rottame o detriti spaziali” come “qualsiasi oggetto o parte di un oggetto artificiale, abbandonato o inutilizzabile nell’orbita terrestre, nello spazio o in un corpo celeste”.
Un rapporto del Comitato di Coordinamento Inter-agenzie delle Nazioni Unite per i Detriti Spaziali (IADC)3 definisce i detriti spaziali come tutti gli “oggetti non operativi di origine antropica, compresi i loro frammenti ed elementi, che si trovano in orbita terrestre o rientrano nell’atmosfera”4. È tuttavia una definizione parziale, in quanto non tiene conto dei detriti spaziali che non sono in orbita terrestre o che non rientrano nell’atmosfera5. Ad esempio, i resti degli sbarchi sulla Luna6.
Il rapporto afferma che circa il 60 per cento dei detriti registrati è generato da rotture di veicoli spaziali o di razzi. La frammentazione si verifica spesso a seguito di esplosioni di combustibile residuale o altro reagente chimico contenuto nei motori dei razzi.4[2]

3 Https://www.iadc-online.org/.
4 A/AC.105/C.1/2011/CRP.14, p. 11.

4. Saturazione dello spazio esterno. Posizioni. Sviluppi recenti.

Per comprendere la natura e l’entità del problema, è necessario avere un’idea di base delle diverse orbite satellitari esistenti in funzione del tipo di scopo per il quale sono state concepite. Per brevità, faremo riferimento solo ai tre (3) tipi di orbite che sono utili ai fini del presente articolo. Orbita Geostazionaria Comunemente chiamata GEO (Geostationary Orbit – Orbita Geostazionaria Terrestre), è quella che mantiene una posizione fissa rispetto alla superficie terrestre ad un’altezza costante di 36.000 km sul livello del mare. I satelliti che si trovano a ruotare su quest’orbita sembrano fermi nel cielo, tale condizione è ideale per i satelliti per telecomunicazioni, in quanto questi offrono una soluzione ottimale per avere un “ripetitore” di segnale sempre visibile dalle stesse postazioni terrestri.
Il problema principale di quest’orbita deriva dagli elevati costi di installazione di un satellite. Ogni posizione orbitale in GEO – che è assegnata ai paesi attraverso l’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni – (ITU, parte delle Nazioni Unite) comporta costi elevati, pertanto gli operatori devono lasciare il carburante residuo utilizzato per i “satelliti defunti” nella cosiddetta “orbita cimitero”, ancora più lontana. In questo modo, il posto liberato diviene disponibile per posizionare un altro satellite.
È questa una soluzione che si limita a spostare il problema in avanti, accumulando in questa “orbita cimitero” un “patrimonio di rifiuti” che le nostre future generazioni dovranno gestire tra circa 100 anni, momento in cui il deterioramento orbitale diventerà un problema concreto ed attuale.

Orbita Terrestre Bassa. L’Orbita Terrestre Bassa (comunemente chiamata LEO; dall’inglese Low Earth Orbit) è compresa tra 200 e 2.000 km di altitudine, ma può abbassarsi a 160 km sopra il livello del mare.
Il 70 per cento dei rifiuti viene stoccato proprio in questa fascia di spazio dove si trova anche la Stazione Spaziale Internazionale, a circa 350 km di altitudine.

Orbita Terrestre Media. I satelliti in orbita media (orbita MEO; orbita media terrestre) si trovano ad un’altitudine superiore alla LEO ed inferiore alla GEO. Si tratta di orbite idonee a posizionare più satelliti sotto forma di costellazione alla stessa altezza per applicazioni di comunicazione o di navigazione.

