Presupposti del concorso fra il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e l’associazione per delinquere

Presupposti del concorso fra il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e l’associazione per delinquere

di Elisa Marini

CASSAZIONE PENALE, Sez. III – 25 novembre 2021 (dep. 14 gennaio 2022), n. 1348 – Pres. Ramacci, Est. Musella– ric. M. D. – I. D. – T. F. – I. R. – M. A. – D.P. G. – R.M.

Ai fini del concorso tra il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e quello associativo di cui all’art. 416 c.p. è necessaria la presenza degli elementi costitutivi di entrambi: ne consegue che la sussistenza del reato associativo non può ricavarsi dalla mera sovrapposizione della condotta descritta nell’art. 452 quaterdecies c.p. con quella richiesta per la configurabilità dell’associazione per delinquere, poiché tale ultimo reato richiede la predisposizione di un’organizzazione strutturale, sia pure minima, di uomini e mezzi, funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti nella consapevolezza, da parte di singoli associati, di far parte di un sodalizio durevole e di essere disponibili ad operare nel tempo per l’attuazione del programma criminoso comune, che non può però essere individuata nel mero allestimento di mezzi e attività continuative organizzate e nel compimento di più operazioni finalizzate alla gestione abusiva di rifiuti indicate dall’art. 452 quaterdecies c.p., essendo necessaria un’attiva e stabile partecipazione ad un sodalizio criminale per la realizzazione di un indeterminato programma criminoso.

Pronunciandosi su un ricorso scaturito dal rigetto di una richiesta di riesame proposta avverso un’ordinanza cautelare personale, la Corte di Cassazione ha avuto occasione di affrontare due interessanti tematiche giuridiche relative al delitto di cui all’art. 452 quaterdecies c.p.: la prima concernente il profilo della competenza territoriale, a fronte di un motivo che denunciava la violazione di legge in ordine all’individuazione del locus commissi delicti (e, dunque, dell’Autorità Giudiziaria territorialmente competente); la seconda, in materia di concorso fra reati, relativa al rapporto tra il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e quello di associazione per delinquere.

Avendo il tema della competenza territoriale già costituito oggetto di approfondimento nel precedente numero di questa Rivista[1] – a commento di una sentenza che si era espressa, sul punto, negli stessi termini di quella de qua – la relativa questione verrà trattata in via di sintesi, mentre il focus principale dell’odierno contributo atterrà all’analisi del potenziale concorso tra il delitto di cui all’art. 452 quaterdecies c.p. e quello previsto dall’art. 416 c.p.

In punto di competenza territoriale, la Corte ha ribadito il principio, già più volte espresso[2], secondo cui il luogo di consumazione del reato di cui all’art. 452 quaterdecies c.p. – che si concretizza nella commissione di una pluralità di operazioni di traffico illecito di rifiuti attraverso l’allestimento di mezzi ed attività continuative organizzate – va individuato in quello in cui avviene la reiterazione delle condotte illecite, in quanto elemento costitutivo del reato, precisando ulteriormente che la competenza territoriale del giudice distrettuale presuppone che sia accertato il luogo di consumazione del delitto compreso tra quelli indicati nell’art. 51, comma 3 bis, c.p.p. (nel cui novero è, come noto, inserito quello di cui all’art   452 quaterdecies c.p.), sulla base delle regole stabilite negli artt. 8 e 9, comma 1, c.p.p., o, quando sia impossibile, in base a quelle del successivo art. 16, potendosi far ricorso ai criteri sussidiari indicati nel citato art. 9, commi 2 e 3 solo in via residuale, “allorché non possano trovare applicazione quei parametri oggettivi che, garantendo il collegamento tra competenza territoriale e luogo di manifestazione di almeno uno degli episodi che costituiscono la vicenda criminosa, meglio assicurano il principio costituzionale della “naturalità” del giudice, come fisiologica allocazione del processo, fin quando e dove possibile nel “locus commissi delicti” (…)[3].

