Sulla rilevanza ai fini paesaggistici di ogni tipo di volume, anche quello tecnico.

Sulla rilevanza ai fini paesaggistici di ogni tipo di volume, anche quello tecnico.

di Roberto Gubello

Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 giugno 2021, n. 4468 – Pres. Santoro, Est. Sabatino – F.M. ed altri (Avv.ti Lago, Manzi, Pellegrino) c. C. Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed altri (Avv. Stato).

Ai fini di tutela del paesaggio, il divieto di incremento dei volumi esistenti si riferisce a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, non potendosi distinguere tra volume tecnico e altro tipo di volume, interrato o meno; in tali casi è precluso il rilascio di autorizzazioni in sanatoria, ai sensi dell’art. 167, comma 4, decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. 

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Con la pronuncia in commento il Consiglio di Stato conferma la sentenza di primo grado, resa in forma semplificata ai sensi dell’art. 74 c.p.a., con la quale il Tar Veneto aveva ritenuto la legittimità del provvedimento di rigetto dell’istanza di compatibilità paesaggistica riferita ad un intervento che aveva comportato un aumento di volume in difformità dall’autorizzazione paesaggistica[i].

In particolare, con il provvedimento impugnato l’amministrazione comunale aveva negato il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria rispetto ad un intervento di sopraelevazione finalizzata al posizionamento di canalizzazioni di ventilazione degli ambienti e, quindi, alla creazione di un volume tecnico, come tale da non conteggiare – per espressa previsione del regolamento edilizio comunale – ai fini propriamente edilizi.

Con la pronuncia in commento il Consiglio di Stato ribadisce il principio generale per cui, ai fini di tutela del paesaggio, il divieto di incremento dei volumi esistenti debba riferirsi a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, non potendosi distinguere tra volume tecnico e altro tipo di volume, interrato o meno[ii]; con ogni conseguenza in termini di impossibilità per l’amministrazione competente a rilasciare, in tali casi, autorizzazioni in sanatoria ai sensi dell’art. 167, comma 4, d.lg. 42/2004[iii].

In sostanza, per il legislatore e la giurisprudenza che fa applicazione del dato normativo, ai fini delle valutazioni inerenti al paesaggio, la variazione volumetrica rileva sic et simpliciter come fatto giuridico, indifferentemente dalle ragioni che l’hanno determinata[iv].

In tale direzione e sempre ai predetti fini, per volume deve intendersi anche il volume tecnico, ogni qual volta lo stesso incida sulla percezione del paesaggio, con conseguente irrilevanza di ogni argomentazione vertente sulla natura (tecnica o meno) del volume, sulla sua collocazione (se interrato o meno) e sul suo (marginale o meno) dimensionamento.

D’altronde, la giurisprudenza prevalente e condivisibile ha in più sedi ribadito come “il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, si riferisce a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume, sia esso interrato o meno[v].

In tal modo, il Giudice amministrativo ha ancora una volta inteso precisare come ogni nuovo volume assuma, comunque, rilevanza ai fini paesaggistici nella misura in cui possa determinare una alterazione dello stato dei luoghi, a prescindere dal fatto che lo stesso volume possa essere considerato non rilevante e, come tale, non essere oggetto di computo fra le volumetrie assentibili ai fini propriamente edilizi[vi].

Ciò in quanto la valutazione ai fini paesaggistici è distinta da quella urbanistico-edilizia, poiché l’una e l’altra sono destinate a svolgere funzioni diverse, e a tutelare interessi pubblici non coincidenti: mentre la seconda riguarda la compatibilità dell’opera con l’ordinato incremento e governo del territorio, la prima ha ad oggetto la conformità della stessa con la fruizione del paesaggio in una zona particolarmente tutelata sotto questo profilo[vii].

Infatti, come efficacemente descritto dal Consiglio di Stato, “sul piano del metodo, ciascun costrutto normativo deve essere osservato con la “lente” del suo specifico contesto disciplinare. Le qualificazioni giuridiche rilevanti sotto il profilo urbanistico ed edilizio non sono automaticamente trasferibili quando si tratti di qualificare le opere sotto il profilo paesaggistico. La regola che in materia urbanistica porta ad escludere i “volumi tecnici” dal calcolo della volumetria edificabile, trova fondamento nel bilanciamento rinvenuto tra i vari e confliggenti interessi connessi all’uso del territorio. Non può pertanto essere invocata al fine di ampliare le eccezioni al divieto di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, il quale tutela l’interesse alla percezione visiva dei volumi, del tutto a prescindere dalla loro destinazione d’uso[viii].

D’altronde, le predette conclusioni appaiono pienamente coerenti con il tenore letterale dell’art. 167, comma 4, d.lg. 42/2004, non essendo consentito all’interprete ampliare la (chiara) portata di tale norma – che costituisce eccezione al principio generale della necessità del previo assenso – per ammettere fattispecie testualmente, e senza distinzione alcuna, escluse.

Né in tal senso può, a parere dei Giudici amministrativi, riconoscersi valenza alcuna alla circolare n. 33 del 26 giugno 2009 con la quale il MI.B.A.C. ha ritenuto di escludere dalla nozione di volume rilevante ai fini di cui si discute, per l’appunto, i volumi tecnici.