Oggi si stima che solo il 7% degli oggetti che ci circondano siano satelliti utili. Il resto sono oggetti abbandonati, di cui solo circa 20.000 orbite sono state localizzate e identificate6.
Il problema maggiore è costituito dai detriti spaziali sparsi nell’orbita geo stazionaria. I detriti non solo danneggiano i satelliti di comunicazione in quanto si scontrano con essi, ma interferiscono anche con i segnali di comunicazione che vengono lanciati dalla superficie.
Nelle orbite basse, il rottame metallico si muove a otto km/s, cioè sette volte più velocemente di un proiettile, il che rende difficile immaginare azioni anticollisione.
La Stazione Spaziale Internazionale (ISS) ha subito un incidente di questo tipo proprio nel 2015: si è reso necessario abbandonare la stazione per il timore di una collisione con un vecchio satellite russo.
Si stima che cada sulla superficie terrestre, attratto dalla gravità, al-meno un frammento spaziale alla settimana. La NASA ha registrato, in media, la caduta di un frammento al giorno, ossia tra le 50 e le 100 tonnellate all’anno. Fortunatamente, queste cadute avvengono quasi sempre in mare, che occupa il 71% della superficie terrestre, o in zone scarsamente popolate come la tundra canadese, il deserto australiano o la Siberia.
Ma il numero di frammenti di meno di un m2 (dimensione minima indicata nel catalogo) presenti nell’orbita geostazionaria è sconosciuto. Per questo motivo, diverse nazioni spaziali, tra cui la Spagna, hanno iniziato l’osservazione ottica dell’anello orbitale (vedi sotto).
I frammenti relativamente piccoli normalmente si disintegrano quando entrano nell’atmosfera, ma quelli più grandi cadono a velocità elevatissime, moltiplicando il peso della loro massa con l’accelerazione. È chiaro che i rischi di danno non si limitano allo spazio esterno, ma costituiscono una grave minaccia potenziale per la superficie terrestre in generale. L’aumento della frequenza di queste cadute aumenta la probabilità di danni anche nelle aree urbane.
Da quando sono state tenute le registrazioni di siffatti avvenimenti, è emerso che numerosi incidenti causati dalla caduta di detriti spaziali si sono verificati in Canada, Australia, Argentina, Stati Uniti, Isole del Pacifico, ecc. Con poche eccezioni, nella maggior parte dei casi non ci sono state conseguenze, anche se il pericolo della caduta di un detrito, seppur di piccole dimensioni, su aree urbane, centrali nucleari, ospedali, scuole, impianti di telecomunicazione, ecc., non deve essere sottovalutato.
Anche in Spagna si sono verificati incidenti di questo tipo.
In un arco temporale di due settimane, nel novembre del 2015, il cielo spagnolo ha cominciato a rilasciare sfere metalliche. La prima ha colpito il Pozorrubio de Santiago, in provincia di Cuenca. Un altro oggetto simile è precipitato su Elda, una città nella provincia di Alicante, quello stesso giorno. Pochi giorni dopo, fino a tre sfere sono state contate, questa volta in diverse parti della regione di Murcia. L’origine di questi frammenti, di dimensioni che vanno da pochi centimetri a quattro metri di diametro, era chiara: detriti spaziali di origine non identificata.
Tutti ricorderanno la notizia relativa alla caduta sulla terra, all’inizio di aprile 2018, della stazione spaziale cinese Tiangong-1, che è stata fuori controllo fino agli ultimi giorni.

6 Https://elpais.com/elpais/2016/06/02/ciencia/1464865448_335730.html.

5. Piano d’azione: Previsione, Prevenzione, Mitigazione, Rimozione

a. Le previsioni sono preoccupanti perché non ci si aspetta che il tasso di produzione di detriti spaziali rallenti nel prossimo futuro. A causa della loro importanza, le orbite LEO e GEO, così come altre regioni dello spazio, sono sotto la protezione delle Nazioni Unite. Tuttavia, dato il carattere non prescrittivo della regolamentazione internazionale, il loro futuro dipende dalle misure che ciascun paese e ciascuna agenzia spaziale intendono adottare. Gli esperti sollecitano un intervento politico a questo proposito, soprattutto perché giganti come Boeing e SpaceX hanno annunciato il lancio di “mega costellazioni” di migliaia di satelliti per telecomunicazioni da posizionare in orbita LEO (qui il segnale viaggia più velocemente), stimando che una volta che questo esercito di “mini-satelliti” sarà in orbita, il rischio di collisione e caduta potrebbe aumentare in modo rilevante.