Qualora nel corso delle indagini sui reati ricompresi nelle attribuzioni della Direzione distrettuale antimafia (e, quindi, nella competenza giurisdizionale del giudice del capoluogo del distretto) si profili la necessità di perseguire un altro reato non compreso nell’art. 51, comma 3 bis, c.p.p., “non v’è disposizione che escluda il delitto dai poteri di indagine dell’organo inquirente del capoluogo del distretto”.

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto che la competenza territoriale fosse stata correttamente radicata, e che i ricorrenti avessero erroneamente preso in considerazione, per sollevare la relativa questione, soltanto una frazione (e neanche la più significativa) delle condotte in contestazione, relativa alle attività documentali, senza adeguatamente considerare la movimentazione dei rifiuti ed i rapporti con clienti e fornitori posti anche alla base degli ulteriori delitti, di natura tributaria, oggetto di incolpazione.

Trascorrendo al tema che più propriamente interessa nella presente sede, ossia il concorso tra il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e quello associativo di cui all’art. 416 c.p., la Suprema Corte ha stabilito – o meglio, ribadito[4] – la necessaria presenza degli elementi costitutivi di entrambi i delitti, “con la conseguenza che la sussistenza del reato associativo non può ricavarsi dalla mera sovrapposizione della condotta descritta nel D.Lgs. n. 152 del 2006art. 260 (ora 452-quaterdecies c.p.) con quella richiesta per la configurabilità dell’associazione per delinquere, poiché tale ultimo reato richiede la predisposizione di un’organizzazione strutturale, sia pure minima, di uomini e mezzi, funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti, nella consapevolezza, da parte di singoli associati, di far parte di un sodalizio durevole e di essere disponibili ad operare nel tempo per l’attuazione del programma criminoso comune, che non può però essere individuata nel mero allestimento di mezzi e attività continuative organizzate e nel compimento di più operazioni finalizzate alla gestione abusiva di rifiuti indicate dal menzionato D.Lgs. n. 152 del 2006art. 260 (ora 452-quaterdecies), essendo necessaria un’attiva e stabile partecipazione ad un sodalizio criminale per la realizzazione di un indeterminato programma criminoso”.

Ad avviso della Corte di Cassazione, nel caso di specie il Tribunale del riesame avrebbe dato corretta attuazione a tale principio, attribuendo rilievo ad una serie di elementi idonei a consentire la simultanea contestazione di entrambi i delitti.

Dopo aver premesso che la nozione di organizzazione di attività finalizzate al traffico illecito di rifiuti non coincide necessariamente con quella di organizzazione di risorse associative, e che il sodalizio criminale di cui all’art. 416 c.p. ha un programma indeterminato e proiettato verso un futuro tendenzialmente privo di termini, a differenza del delitto di cui all’art. 452 queterdecies c.p., che può esaurirsi in un arco temporale più limitato, i Giudici del riesame avrebbero evidenziato come, nel caso di specie, l’associazione criminale non limitasse la propria attività illecita al traffico di rifiuti, essendo dedicata anche alla commissione di altri reati-fine, ancorché collegati, tributari e di autoriciclaggio.

Inoltre, nel provvedimento impugnato, si sarebbe dato atto di come la condotta dei singoli associati non fosse limitata ad un contributo causale volto alla realizzazione del traffico illecito di rifiuti, ma si estendesse a garantire una costante disponibilità all’esecuzione di “un numero indeterminato di trasferimento di rottami, la ricerca di partner nazionali e stranieri con cui scambiare merci o fatture con cospicue movimentazioni di somme di denaro da tesaurizzare e reinvestire, costituendo, sostanzialmente, una struttura stabile e perdurante nel tempo a disposizione degli associati”.

In dottrina si è osservato come “il reato di traffico [illecito di rifiuti] appare pienamente compatibile con quello associativo di cui all’articolo 416 c.p., salva la verifica in punto di fatto circa la sussistenza degli elementi costitutivi di quest’ultimo[5], che nel caso di specie la Suprema Corte sembrerebbe aver correttamente effettuato, sulla scorta di quanto rilevato nell’impugnata ordinanza del Tribunale del riesame.

