di Ada Lucia de Cesaris
Consiglio di Stato, Sez. II, 6 maggio 2021, n. 3535 – Pres. Lotti, Est. Manzione – Comune di Brindisi (avv.ti Guarino e Canepa) c. S. S.p.A. (avv. Grassi) e n.c.d. Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e Commissario delegato per l’emergenza rifiuti in Puglia (Avvocatura Generale dello Stato) e non costituiti in giudizio Regione Puglia, ARPA Puglia, Azienda U.s.l. Brindisi 1, F.M. S.r.l. e E. S.p.A.
Deve ritenersi “soggetto responsabile della contaminazione” anche il soggetto che succede nella società a titolo universale, poiché gli obblighi e le responsabilità conseguenti alla commissione dell’illecito sono trasmissibili per effetto di operazioni societarie straordinarie, quale è, per esempio, la fusione per incorporazione.
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 244 e 252 del decreto legislativo n. 152/2006 la competenza del Ministero dell’Ambiente per le attività inerenti i siti di interesse nazionale riguarda soltanto la fase della bonifica vera e propria, non estendendosi all’intimazione delle misure cautelari emergenziali che si pongono a monte delle attività di bonifica.
Nella pronuncia in commento il Consiglio di Stato, richiamando le ultime statuizioni dell’Adunanza Plenaria con riferimento alla declinazione del principio “chi inquina paga” in ambito societario, affronta ancora una volta la questione della trasmissione della responsabilità della contaminazione – e dei conseguenti obblighi di bonifica – in caso di successioni societarie a titolo universale, ritornando sul tema se possa essere considerato responsabile dell’inquinamento il soggetto che subentra all’autore dell’illecito, all’esito di plurime operazioni societarie straordinarie, come nei casi di fusione per incorporazione.
L’area oggetto del contenzioso in esame è nota alle cronache ambientali come “ex-area Micorosa”, compresa all’interno del Sito di Interesse Nazionale (SIN) di Brindisi e interessata, fra gli anni ’60 e gli anni ‘80, da un pesante inquinamento dovuto allo sversamento (incontrollato) di fanghi contenenti i residui provenienti dalla produzione in loco di acetilene da carburo da parte di più industrie petrolchimiche, tutte riconducibili al medesimo gruppo societario.
Con il ricorso è stato chiesto l’annullamento dell’ordinanza sindacale di intimazione a procedere alla messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale del sito, indirizzata alla società ex proprietaria del medesimo (successivamente incorporata nella ricorrente a seguito del perfezionamento di talune operazioni straordinarie), in solido con l’attuale proprietaria. La ricorrente aveva eccepito la propria estraneità ai fatti sia a livello soggettivo, in ragione della circostanza che l’ultimo sversamento di fanghi era avvenuto antecedentemente all’acquisto dell’area da parte della stessa, sia a livello oggettivo, non essendo più la medesima proprietaria del sito al momento dell’emanazione dell’atto impugnato. La ricorrente aveva inoltre sostenuto l’illegittimità anche formale del provvedimento, che si sarebbe posto in contrasto con l’inclusione dell’area all’interno di un SIN, per cui la competenza a disporne la bonifica sarebbe spettata esclusivamente al Ministero dell’Ambiente e non al Comune.
Il TAR nell’accogliere il ricorso aveva ritenuto rilevante la circostanza che l’ordinanza fosse stata emanata quando ormai l’area era divenuta di proprietà di altra società, sostenendo che non fosse possibile imporre alla ricorrente l’onere di eseguire la bonifica, in quanto non più nella disponibilità del sito.
Avverso la sentenza del TAR Puglia ha proposto appello il Comune, contestandola integralmente.
Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello e riformato la sentenza di primo grado, affermando la sussistenza della responsabilità della società appellata e, dunque, reputando corretta l’individuazione della stessa quale destinataria dell’obbligo di bonifica. Nel caso in esame, infatti, secondo il Consiglio di Stato, la società appellata altro non sarebbe che il “segmento terminale” di un avvicendarsi di operazioni societarie nell’ambito delle quali i soggetti coinvolti sarebbero di volta in volta subentrati (senza soluzione di continuità) nella pregressa gestione aziendale riguardante il sito oggetto dell’ordinanza contestata, così trasmettendosi dall’uno all’altro la responsabilità della contaminazione del medesimo.
Una decisione, quest’ultima, in linea con quanto affermato più volte dalla giurisprudenza amministrativa e più recentemente dall’Adunanza Plenaria (cfr. Cons. Stato, A.P., 22 ottobre 2019, n. 10 e 26 gennaio 2021, n. 3) secondo cui – ribadito che gli interventi di riparazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino gravano esclusivamente sul responsabile della contaminazione – rientra nella nozione di soggetto responsabile anche il subentrante a titolo universale, in quanto gli obblighi e le responsabilità conseguenti alla commissione dell’illecito devono ritenersi trasmissibili per effetto di operazioni societarie straordinarie che comportano tra i soggetti coinvolti una successione in universum jus (quali, per esempio, la fusione per incorporazione). La successione dell’incorporante negli obblighi dell’incorporata è espressione del principio cuius commoda eius et incommoda, “per cui alla successione di soggetti sul piano giuridico-formale si contrappone nondimeno sul piano economico-sostanziale una continuazione dell’originaria impresa e della sottostante organizzazione aziendale” (Cfr. Cons. Stato, A.P., 22 ottobre 2019, n. 10). Questa interpretazione, secondo la sentenza in commento, deve ritenersi conforme a quanto stabilito in prima istanza dall’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e alle misure del d.m. n. 471/1999 (vigenti al tempo dell’emanazione dell’ordinanza sindacale impugnata), poi riprese e ampliate dagli artt. 239 e ss. del d. lgs. n. 152/2006, norme che nel loro complesso hanno la “finalità di salvaguardia del bene-ambiente rispetto ad ogni evento di pericolo o di danno”[i] lontana da una logica meramente punitiva[ii], che rende doveroso il coinvolgimento nel ripristino dello stato dei luoghi anche dell’avente causa[iii] al di là della titolarità formale del sito al momento dell’emanazione dell’ordinanza di intimazione alla bonifica.
Emblematico in tal senso è proprio quanto è accaduto nel caso dell’area in oggetto, che durante tutto il periodo degli sversamenti delle sostanze inquinanti, è sempre appartenuta a soggetti riconducibili al medesimo gruppo societario che, come detto, si sono avvicendati l’uno all’altro a seguito di numerose operazioni societarie a titolo universale, fino all’odierna appellata.
Con riferimento, infine, al tema della competenza in materia di ordinanze di bonifica, il Consiglio di Stato ha precisato che la competenza del Ministero dell’Ambiente “attiene alla fase della bonifica vera e propria, non all’intimazione delle misure cautelari emergenziali che si pongono a monte della stessa, siccome ormai chiarito dal combinato disposto degli artt. 244 e 252 del d.lgs. n. 152 del 2006” [iv] e rispetto alle quali, all’epoca dei fatti, ente competente era il Comune ai sensi del d.m. n. 471/1999 (potere successivamente trasferito alla Provincia dall’art. 244 del D.Lgs. n. 152/2006).
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RGA-Luglio 2021_CdS_3535_2021 (002)
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Cons. Stato 6 maggio 2021, n. 3535
Note:
[i] Punti 15.1 e 18 della sentenza in esame.
[ii] Cfr. Cons. St., A.P., ord. 13 novembre 2013, nn. 21 e 25.
[iii] Principio recentemente esteso anche al curatore fallimentare ad opera della citata pronuncia Cons. St., A.P., 26 gennaio 2021, n. 3, richiamata altresì nella sentenza in commento.
[iv] Punto 25 della pronuncia in commento.