b. Secondo le Nazioni Unite, gli operatori devono rimuovere i loro satelliti dalle orbite basse entro 25 anni facendoli rientrare sulla Terra, ma l’unica misura prevista finora è di trasferirli da GEO alla cosiddetta “orbita del cimitero”, situata almeno 300 chilometri sopra l’orbita GEO, dove la forza di attrazione della Terra è minore.
Ma per la spazzatura che vola ormai da decenni, non ci sono linee guida, ed è per questo che per i prossimi anni sono previsti complessi negoziati. Tuttavia, ciò richiederebbe il consenso di tutti i membri del Comitato per gli Usi Pacifici dello Spazio Extra-Atmosferico7, di cui fanno parte 84 paesi.

c. Alcuni di tali paesi, come la Francia o l’Ucraina, tra gli altri, e l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) hanno già iniziato ad adottare meccanismi per adottare norme vincolanti. Gli avvisi di pericolo di collisione fanno parte della routine per gli operatori satellitari. I satelliti ESA, tuttavia, vengono trasferiti ad altre posizioni orbitali una o due volte all’anno. E la Stazione Spaziale Internazionale, una.

d. Progetti di eliminazioni dei Rifiuti. Svizzera, Spagna e Stati Uniti, nonché l’ESA (attraverso il suo Progetto Clean Space)8 hanno sviluppato varie alternative di bonifica per circa 16.000 oggetti che interferiscono con i veicoli spaziali o i satelliti artificiali; ad esempio, nel caso della Svizzera, è previsto l’uso di “satelliti esorbitanti” per “intrappolare” detriti che potrebbero causare problemi ad altri satelliti o veicoli spaziali e rispedirli sulla terra o precipitare con essi nell’atmosfera, dove si disgregheranno.

La Spagna ha due progetti in corso. Da un lato, ha creato un proprio sistema esorbitante di detriti spaziali nel quadro di un progetto di ricerca sviluppato presso l’ETSI dell’Aeronautica dell’Università Politecnica di Madrid e finanziato dall’Agenzia Spaziale Europea denominato Ion Beam Shepherd for Contactless Space Debris Removal9 attraverso l’Advanced Concepts Team, nell’ambito del programma del Progetto ARIADNA10.
Allo stesso tempo, la Spagna sta sviluppando un progetto (Deimos Sky Survey)11per osservare e seguire gli oggetti spaziali utilizzando una rete di tre telescopi situati nel Parco Naturale Sierra Madrona e Valle de Alcudia (Ciudad Real) che ricercano oggetti (naturali o artificiali) che si muovono sullo sfondo, apparentemente fisso, delle stelle, eseguono oggetti specifici già identificati o sospetti concentrandosi, infine, su detriti spaziali situati in orbita LEO.
Tutti questi progetti coesistono con altri che hanno obiettivi simili (ex multis: Progetto NEE-01 Pegaso nella Repubblica dell’Ecuador). È auspicabile un’unificazione degli sforzi al fine di raggiungere una maggiore efficacia ed efficienza nella rimozione dei detriti spaziali.
La NASA ha inoltre sviluppato protocolli per la riduzione e lo smaltimento dei detriti spaziali12.

7 Http://www.unoosa.org/oosa/en/ourwork/copuos/index.html.
8 Http://www.esa.int/Our_Activities/Space_Engineering_Technology/Clean_Space.
9 Https://arxiv.org/abs/1102.1289.
10 Http://www.esa.int/gsp/ACT/ariadna/index.html.
11 Http://www.elecnor-deimos.com/es/portfolio/deimos-sky-survey-es/.
12 NASA Procedural Requirements for Limiting Orbital Debris (w/ Change 1 – 5/14/09); NASA-STD-8719.14 (with Change 4) ̧ U.S. Government Orbital Debris Mitigation Standard Practices.

