Responsabilità ambientale dell’acquirente di un fondo: il ruolo del “detentore”

Responsabilità ambientale dell’acquirente di un fondo: il ruolo del “detentore”

di Elena Felici e Valentina Brovedani

TAR Lombardia, Milano, sez. III, 8 ottobre 2021, n. 2191 – Pres. Di Benedetto, Est. Cozzi – Omissis (avv.ti Simona Motta, Max Diego Benedetti, Erica Bianco) c. Comune di Mede (avv. Francesco Adavastro), Ministero dell’Interno U.T.G. (Avvocatura Distrettuale dello Stato), n.c.d. Arpa Lombardia-Dipartimento di Lodi e Pavia, Regione Carabinieri Forestale “Lombardia” – gruppo di Pavia, nucleo investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale, Ministero Difesa, Ministero della Giustizia (non costituite in giudizio).

Colui che acquista un fondo su cui sono presenti rifiuti abbandonati è tenuto, secondo ordinaria diligenza, alla rimozione e allo smaltimento dei rifiuti speciali, siano essi pericolosi e non, e al ripristino dello stato dei luoghi.

L’acquirente risponde in via solidale con l’autore dell’abbandono e si identifica quale soggetto obbligato ad eseguire l’intervento di cui all’art. 192, comma 3, D.Lgs. 152/2006, in quanto detentore dell’immobile, alla luce della più recente giurisprudenza amministrativa.

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Con la sentenza in commento, il Tribunale Amministrativo per la Lombardia torna a pronunciarsi sulla discussa posizione dell’acquirente di un fondo gravato da rifiuti abbandonati in periodo precedente il momento dell’acquisto.

La decisione in questione tratta infatti uno dei temi più caldi della giurisprudenza, ovverosia la legittimità delle ordinanze adottate dai Sindaci dei Comuni, ai sensi dell’art. 192, comma 3, D.Lgs. 152/2006, con cui viene ordinato ai proprietari “incolpevoli” dell’immobile di provvedere alla rimozione e allo smaltimento dei rifiuti abbandonati sul fondo, nonché al ripristino dello stato dei luoghi.

Nel caso di specie, il proprietario “incolpevole” è l’acquirente di un fondo sul quale erano stati abbandonati rifiuti dal precedente proprietario/operatore del sito.

La decisione fa, innanzitutto, un interessante excursus sulle principali sentenze che hanno definito via via il perimetro della responsabilità del proprietario nel caso di rifiuti abbandonati da terzi.

Da questo punto di vista, la decisione del TAR ribadisce il principio secondo cui l’obbligo di rimozione dei rifiuti e il ripristino dello stato dei luoghi in capo all’autore dell’illecito è in solido con il proprietario dell’area, solo laddove quest’ultimo abbia agito a titolo di dolo o di colpa.

Precisa la sentenza che l’art. 192 D.Lgs. 152/2006 costituisce indubbia “attuazione del principio “chi inquina paga”, sancito a livello comunitario dall’art. 191, paragrafo 2, TFUE, dal considerando 18, e dagli articoli 1 e 8, della direttiva 2004/35/CE (relativa al danno ambientale), nonché dal considerando 1 e dall’art. 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/98/CE (relativa ai rifiuti)”.

E infatti, l’art. 192, al primo comma, sanziona l’autore dell’abbandono e del deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo e impone in capo a quest’ultimo l’obbligo di rimozione, di avvio a recupero o a smaltimento dei rifiuti stessi e di ripristino dello stato dei luoghi.

Al terzo comma, la norma estende i medesimi obblighi in capo al proprietario o al titolare di diritti reali o personali di godimento sull’area sulla quale i rifiuti sono stati abbandonati, a condizione che costui abbia dolosamente o colposamente compartecipato alla violazione.

La giurisprudenza amministrativa ha effettuato negli anni un’opera di perimetrazione della diligenza richiesta, ammettendo di volta in volta che il requisito della colpa ben possa consistere anche in un’omissione “delle cautele e degli accorgimenti che l’ordinaria diligenza suggerisce ai fini di un’efficace custodia e protezione dell’area” al fine di impedire, o quantomeno limitare, l’illecito sversamento o abbandono di rifiuti da parte di terzi (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 20 ottobre 2020, n 6326), escludendo che la responsabilità e quindi la condanna del proprietario di un terreno agli adempimenti previsti dall’art. 192 del D.Lgs. 152/2006 possa essere fondata sul mero dato della proprietà del suolo su cui l’illecito si è realizzato. Responsabilità e conseguente condanna necessitano di un accertamento serio e in contraddittorio dell’elemento soggettivo e del nesso causale, escludendosi che possa trattarsi di un caso di responsabilità oggettiva (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 15 dicembre 2020, n. 08054; e in senso conforme, tra le altre, Cons. Stato, Sez. II. n. 6326/2020; Cons. Stato, Sez. V, n. 4781/2018; Cons. Stato, Sez. IV, n. 3430/2018).

Con riferimento alla particolare posizione del proprietario “incolpevole” in quanto acquirente di un sito (già) inquinato o sul quale sono stati abbandonati rifiuti da terzi, è venuto formandosi un orientamento diverso, che, secondo la decisione che qui si commenta, distinguerebbe la posizione di tale soggetto da quella del proprietario “incolpevole” che non abbia la detenzione del bene (e dei rifiuti).

