di Alessandro Kiniger
Consiglio di Stato, sez. VI – 1° luglio 2021, n. 5025 – Pres. Montedoro, Est. Lamberti – XXX s.r.l. (avv.ti Deflorian e Dell’Anno) c. Provincia Autonoma di Bolzano (avv.ti Costa, Segna, Von Guggenberg e Cavallar), Comune di Cortaccia (avv.ti Boezio e Galdenzi) e altri (n.c.)
Il principio di prossimità che impone il trattamento di rifiuti speciali nella regione ove gli stessi sono prodotti, seppur non vincolante, deve essere tenuto in considerazione, insieme agli altri criteri rilevanti pe lo smaltimento di predetti rifiuti..
Il contesto
La disciplina in tema di rifiuti organizza la gestione dei principali macro-flussi (urbani, speciali, urbani indifferenziati, …) sulla base del trattamento di destinazione prescelto e in conformità a specifici principi, criteri di priorità e divieti. Le indicazioni oggi vigenti sono di derivazione comunitaria e, nel tempo, hanno trovato una declinazione territoriale anche nei diversi piani regionali (o provinciali) di gestione dei rifiuti.
La pronuncia del Consiglio di Stato in commento affronta il tema del rapporto tra le indicazioni gestionali previste in tema di rifiuti speciali, distinguendo quelle con carattere obbligatorio (come i divieti generalizzati) da quelle che individuano in capo agli operatori del settore ed alla P.a. forme di gestione preferenziali ma non vincolanti (come principi e criteri).
Focalizzandosi sui rifiuti speciali, la pronuncia non tratta dei principi che governano la gestione delle frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata e destinati a riciclaggio e recupero, per i quali resta ferma la libera circolazione sul territorio nazionale, anche al fine di garantire trattamenti più efficaci e di alta qualità.
La vicenda
Il giudizio ha ad oggetto la deliberazione della Giunta provinciale di Bolzano con cui è stata rigettata l’istanza per la realizzazione di un nuovo impianto di trattamento termico di rifiuti speciali non pericolosi (aventi prevalentemente codice EER 19.12.12.).
Alla base della delibera oggetto di impugnazione l’amministrazione resistente ha posto il parere negativo espresso dal Comitato ambientale, nel quale si afferma l’impossibilità di valutare il rispetto del principio di prossimità considerato che delle 95.000 tonnellate di capacità massima dell’impianto «sarebbe nota la provenienza soltanto di 24.000 tonnellate delle tipologie di rifiuto nominate che vengono prodotti in Alto Adige».
Il TRGA di Bolzano ha respinto il ricorso di primo grado e confermato la legittimità della deliberazione provinciale di rigetto. In particolare, come riportato dal Consiglio di Stato, il TRGA Bolzano ha affermato:
- che il provvedimento gravato non avrebbe vietato l’importazione e la circolazione di rifiuti speciali, essendosi limitato solo a dichiarare l’impossibilità di valutare la provenienza dei rifiuti speciali che l’impianto intenderebbe gestire e, conseguentemente, il rispetto del principio di prossimità;
- che il principio di prossimità trova applicazione sia in relazione allo smaltimento dei rifiuti urbani, sia con riguardo al recupero dei rifiuti speciali;
- che a questo principio è ispirato anche il Piano di gestione dei rifiuti speciali della Provincia di Bolzano;
- che per valutare il rispetto del principio di prossimità occorre conoscere la provenienza originaria dei rifiuti speciali necessari per alimentare l’impianto;
- infine, che il progetto proposto dalla ricorrente violerebbe sia il principio di prossimità, sia quello di specializzazione previsti dalla disciplina nazionale.
La legittimità del provvedimento impugnato è stata confermata anche dal Consiglio di Stato, che ha rigettato l’appello proposto contro la sentenza di primo grado.