6. Quadro Normativo e Regolamentare di riferimento

Il documento giuridico più rilevante ad oggi in materia è la Convenzione sulla Responsabilità Internazionale per i Danni causati Dagli Oggetti Spaziali (1972)13, (Convenzione sulla Responsabilità) derivata dal Trattato sullo Spazio Extra-Atmosferico del 196214.
La Convenzione sulla Responsabilità va di pari passo con la Convenzione sulla Registrazione degli Oggetti Lanciati nello Spazio Extra-Atmosferico15 (nota come Convenzione di Registrazione) adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1974 ed entrata in vigore nel 1976). A dicembre del 2007, 64 paesi l’avevano ratificata, compresi i principali Stati “spaziali” (Stati di Lancio).
Sulla base dell’articolo 7 del Trattato sullo Spazio, la Convenzione sulla Responsabilità prevede che qualunque Stato lanci un oggetto nello spazio sia tenuto al risarcimento dei danni causati da tale oggetto alla superficie terrestre o ad altri dispositivi spaziali, qualora tali danni siano riconducibili ad una sua condotta negligente. Esso stabilisce inoltre le norme per la composizione delle controversie in materia di risarcimento.
Dall’applicazione di tali norme derivano considerazioni giuridiche diverse16:

a. L’illegalità di generare detriti spaziali: per le cosiddette “nazioni spaziali” i detriti spaziali sono un risultato del tutto prevedibile della loro attività; esse, inoltre, hanno la possibilità tecnica di sapere in anticipo quando un oggetto spaziale diventerà un inutile relitto metallico. Pertanto, il fatto di abbandonare gli oggetti una volta terminata la loro vita utile non fa che aggravare un comportamento che, a nostro avviso, è eticamente e giuridicamente riprovevole. E, data la sua prevedibilità, tale condotta dovrebbe essere punibile come colpa grave ingiustificabile (o addirittura oggettiva, cfr. infra), le cui conseguenze dovrebbero pertanto gravare sullo Stato che genera i rifiuti.

b. Obblighi di ridurre i rifiuti e di ripristinare l’ambiente in cui si trovano. Il 24 gennaio 1978 una navicella spaziale segreta dell’Unione Sovietica, la Cosmos 954, che conteneva un piccolo reattore nucleare per alimentare le antenne radar e 50 kg di uranio arricchito, andò fuori controllo. La sua caduta è diventata la più pericolosa della storia per le persone sulla Terra. I suoi detriti sono stati dispersi in tutta la regione artica del Canada, un paese che, insieme agli Stati Uniti, ha intrapreso i lavori di bonifica.
Dopo aver espletato le procedure stabilite nella Convenzione sulla Responsabilità, lo Stato di avvio ha indennizzato lo Stato colpito. Fortunatamente, non vi è stata alcuna perdita di radioattività. Per il momento, però, questo caso costituisce un’eccezione.

c. Obblighi di partecipazione e scambio di informazioni per evitare situazioni di collisione, di partecipazione al processo di rimozione attiva e all’eventuale riciclaggio dei rifiuti; di individuazione e condivisione dell’onere finanziario, obblighi in merito al trasferimento di tecnologia.