Del resto, come evidenziato da alcune pronunce emesse in sede di legittimità[6], il reato di cui all’art. 452 quaterdecies c.p. non richiede necessariamente, per la sua configurazione, una pluralità di soggetti agenti, trattandosi di fattispecie solo eventualmente plurisoggettiva, sebbene sia richiesta una molteplicità di operazioni, poste in essere in continuità temporale, e relative ad una o più delle diverse fasi in cui si concretizza ordinariamente la gestione dei rifiuti.

Secondo autorevole dottrina[7], la giurisprudenza della Corte di Cassazione avrebbe tenuto conto della struttura del reato come sopra delineata nel riconoscerne la possibilità di concorso con il delitto di cui all’art. 416 c.p., ritenendo per l’appunto necessaria la presenza degli elementi costitutivi di entrambe le fattispecie, con la conseguente impossibilità di ricavare la sussistenza del delitto associativo dalla mera “sovrapposizione” della condotta prevista dall’art. 452 quaterdecies c.p. con quella richiesta per l’associazione per delinquere.

Tale considerazione, sicuramente condivisibile, apre però le porte ad un più ampio dibattito relativo all’opportunità dell’inserimento del delitto ambientale in esame all’interno dell’art. 51, comma 3 bis, c.p.p.

Come è stato correttamente evidenziato da alcuni autori, la soluzione interpretativa che propende per l’inserimento tout court del delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti tra quelli di criminalità organizzata – nozione che, come noto, richiede requisiti molto specifici[8] – appare non soddisfacente[9] o, quanto meno, non del tutto convincente[10], soprattutto in ragione della diffusione (ben preponderante nella casistica giurisprudenziale) delle situazioni in cui l’applicazione della fattispecie in esame si riferisce a contesti imprenditoriali che nulla hanno a che fare con quelli associativi che potrebbero giustificare le gravose conseguenze che derivano dall’inclusione nel novero dell’art. 51, comma 3 bis, c.p.p.

Tra le soluzioni prospettate, appaiono sicuramente convincenti quelle che si propongono di distinguere i casi in cui il delitto di cui all’art. 452 quaterdecies c.p. costituisca reato-fine di ipotesi associative (con cui, come ribadito dalla sentenza in esame, può pacificamente concorrere) o venga contestato unitamente all’aggravante della finalità di agevolare le associazioni mafiose, da quelle del tutto estranee a contesti di criminalità organizzata[11].

Del resto anche chi, in dottrina, ha sottolineato la perdurante scelta del Legislatore di mantenere il delitto in commento all’interno dell’art. 51, comma 3 bis, c.p.p., ha rilevato che potrebbe essere opportuno “considerare come effettivamente riconducibili a pieno titolo alla criminalità organizzata le ipotesi di concorso tra reati associativi e delitto di cui all’art. 452-quaterdecies con tutte le conseguenze (come la possibilità di procedere ad attività di intercettazione ai sensi dell’art. 13 d. l. 152\91) riconducibili a tale classificazione, conseguenze che dovrebbero invece essere escluse nelle ipotesi in cui il delitto di attività organizzate finalizzate al traffico illecito non presenti tali caratteristiche[12].

Si conclude, dunque, con l’auspicio che la riaffermata e condivisibile possibilità di concorso tra la fattispecie di cui all’art. 452 quaterdecies c.p. e quella di associazione per delinquere possa in qualche modo incentivare una complessiva revisione sistematica, soprattutto per quanto concerne le gravose implicazioni che derivano dall’inserimento delle attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti nell’ambito dell’art. 51, comma 3bis, c.p.

In altri e più chiari termini, sarebbe senz’altro opportuno che il Legislatore tenesse conto dalle sostanziali differenze – ben delineate dalla giurisprudenza, da ultimo con la sentenza in commento – tra l’art. 452 quaterdecies c.p. e l’art. 416 c.p., (e, a maggior ragione, con associazioni di stampo mafioso), di fatto del tutto elise – sul piano delle conseguenze penali ed extrapenali – dalla comune appartenenza al novero dei reati di criminalità organizzata.