Come precisato dal TAR, a partire dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 2013 (sentenze n. 21 del 25 settembre 2013 e n. 25 del 13 novembre 2013) è stato, innanzitutto, escluso che l’obbligo gravante sull’autore della violazione possa trasferirsi con la circolazione del diritto di proprietà, coerentemente rispetto a quanto sostenuto dalla giurisprudenza europea (Corte giustizia Unione Europea, sez. III, 4 marzo 2015, causa C-534/13).

Sottolinea quindi il TAR che “La successiva giurisprudenza ha poi precisato che solo il successore universale (ad es. società incorporante) subentra nell’obbligo di cui si discute (cfr. Consiglio di Stato sez. IV, 1 aprile 2020, n. 2195 che richiama i principi espressi da Consiglio di Stato, ad plen. N. 10 del 22 ottobre 2019). Secondo questa impostazione, dunque, all’acquirente del fondo contaminato o luogo di abbandono rifiuti (successore a titolo particolare) non viene trasferito l’obbligo di rimessa in pristino che grava sul cedente, precedente proprietario e autore della violazione”.

Ciò premesso, è opinione del TAR che in questo quadro si siano innestate alcune importanti decisioni che “ne hanno in parte modificato le conclusioni.

In tal senso, il TAR Lombardia richiama l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del 26 gennaio 2021, che ha recentemente statuito che il curatore fallimentare è gravato dell’obbligo di rimuovere i rifiuti presenti sul fondo facente parte dell’attivo fallimentare, per il solo fatto di essere detentore dello stesso, pur senza essere responsabile e quindi a prescindere dall’esistenza dell’elemento soggettivo di cui all’art. 192[i]. L’Adunanza giunge a questa conclusione sulla scorta dell’art. 14, paragrafo 1, della Direttiva n. 2008/98/C, secondo cui, in base al principio chi “inquina paga”, i costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti, fra l’altro, “dai detentori del momento” (la sentenza specifica che “la norma citata si riferisce in realtà specificamente al detentore dei rifiuti ma l’adunanza plenaria ha ritenuto che il riferimento ricomprenda anche il detentore del fondo sul quale i rifiuti sono stati abbandonati”), e che soltanto chi non è detentore  potrebbe invocare la c.d. “esimente interna” di cui all’art. 192, e quindi potrebbe essere tenuto responsabile in solido solo a seguito del rigoroso accertamento dell’esistenza dell’elemento soggettivo, se pure in forma di omesso controllo o omessa adozione delle cautele necessarie ad evitare l’illecito.

Nel solco dell’Adunanza plenaria, anche se con profili diversi, si sono mosse altre decisioni che, sulla scorta del medesimo principio – ma con una non irrilevante confusione tra la disciplina relativa ai rifiuti e quella, diversa, dettata in materia di bonifica – hanno di volta in volta ritenuto la legittimazione passiva dell’acquirente di un’area sulla quale erano presenti rifiuti abbandonati da terzi (cfr. ad esempio, Cons. Stato, n. 6179/2021; Cons. Stato, n. 5447/2021).

Tali decisioni, come peraltro quella in commento, sembrano individuare la fonte delle responsabilità nella consapevolezza da parte dell’acquirente della situazione di degrado, prima ancora che nel rapporto di detenzione in sé considerato[ii].

Infatti, anche nel caso oggetto della decisione del TAR i giudici richiamano, è vero, i principi enunciati dall’Adunanza Plenaria, ribadendo che tale sentenza “ha incentrato la tutela dell’ambiente intorno al fondamentale cardine della responsabilità del proprietario in chiave dinamica, ossia nel senso di ritenere responsabile degli oneri di bonifica e ripristino anche il soggetto non direttamente responsabile della produzione del rifiuto, il quale sia divenuto tuttavia proprietario e detentore dell’area o del sito in cui è presente ….”.

Peraltro, poi, in sostanza non si discostano dal criterio della colpa, avendo precisato che, nel caso concreto, l’area era stata acquistata ad un prezzo molto più basso del valore reale con la conseguenza che “la condotta del ricorrente deve ritenersi connotata da colpa, avendo questi perlomeno dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza, che al momento dell’acquisto erano su di essa presenti rifiuti abbandonati”.

In virtù di tale concezione, il TAR Lombardia ha dichiarato la legittimità dell’ordinanza con cui il Sindaco ha individuato il ricorrente, acquirente del fondo già interessato da abbandono di rifiuti, quale soggetto obbligato a eseguire gli interventi di cui all’art. 192 del D.Lgs. 152/2006.

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Elena Felici_RGA Online – nota a TAR Lombardia 2191_2021 REV LETTO RT

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Ammnistrativa) cliccare sul pdf allegato.

Tar Lombardia, 2191_2021

Note:

[i] Sul punto si rinvia a: F. Vanetti, L’Adunanza Plenaria chiarisce gli obblighi di intervento del curatore fallimentare rispetto ad interventi di bonifica e rimozione dei rifiuti, in questa Rivista, Febbraio 2021.

[ii] Sul punto (e in particolare in commento a Cons. Stato, n. 6179/2021) si rinvia a: A. D. De Cesaris e E. Gregori Ferri, Responsabilità e obblighi del proprietario di un’area su cui insistono rifiuti abbandonati, in questa Rivista, Novembre 2021.