La Convenzione sulla Responsabilità prevede la responsabilità internazionale assoluta17 dello Stato di lancio per i danni causati allo spazio, ai corpi celesti, allo spazio aereo o acquatico e alla superficie della Terra da oggetti spaziali. Ciò che non risulta chiaro da questa convenzione, né dalla Convenzione di Registrazione sugli Oggetti Spaziali, è la natura giuridica delle parti dell’oggetto spaziale che non sono identificabili per frammentazione.
Il fatto che gli oggetti spaziali siano stati creati dall’uomo e che il loro abbandono debba essere considerato un atto volontario, comporta che le relative conseguenze dannose debbano senz’altro essere ascritte ai responsabili alternativamente a titolo di dolo o colpa grave; ciò implica che tali fatti rientrino pacificamente nell’ambito applicativo della Convenzione sulla Responsabilità, la quale infatti prevede l’attribuzione di responsabilità tanto a titolo di colpa quanto a titolo di dolo, nonché per caso fortuito.
La frammentazione che deriva dall’abbandono degli oggetti spaziali implica che esista quantomeno una colpa cosciente.
Sebbene la responsabilità per danno nello spazio sia assoluta (nel senso che sarà chiarito più avanti), il danno non si verifica più solo nello spazio extraatmosferico; pertanto, nell’affrontare questo problema occorre tenere presente che la Convenzione sulla Responsabilità attualmente attribuisce la responsabilità dello Stato di lancio solo in caso di colpa. In ogni caso, l’ambito di responsabilità è lo stesso, indipendentemente dall’area in cui si è verificato il danno: la responsabilità è quindi sempre assoluta.
Se lo Stato di lancio non può essere identificato (ad esempio a causa delle piccole dimensioni dei frammenti che raggiungono la superficie terrestre), i danni, allo stato attuale delle cose, rimarranno senza possibilità di risarcimento. La conseguenza è l’arricchimento illecito di coloro che traggono profitto dalle attività spaziali.

È stato Aldo Armando Cocca, un pioniere argentino del diritto spaziale, a fornire la soluzione giuridica alla situazione che abbiamo prospettato. Cocca ha indicato che la soluzione in questo caso è creare un Fondo da integrare con le somme versate dalle nazioni spaziali, in proporzione all’attività sviluppata, dal quale possano essere tratte le somme richieste a titolo di risarcimento. Pertanto, se lo Stato di lancio non può essere individuato, alla parte o alle parti lese può essere fornito un risarcimento. Il Fondo, in ogni caso, dovrebbe entrare in gioco solo quando sia stata definitivamente chiarita la natura spaziale degli oggetti che hanno causato il danno.

Tale soluzione è simile ai contenuti e agli obiettivi del Comprehensive Environmental Response, Compensation and Liability Act (CERCLA)18 degli Stati Uniti d’America del 1980 (noto come “Superfund”), che autorizza l’Agenzia per la protezione ambientale (EPA) ad assumersi i costi della rigenerazione dei suoli contaminati nei casi in cui i responsabili non possano essere identificati. L’esperienza europea deriva dalla Direttiva 2004/35/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 21 aprile 200419, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (direttiva sulla responsabilità ambientale). Questa direttiva è già stata recepita nelle legislazioni nazionali europee e applica i principi della responsabilità oggettiva ai danni causati dagli esecutori di attività ivi elencate ed intrinsecamente pericolose (definite come “attività che destano preoccupazione reale o potenziale” per le acque e il suolo nell’aria); gli operatori che svolgono attività pericolose elencate nell’allegato III della Direttiva rientrano nelle ipotesi di responsabilità oggettiva (per cui non è necessario provare la colpa). Gli operatori che svolgono attività professionali diverse da quelle elencate nell’allegato III sono responsabili del danno arrecato alle specie o agli habitat naturali protetti a titolo di colpa. È sempre necessario stabilire un nesso causale tra l’attività e il danno. Le persone fisiche o giuridiche interessate e le ONG ambientaliste hanno il diritto di chiedere all’autorità competente di adottare misure correttive qualora lo ritengano necessario. Per ulteriori informazioni, si veda il link in nota20.

