La valutazione della qualità dell’aria tra zonizzazione territoriale e localizzazione dei punti di campionamento

La valutazione della qualità dell’aria tra zonizzazione territoriale e localizzazione dei punti di campionamento

di Carlo M. Tanzarella

Tar Lombardia, Sez. III, n. 137 del 24 gennaio 2022 – Pres. Di Benedetto, Est. Plantamura – Associazione Omissis (e altri) c. Regione Lombardia, ARPA Lombardia e Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare

Ai sensi del D.lgs. 13 agosto 2010 n. 155, la valutazione della qualità dell’aria ha come referente le zone e gli agglomerati istituiti all’atto della zonizzazione territoriale e in relazione ad essi deve essere valutata la correttezza della definizione della rete di rilevamento a cura dell’Amministrazione competente.

Con sentenza 24 gennaio 2022, n. 137, il Tar per la Lombardia ha respinto il ricorso promosso da due associazioni ambientaliste per ottenere l’annullamento degli atti della sequela procedimentale di aggiornamento della rete regionale di misura della qualità dell’aria.

Le doglianze investivano le scelte di localizzazione delle stazioni di monitoraggio dell’aria ambiente, con specifico riferimento a taluni punti di campionamento ritenuti dalle ricorrenti non rappresentativi dei luoghi di esposizione della popolazione alle massime concentrazioni di inquinanti atmosferici, poiché ubicati all’interno della zona a traffico limitato del centro storico della Città di Milano, connotata da una ridotta circolazione di autoveicoli.

Il Tribunale ha stimato legittimo l’operato dell’Amministrazione, proponendo un’articolata motivazione, il cui esame richiede una sintetica ricognizione dei profili essenziali della disciplina primaria di settore, rilevanti nella fattispecie.

Ci si riferisce alla Direttiva 2008/50/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio che impegna gli Stati membri al conseguimento di determinati obiettivi di qualità dell’aria ambiente per proteggere la salute umana dagli effetti nocivi dell’inquinamento atmosferico (1).

Nella parte qui di interesse, la Direttiva introduce metodi e criteri comuni per la “valutazione” della qualità dell’aria, consistente nell’acquisizione delle informazioni utili alla sua “gestione”, e cioè all’assunzione dei provvedimenti necessari per garantire il rispetto dei valori limite di concentrazione, o dei valori obiettivo, degli inquinanti (2).

Entrambe le attività, di “valutazione” e di “gestione”, non sono svolte su scala nazionale, ma su parti del territorio che devono essere perimetrate tenendo conto della dimensione delle popolazioni esposte all’inquinamento atmosferico: a tal fine, gli Stati membri sono tenuti a istituire “zone” e “agglomerati”, questi ultimi essendo “zone” con più elevata concentrazione di persone o maggiore densità abitativa (3).

Ogni ambito territoriale viene quindi classificato, in ragione delle concentrazioni di inquinamento fatte registrare nel quinquennio precedente e sulla base di criteri denominati “soglie di valutazione” (4).

Questa classificazione serve per determinare quali metodi di rilevamento della qualità dell’aria devono essere implementati in ciascun ambito territoriale: nelle “zone” e negli “agglomerati” ove siano superate le più elevate “soglie di valutazione”, le autorità competenti sono tenute a effettuare il campionamento dell’aria attraverso (più onerosi, ma più accurati e affidabili) strumenti analitici di rilevazione collocati in siti fissi (e quindi sempre operativi, con campionamento in continuo o in discontinuo), mentre nelle altre è possibile far ricorso anche (o soltanto) a tecniche di modellizzazione o a misurazioni indicative (5).

La Direttiva detta poi i criteri di distribuzione dei punti di campionamento, la cui localizzazione deve restituire dati, sia sulle aree interne alle “zone” e agli “agglomerati” dove si verificano le concentrazioni più elevate alle quali la popolazione può essere esposta per un periodo significativo di tempo, sia sui livelli di concentrazione nelle altre aree che siano rappresentativi dell’esposizione della popolazione in generale (6).

Così descritto nelle sue linee essenziali, il sistema di “valutazione” della qualità dell’aria ambiente serve a monitorare sia l’esposizione all’inquinamento atmosferico dell’intera popolazione dell’ambito territoriale di riferimento, sia l’esposizione della popolazione in quelle sotto-porzioni dell’ambito caratterizzate da più elevati livelli di concentrazione degli inquinanti.