Anche su questo punto sono numerose le pronunce che – ‘derubricando’ la predetta interpretazione ad espressione di un potere di mero indirizzo, esercitato con un atto interno, privo di efficacia precettiva autonoma o di ordine – hanno ribadito la necessità di interpretare la norma nei soli e stringenti limiti in cui la stessa risulti conforme alla legge[ix].

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

Cons.Stato 4468.2021 (1)

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Gubello_ART_Cons.St.4468.2021

Note:

[i] L’articolo 167 d.lg. 22 gennaio 2004, n. 42 (c.d. Codice dei beni culturali e del paesaggio, prevede che:

1. In caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti dal Titolo I della Parte terza, il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese, fatto salvo quanto previsto al comma 4.

  1. Con l’ordine di rimessione in pristino è assegnato al trasgressore un termine per provvedere.
  2. In caso di inottemperanza, l’autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica provvede d’ufficio per mezzo del prefetto e rende esecutoria la nota delle spese. Laddove l’autorità amministrativa preposta alla tutela paesaggistica non provveda d’ufficio, il direttore regionale competente, su richiesta della medesima autorità amministrativa ovvero, decorsi centottanta giorni dall’accertamento dell’illecito, previa diffida alla suddetta autorità competente a provvedervi nei successivi trenta giorni, procede alla demolizione avvalendosi dell’apposito servizio tecnico-operativo del Ministero, ovvero delle modalità previste dall’articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a seguito di apposita convenzione che può essere stipulata d’intesa tra il Ministero e il Ministero della difesa. (329)
  3. L’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:
  4. a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
  5. b) per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica;
  6. c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
  7. Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile o dell’area interessati dagli interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all’autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell’accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore è tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L’importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui al comma 1. La domanda di accertamento della compatibilità paesaggistica presentata ai sensi dell’articolo 181, comma 1-quater, si intende presentata anche ai sensi e per gli effetti di cui al presente comma.
  8. Le somme riscosse per effetto dell’applicazione del comma 5, nonché per effetto dell’articolo 1, comma 37, lettera b), n. 1), della legge 15 dicembre 2004, n. 308, sono utilizzate, oltre che per l’esecuzione delle rimessioni in pristino di cui al comma 1, anche per finalità di salvaguardia nonché per interventi di recupero dei valori paesaggistici e di riqualificazione degli immobili e delle aree degradati o interessati dalle rimessioni in pristino. Per le medesime finalità possono essere utilizzate anche le somme derivanti dal recupero delle spese sostenute dall’amministrazione per l’esecuzione della rimessione in pristino in danno dei soggetti obbligati, ovvero altre somme a ciò destinate dalle amministrazioni competenti.

[ii]  In senso conforme si veda, da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 4 gennaio 2021, n. 40; in senso conforme Cons. Stato, sez. VI, 3 giugno 2019, n. 3732. Cons. Stato, sez. VI, 15 giugno 2020, n. 3805 fa applicazione del medesimo principio in una situazione relativa a un sottotetto che non avrebbe avuto alcuna incidenza sugli standard urbanistici in quanto volume tecnico destinato ad assolvere a funzioni di isolamento termico.

[iii] Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 2018, n. 6904 secondo cui “il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, si riferisce infatti a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume, sia esso interrato o meno. Tale preclusione, all’evidenza, vale tanto più laddove, come nella fattispecie in esame, i nuovi volumi siano del tutto esterni”; conf. Cons. Stato, sez. VI, 26 novembre 2018, n. 6671; Cons. Stato, sez. VI, 19 settembre 2018, n. 5463.

[iv] A ben vedere, nella pronuncia in commento, il Consiglio di Stato dà atto dell’esistenza di un filone giurisprudenziale che richiederebbe un accertamento ‘caso per caso’ della rilevanza, ai fini paesaggistici, dell’incremento volumetrico, salvo precisare come, comunque, nel caso di specie “le opere eseguite in difformità dall’autorizzazione paesaggistica comprendevano una modifica delle falde di copertura dell’ampliamento realizzato sulle terrazze del secondo piano dell’edificio, adibito a ristorante […] con incremento delle altezze tale da determinare un aumento dei volumi legittimamente assentiti e da ingenerare una alterazione percepibile di rilevanza paesaggistica dello stato dei luoghi” .

[v] Ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 24 aprile 2017, n. 1907. In termini coerenti, Cons. Stato, sez. VI, 3 giugno 2019, n. 3732; Cons. Stato, sez. VI, 18 gennaio 2019, n. 470; T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 9 ottobre 2019, n. 1719; T.A.R. Marche, Ancona, sez. I, 1 luglio 2019, n. 444; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 7 dicembre 2018, n. 7003.

[vi] T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 7 dicembre 2018, n. 7003.

[vii] T.A.R. Toscana, Firenze, sez. II, 17 giugno 2019, n. 885.

[viii] Cons. Stato, sez. VI, 24 aprile 2017, n. 1907.

[ix] T.A.R. Umbria, Perugia, sez. I, 29 novembre 2011, n. 388, confermata da Cons. Stato, sez. VI, 24 aprile 2017, n. 1907.