Tuttavia, riteniamo che questo regime apra la strada all’imposizione di una responsabilità oggettiva e illimitata per l’attività spaziale che può essere chiaramente definita come “intrinsecamente pericolosa”.
Nell’attuale quadro normativo europeo, si potrebbe anche ipotizzare la possibilità che le persone colpite dalla caduta di un oggetto spaziale (ad esempio, la caduta di oggetti testimoniata a Murcia, se fossero caduti in aree residenziali) possano adire lo Stato spagnolo sulla base della propria legge nazionale, in quanto la Spagna è parte delle convenzioni che regolano il lancio e la registrazione di oggetti spaziali o, anche, perché il paese coopera con paesi terzi nello sviluppo di programmi spaziali, ed ha altresì l’obbligo di proteggere il suo spazio aereo.
L’Accordo di Responsabilità prevede la responsabilità internazionale assoluta dello Stato di lancio per i danni causati allo spazio, ai corpi celesti, allo spazio aereo o acquatico e alla superficie della Terra da parte di oggetti spaziali. Ciò che non è chiaro da questo accordo, né dalla convenzione di registrazione sugli oggetti spaziali, è la natura giuridica delle parti dell’oggetto spaziale che non sono identificabili per frammentazione.
Il fatto che gli oggetti spaziali siano opera dell’uomo e che il loro abbandono sia conseguenza di un atto volontario pone le conseguenze dannose che essi possono provocare in un quadro di responsabilità (sia per colpa grave che per dolo) che aggrava la condotta coperta dalla convenzione sulla responsabilità, la quale non discrimina se il danno sia dovuto a colpa, dolo o caso fortuito. La frammentazione che segue l’abbandono degli oggetti si accompagna a una colpa cosciente.
Detto questo, dobbiamo affermare che, in base all’articolo I del Trattato sullo Spazio del 1967 che riconosce il diritto di tutti gli Stati di accedere, utilizzare ed esplorare lo spazio, la produzione di detriti spaziali non può di per sé essere considerata illecita. Tuttavia, la produzione di detriti spaziali può essere in alcuni casi illecita; ad esempio, quando provoca gravi o estremi danni o modifiche ambientali o interferisce con l’esplorazione e l’uso pacifico dello spazio.
Per quanto riguarda l’eventuale obbligo giuridico di ridurre i rischi associati ai detriti spaziali, occorre tener presente che non esiste alcun obbligo esplicito, ma che esiste un principio che impone di tenere in considerazione l’ambiente (come stabilito all’articolo IX del Trattato sullo spa- zio), in base al quale può ritenersi vietato intraprendere attività nello spazio che possano causare inquinamento nocivo dello spazio extra-atmosferico e adottare le opportune consultazioni internazionali qualora vi sia motivo di ritenere che l’attività pianificata possa potenzialmente causare interferenze dannose ad un altro Stato. Mentre la regola è principalmente finalizzata alla protezione dello “spazio esterno”, è chiaro che le nazioni spaziali hanno l’obbligo di adottare misure appropriate per prevenire o almeno minimizzare i danni ad altri Stati e aree al di fuori della loro giurisdizione e controllo. O, almeno, di ridurre al minimo tale rischio.
In breve, ci riferiamo alla “due diligence” necessaria nei casi nei quali il rischio sia evidente.
Supponendo l’esistenza di un danno ambientale derivante dalla caduta di un oggetto spaziale artificiale (ad esempio che causa un incendio boschivo), l’identificazione dello Stato di lancio è essenziale ai fini della determinazione della responsabilità.
Applicando il principio “chi inquina paga” in modo ampio, rigoroso e completo, il regime internazionale di responsabilità degli Stati di lancio dovrebbe essere esteso al fine di condannare specificamente gli Stati che producono e abbandonano i rifiuti, poiché questo atteggiamento inquina un ambiente che appartiene all’umanità attuale e che interesserà le generazioni future in misura non ancora pienamente apprezzabile. Dovrebbe essere creato un sistema comune di responsabilità spaziale e ambientale che, oltre ad obbligare al risarcimento totale e completo dei danni causati (incluso, in via esemplificativa e non limitativa, l’obbligo di ripristinare il sistema o i sistemi interessati al loro stato naturale), impedisca agli Stati responsabili dell’abbandono o della produzione dei resti nello spazio di effettuare lanci futuri per un periodo di tempo che potrebbe variare da sei mesi a un anno. E, nella misura in cui gli sviluppi tecnologici lo consentano, considerare anche l’approvazione di regolamenti che sanzionino l’abbandono come una pratica vietata.
Tali sviluppi richiederebbero probabilmente tre modifiche essenziali della Convenzione sulla Responsabilità.