Il D.lgs. 13 agosto 2010, n. 155, che ha dato attuazione alla Direttiva 2008/35/CE, ne ha fatto proprio l’impianto fondamentale con talune declinazioni particolari.

La c.d. “zonizzazione” del territorio, elevata a principio di organizzazione dell’attività di “valutazione” della qualità dell’aria ambiente (7), prevede l’istituzione di ambiti territoriali per la cui individuazione sono dettati criteri più articolati di quelli di matrice europea.

Gli “agglomerati”, infatti, sono connotati non solo dalla maggiore popolosità o densità abitativa, ma anche dalla loro identificazione con le aree urbane, considerate individualmente oppure quali insiemi di aree urbane geograficamente o funzionalmente collegate tra loro.

Inoltre, la loro perimetrazione deve precedere quella delle “altre zone”, individuate per l’omogeneità degli aspetti che principalmente determinano l’inquinamento atmosferico (carico emissivo, caratteristiche orografiche e meteo-climatiche, grado di urbanizzazione del territorio) (8).

Così facendo, il legislatore italiano si è mosso negli spazi di discrezionalità consentiti dalla Direttiva (che ha stabilito, in effetti, criteri minimi legati alla dimensione delle popolazioni degli ambiti, considerate in relazione alla loro esposizione all’inquinamento) e ha ritenuto meritevole di particolare e prioritaria tutela l’ambiente atmosferico delle aree urbanizzate, gravate, come è noto, da livelli particolarmente elevati di carico inquinante, soprattutto in quelle parti del Paese dove si verificano fenomeni di conurbazione (si pensi, ad esempio, a pressoché tutta la Pianura Padana, all’area di Roma o a quella di Napoli).

Le disposizioni nazionali hanno poi indicato quale principio della materia l’individuazione delle c.d. “aree di superamento”, intese quali porzioni interne agli “agglomerati” e alle “altre zone”, ove si verificano superamenti dei valori limite di concentrazione delle sostanze inquinanti, rilevati attraverso strumenti di misurazione che siano effettivamente rappresentativi in quanto localizzati secondo criteri che – riprendendo in parte qua le disposizioni della Direttiva – consentano di intercettare le aree di maggior esposizione della popolazione all’inquinamento per un periodo significativo (9).

Venendo quindi alla decisione in commento, il Tar per la Lombardia ha affermato il principio che permea l’intero iter della complessa motivazione per cui la “valutazione” della qualità dell’aria deve avere come referenti le “zone” e gli “agglomerati” istituiti all’atto della “zonizzazione” territoriale, con riguardo ai quali deve essere valutato l’operato dell’Amministrazione al fine di verificare il rispetto o meno della normativa di settore.

Muovendo da tale affermazione, le doglianze delle associazioni ricorrenti sono state ritenute dal Giudice non correttamente proposte poiché dirette a contestare la localizzazione dei punti di campionamento in un ambito territoriale (il Comune di Milano) diverso dal ben più esteso “Agglomerato di Milano”.

In tale prospettiva, la capacità della rete di rilevamento di misurare la massima esposizione della popolazione agli inquinanti atmosferici andrebbe apprezzata in riferimento alla popolazione dell’intero “agglomerato”, e non invece di una sua porzione interna.

Sembra, invero, che della duplice funzione che si è più sopra detto essere propria dell’istituto della “valutazione” della qualità dell’aria ambiente, il Tar abbia colto e valorizzato solo quella di rilevazione e monitoraggio del grado di esposizione all’inquinamento della popolazione generale del macro-ambito di riferimento, laddove la scelta delle aree di ubicazione dei punti di campionamento serve anche ad intercettare le aree, interne all’ambito, nella quali la popolazione può essere esposta per un periodo significativo alle maggiori concentrazioni di sostanze inquinanti.

A prescindere dalle altre e concorrenti motivazioni poste a fondamento della decisione di rigetto, che giustificano per altre vie la scelta di collocare stazioni di misurazione anche all’interno della zona a traffico limitato, la regula iuris affermata dal Tar richiede di essere applicata con discernimento, per evitare che la comprensibile esigenza di apprezzare l’idoneità della rete di misurazione nella sua complessiva estensione, e nell’interrelazione delle sue componenti, faccia trascurare quelle situazioni nelle quali aree più circoscritte siano potenzialmente soggette a più marcati fenomeni di inquinamento atmosferico (10).

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Carlo M. Tanzarella Tar Lombardia 137 del 24 gennaio 2022 (3) letto rt

Per il testo della sentenza (estratto dal sito di Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato

Tar Lombardia, n. 137.2022 (1)