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RGA Online – Marini – contributo aprile 2022 (rev)

Per consultare il testo della sentenza, si veda il pdf allegato

Cass. III, 1348_2022

[1] Si rimanda, in proposito a R. Losengo, Conferme e dubbi nella ricerca del Giudice naturale del reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (nota a Corte Cass. pen., Sez. III, 14 gennaio 2022, n. 1349), in questa Rivista, n. 29/2022. La pronuncia in oggetto, in tema di competenza territoriale, può definirsi una “sentenza gemella” di quella in commento: non solo per le analoghe conclusioni a cui è pervenuta, ma anche essendo stata emessa e depositata negli stessi giorni, dalla medesima Sezione (come si evince dal numero, immediatamente successivo in progressione).

[2] Nello stesso senso si vedano anche Corte Cass. pen., Sez. III, 20 ottobre 2017, n. 48350; Corte Cass. pen., Sez. III, 27 luglio 2010, n. 29619; Corte Cass. pen., Sez. III, 3 dicembre 2009, n. 46705.

[3] Sul punto, la sentenza riprende testualmente quanto già affermato da Corte Cass. pen., Sez. III, 13 aprile 2010, n. 13929.

[4] Si vedano, su tutte, Corte Cass. pen., Sez. III, 20 novembre 2017, n. 52633; Corte Cass. pen., Sez. III, 6 febbraio 2014, n. 5773.

[5] A. Galanti, Il traffico illecito di rifiuti: il punto sulla giurisprudenza di legittimità, in Diritto Penale Contemporaneo, 12/2018, p. 42.

[6] Corte Cass. pen., Sez. III, 1° settembre 2016, n. 36119; Corte Cass. pen., Sez. III, 20 aprile 2011, n. 15630; Corte Cass. pen., Sez. III, 3 febbraio 2006, n. 4503.

[7] L. Ramacci, Questioni processuali relative al delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 452-quaterdecies cod. pen.), in Lexambiente – Rivista trimestrale di diritto penale dell’ambiente, 4/2021, pp. 1 e ss.

[8] Come precisato dalla Suprema Corte – si veda, in proposito, Corte Cass. pen., Sez. III, 1° luglio 2016, n. 26889 – “Esula dall’area dei delitti di criminalità organizzata il mero concorso di persone nel reato, pur se caratterizzato da un’attività di organizzazione di risorse materiali ed umane, con rilievo predominante rispetto all’apporto dei singoli concorrenti. È stata accolta, dunque, una nozione ampia di “delitti di criminalità organizzata”, che valorizza le finalità perseguite dalla norma, le quali mirano a riconoscere uno strumento efficace di repressione di reati più gravi. Sono ricomprese in detta categoria, pertanto, attività criminose eterogenee, purchè realizzate da una pluralità di soggetti, i quali, per la commissione del reato, abbiano costituito un apposito apparato organizzativo, con esclusione del mero concorso di persone nel reato. Ad essa non sono riconducibili solo i reati di criminalità mafiosa, ma tutte le fattispecie criminose di tipo associativo. È sufficiente la costituzione di un apparato organizzativo, la cui struttura assume un ruolo preminente rispetto ai singoli partecipanti.

[9] In questo senso, espressamente, R. Losengo, Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e diritto vivente: ancora attuale e ragionevole la collocazione tra i reati di cui all’art. 51, comma 3 bis c.p.p.?, in Lexambiente – Rivista trimestrale di diritto penale dell’ambiente, 4/2020, pp. 1 e ss.

[10] L. Ramacci, Questioni processuali relative al delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, cit., pp. 6-13.

[11] R. Losengo, Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e diritto vivente, cit., pp. 13-14.  

[12] L. Ramacci, Questioni processuali relative al delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, cit., p. 10.