1. l’inclusione di un’ampia definizione di “vittima” o “parte lesa” per estenderla all’ambiente in quanto “soggetto passivo” del danno spaziale: la formulazione attuale si riferisce esclusivamente allo “Stato” che subisce il danno;

2. la proroga dell’attuale termine di prescrizione di un anno dal verificarsi dei fatti che hanno causato il danno o dal momento in cui lo Stato leso avrebbe potuto “ragionevolmente” essere a conoscenza del danno (il che richiederebbe una nuova formulazione dell’articolo 10).(1) della Convenzione): la conoscenza effettiva può infatti acquisirsi molto tempo dopo il verificarsi dell’evento dannoso e dovrebbe essere chiarito il concetto di “ragionevole” (a seconda di quale sia l’evento pregiudizievole causato: contaminazione del suolo, danni al feto, ecc.);

3. data l’assoluta prevedibilità dei futuri danni che deriverebbero all’ambiente (terrestre, marino o di altra natura) da un’attività che crea o aggrava un rischio probabile, occorre stabilire il principio della “responsabilità assoluta e oggettiva” che dovrebbe prevalere sul principio della colpa quale requisito di punibilità. In base a tali orientamenti, anche la collocazione di un oggetto spaziale fuori uso in un’orbita “cimiteriale” dovrebbe essere considerata una pratica vietata.

Questi principi sarebbero rispettosi dell’articolo 12 della Convenzione sulla Responsabilità, il quale stabilisce che la responsabilità assoluta richiede che la vittima (o l’ambiente naturale in questo caso) sia lasciata “nella condizione che sarebbe esistita se il danno non si fosse verificato”. Questa enunciazione, che sembra simile a quella che corrisponde alla “responsabilità integrale”, ha una diversa sfumatura soggettiva rispetto alle vittime umane, nella misura in cui queste ultime hanno un significato statico (porre le cose nello stato precedente all’evento dannoso), la responsabilità assoluta aggiunge un profilo dinamico essenziale. In pratica tiene conto delle potenzialità della persona: cioè esamina in un’ottica di prognosi postuma, le prospettive della vittima nell’intero arco della vita. Come si vede, la responsabilità dello Stato di lancio si estenderebbe nel tempo, al di là di quanto accade con la responsabilità integrale, che è soddisfatta in un’unica soluzione risarcitoria.
Queste proposte si basano sul fallimento del sistema di sanzioni o ammende di natura pecuniaria finora in vigore. È emersa una consuetudine perversa secondo la quale alla condotta doverosa ex ante, basata sulla prudenza ambientale o la “diligenza dovuta”, viene preferita la compensazione ex post dei danni causati. Il principio “chi inquina paga” non dovrebbe essere applicato mediante il semplice pagamento di un’ammenda o una riparazione limitata dei danni causati (trasmettendo così il messaggio perverso che “inquinare paga”), ma dovrebbe estendersi nel tempo e in termini economici, consentendo il risarcimento to- tale e assoluto dei danni causati.

13 Http://www.unoosa.org/oosa/en/ourwork/spacelaw/treaties/introliability-con- vention.html.
14 Http://www.unoosa.org/oosa/en/ourwork/spacelaw/treaties/introouterspace- treaty.html.
15 Http://www.unoosa.org/oosa/en/ourwork/spacelaw/treaties/introregistration- convention.html.
16 A/AC.105/C.1/2011/CRP.14, p. 22 ss.
17 “Responsabilità Assoluta” comprende la riparazione “come se il danno non si fosse mai verificato più il risarcimento di eventi o circostanze previsti o posti in essere dal danneggiato e frustrati dall’evento dannoso”. Al contrario, la “Responsabilità Oggettiva (integrale)” si limita a fornire una riparazione come se il danno non si fosse verificato.
18 Https://www.epa.gov/laws-regulations/summary-comprehensive-environmental- response-compensation-and-liability-act.
19 Https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/HTML/?uri=CELEX:32004- L0035&from=EN
20 Http://ec.europa.eu/environment/legal/liability/.