La decisione
Dopo aver richiamato i principi espressi dal TRGA nella sentenza appellata, il Consiglio di Stato ha innanzitutto ricordato i principali riferimenti normativi rilevanti nel caso di specie, ovverosia:
- l’art. 16 della direttiva 2008/98/Ce, relativa ai principi di autosufficienza e prossimità nella gestione dei rifiuti urbani indifferenziati, che riguarda in particolare lo smaltimento ed il recupero e che deve essere realizzato tramite una rete integrata e adeguata di impianti;
- l’art. 178 del d.lgs. 152/2006 sui principi della gestione dei rifiuti, fra i quali rientrano quelli di efficacia ed efficienza;
- l’art. 179 del d.lgs. 152/2006 che descrive la gerarchia nella gestione dei rifiuti, ovverosia l’ordine di priorità di ciò che concerne la migliore opzione ambientale che tanto la pubblica amministrazione quanto gli operatori privati devono perseguire;
- l’art. 182-bis del d.lgs. 152/2006, relativo ai principi di autosufficienza e prossimità nello smaltimento dei rifiuti e nel recupero della frazione indifferenziata dei rifiuti urbani;
- l’art. 199 del d.lgs. 152/2006 sui piani regionali per la gestione dei rifiuti, che al comma 3 lett. g) vuole assicurare lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione dei rifiuti stessi.
Il Consiglio di Stato ha quindi richiamato la giurisprudenza della Corte Costituzionale che negli anni ha affrontato il rapporto tra i diversi criteri gestionali previsti dalla normativa.
In un primo momento la Consulta aveva riconosciuto la cogenza dei principi di prossimità ed autosufficienza solo per i rifiuti urbani e non anche per gli speciali, per i quali occorreva considerare le esigenze di specializzazione nelle operazioni di trattamento derivanti dalle loro peculiari caratteristiche (sent. n. 505/2002).
Successivamente, la medesima Corte, pur avendo affermato che un divieto di smaltimento extraregionale è applicabile solo ai rifiuti urbani non pericolosi e non ai rifiuti speciali (pericolosi o meno), ha affermato che «nella disciplina statale l’utilizzazione dell’impianto di smaltimento più vicino al luogo di produzione dei rifiuti speciali viene a costituire la prima opzione da adottare, ma ne “permette” anche altre» (sent. n. 10/2009).
Peraltro, ha affermato il Consiglio di Stato, anche in termini più strettamente territoriali il Piano di gestione dei rifiuti speciali della Provincia di Bolzano prevede tra i propri obiettivi quello di «favorire il trattamento di rifiuti in provincia/ principio di prossimità; favorire il trattamento dei rifiuti in provincia e garantire, per quanto possibile, lo smaltimento dei rifiuti speciali in prossimità dei luoghi di produzione».
Sulla base di queste premesse normative e giurisprudenziali, il Consiglio di Stato ha affermato che il principio di prossimità vale non solo per i rifiuti urbani (destinati a smaltimento o a recupero, se indifferenziati) ma anche per i rifiuti speciali.
In particolare, a detta del Collegio, il principio è da intendere nel senso che pur non esistendo un vero e proprio divieto di smaltimento/recupero dei rifiuti speciali fuori regione, la prima opzione da adottare (ma non la sola) consiste nell’utilizzazione dell’impianto di smaltimento più vicino al luogo di produzione dei rifiuti.
Non è la prima volta che questo principio viene affermato. Il Collegio stesso ha richiamato proprie precedenti pronunce nelle quali si è sostenuto che «per i rifiuti speciali ha rilievo primario il criterio della specializzazione dell’impianto, in relazione al quale deve essere coordinato il principio di prossimità, con cui si persegue lo scopo di ridurre il più possibile la movimentazione di rifiuti» (sent. n. 1556/2015).
Conclusioni
Alla luce di quanto sopra il Consiglio di Stato ha affermato che «pur dovendosi escludere una soluzione che preveda il divieto assoluto di trattamento di rifiuto speciali provenienti da altre regioni, il criterio della prossimità deve comunque ritenersi un criterio di cui tenere conto anche per i rifiuti speciali, unitamente agli ulteriori criteri rilevanti, ai fini della valutazione in questione».
Di conseguenza, il Collegio ha ritenuto di condividere la sentenza del TRGA Bolzano e, per l’effetto, ha confermato la legittimità del provvedimento provinciale di bocciatura del progetto.
Nel caso di specie, infatti, il criterio di prossimità sarebbe stato del tutto trascurato nella proposta progettuale, avendo la Provincia rilevato che «la capacità di trattamento dell’impianto, pari a 95.000 tonn/annue di rifiuti, sarebbe coperta per la gran parte (ca. 66.000 tonn/annue) da rifiuti di cui allo stato non è nota la provenienza e la natura, dal momento che la quantità di rifiuti disponibili sul territorio provinciale non corrisponde a quanto indicato in progetto (sommando le due tipologie di rifiuti (ca. 29.000 tonn/annue)».
Per il testo della sentenza cliccare sul pdf allegato (estratto dal sito di Giustizia Amministrativa).
Consiglio di Stato n. 5025-2021
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