7. Responsabilità per danni causati da oggetti spaziali

La Convenzione sulla Responsabilità stabilisce che la responsabilità sarà sempre internazionale e assoluta, creando un principio diverso da quello applicato in altri settori del diritto, ma vicino a quello della “responsabilità oggettiva” ambientale.
Nel diritto spaziale, lo Stato di lancio deve riparare (i) i danni alla vita, (ii) tutti i danni alla salute pubblica o privata e (iii) le perdite o i danni alle cose e ai beni, siano essi di proprietà di Stati, organizzazioni internazionali, persone fisiche o giuridiche. È assolutamente necessario includere il danno ambientale in questo ambito.

8. Conclusioni

1. I detriti spaziali sono prodotti principalmente perché gli oggetti abbandonati nello spazio entrano in collisione fra loro o con i meteoriti. Ad ogni collisione i frammenti aumentano geometricamente.

2. Gli Stati spaziali devono adottare un approccio preventivo. Essi possono facilmente prevedere che ogni oggetto lanciato diventerà – in un certo momento – detrito spaziale in grado di causare danni e devono dunque assumersene il rischio, adottando le misure necessarie per pre- venire i danni prevedibili. Le misure adottate finora sono chiaramente insufficienti. È necessario adottare una normativa che sanzioni l’abbandono degli oggetti spaziali (anche nelle c.d. “orbite cimitero”) e che dia la priorità al loro salvataggio.

3. Non sono stati rispettati i principi stabiliti nei trattati esistenti secondo cui l’esplorazione e lo sfruttamento dello spazio extraatmosferico e dei corpi celesti devono essere “non inquinanti”.

4. Le norme giuridiche vigenti non garantiscono a sufficienza il diritto delle vittime (o, comunque, delle parti lese) a un risarcimento asso- luto dei danni causati dalla caduta di detriti spaziali di origine non identificata. È inoltre necessario creare un fondo di solidarietà per risarcire i danni di qualsiasi tipo causati da particelle o frammenti non identificabili.

 

DETRITI SPAZIALI: RIFIUTI AD ALTO LIVELLO

MARIA DE LAS MERCEDES ESQUIVEL – ETTORE RODRÍGUEZ MOLNAR

Detriti Spaziali: rifiuti ad alto livello

I rifiuti spaziali sono oggetti abbandonati o non più utilizzabili che si trovano sull’orbita terrestre, nello spazio o su un corpo celeste.
Le principali questioni legali e ambientali in materia sono relative, in primo luogo, alla presenza di frammenti di oggetti spaziali lanciati nell’orbita geostazionaria terrestre (dove sono installati i satelliti per le telecomunicazioni) che interferiscono con i segnali trasmessi dalla superficie terrestre. In secondo luogo, le questioni più interessanti riguardano i danni ambientali e di altro genere che possono essere causati dal rientro di tali oggetti nell’atmosfera. Una strategia complessiva per affrontare la questione richiede un approccio collaborativo e una suddivisione dei costi tra gli Stati. L’articolo passa in rassegna le diverse questioni e l’approccio attualmente assunto dagli Stati.

Space debris is any object or part of it, abandoned or unusable in either the orbit of the Earth, the space or on a celestial body.
The most significant legal and environmental issues in this matter derive, first, from the presence of spatial fragments scattered in the geostationary orbit, (where telecommunications satellites are installed) interfering the communication signals launched from the earth surface. Secondly, the issues relate to the environmental and other damages that may be caused by such objects upon re-entering the earth atmosphere. A strategic plan to eliminate such orbital waste requires consensus through collaboration and sharing of expenses among States and the enforcement of a proper environmental approach to the matter. This article analyses the different issues and the approach undertaken by the States.

 

 

 

 

 

 

 

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