di Roberta Mantegazza
Corte di Cassazione, Sez. III – 14 luglio 2021 (dep. 11 ottobre 2021) n. 36779 – Pres. Sarno, Est. Di Stasi – ric. N.
Il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1 è integrato dall’effettuazione illecita di una delle attività ivi menzionate, mentre il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 212 regola il diritto ad ottenere l’iscrizione per l’esercizio dell’attività di gestione dei rifiuti sul territorio nazionale (che per i cittadini di Stati non membri della UE opera in condizione di reciprocità) ma non esclude la necessità delle autorizzazioni, iscrizioni o comunicazione prescritte dagli artt. 208 e 216 per l’esercizio lecito dell’attività di gestione di rifiuti sul territorio nazionale. La normativa, peraltro, prevede anche modalità speciali di iscrizioni relative all’ipotesi specifica di trasporto transfrontaliero dei rifiuti: il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 194, comma 3 modificato dal D.Lgs. n. 205 del 2010, art. 17, prevede, infatti, che le imprese che effettuano il trasporto transfrontaliero dei rifiuti, per la tratta sul territorio italiano, sono tenute all’iscrizione in un’apposita sezione dell’Albo nazionale gestori ambientali, di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 212.
- La vicenda processuale
La sentenza in commento riguarda il sequestro preventivo di un automezzo (con targa turca) contenente rifiuti non pericolosi, operato d’urgenza dalla Polizia di Roma Capitale ed in seguito convalidato dal G.i.p. del Tribunale di Roma: la contestazione era che tali rifiuti fossero stati raccolti e gestiti, presso una ditta italiana, da parte di una società turca di trasporti internazionali in assenza della necessaria iscrizione all’albo nazionale gestori ambientali e che il trasportatore extracomunitario avesse agito per conto di un intermediario straniero, a sua volta non regolarmente iscritto all’albo, integrando così – in concorso tra loro – una condotta rilevante ex art. 256 comma 1 lett. a) D.Lgs n. 152/2006[i].
Contro l’ordinanza del Tribunale del riesame – che aveva confermato il sequestro – ha proposto ricorso per cassazione il trasportatore, lamentando un duplice ordine di vizi: il primo, correlato ad una violazione di legge in relazione alla errata applicazione dell’art. 256 comma 1 lett. a) D.Lgs n. 152/2006, il secondo – apparentemente sotto forma di vizio di motivazione – rispetto alla presunta occasionalità della condotta, che avrebbe dovuto escludere la contestazione di concorso di persone di cui all’art. 110 c.p. con l’intermediario privo di iscrizione[ii].
In particolare, per quanto qui di interesse, il ricorrente ha contestato la sussistenza del reato di gestione illecita di rifiuti non pericolosi deducendo che la società di trasporti internazionali non fosse tenuta ad alcuna iscrizione all’albo gestori ambientali in quanto di nazionalità turca e dunque non rientrante tra i soggetti a ciò obbligati, individuati sulla base del combinato disposto dell’art. 212, comma 15 D.Lgs n. 152/2006 e del relativo decreto ministeriale 3 giugno 2014, n. 120[iii].
Più nello specifico – sostiene il trasportatore – l’art. 212 T.U.A.[iv] obbligherebbe all’iscrizione all’albo gestori esclusivamente i cittadini italiani e quelli comunitari, mentre i cittadini di altro Stato extra-europeo (quale appunto quello di provenienza del ricorrente) sarebbero onerati da tale incombente solo nel caso in cui lo Stato straniero riconosca analogo diritto ai cittadini italiani; non così per il caso della Turchia, non essendosi mai perfezionata una unione doganale con l’Unione Europea e non essendo – all’epoca dei fatti – ancora vigente l’attuale Regolamento doganale turco, che consente di superare la certificazione di origine delle merci se accompagnate da specifico certificato (cd. ATR)[v].
A ciò si aggiunga – precisa il ricorrente – che la mancata iscrizione all’albo gestori è correlata anche alla tipologia di attività effettivamente svolta dal trasportatore, che non recava nel proprio oggetto sociale il trasporto di rifiuti (attività avvenuta nella specie in via del tutto occasionale), ma solo di merci su strada, e che quindi anche per questo non era soggetta alla obbligatoria l’iscrizione all’albo gestori ambientali.
Si afferma, in altri termini, l’inapplicabilità nel caso di specie dell’art. 212 T.U.A. in termini sia soggettivi (trasportatore turco non tenuto all’iscrizione all’albo gestori) sia oggettivi (estraneità dell’attività svolta dal trasportatore rispetto a quelle per le quali è richiesta l’iscrizione).
- La decisione della Corte di Cassazione
La Corte, nel ritenere il ricorso manifestamente infondato, ha da subito operato un’importante distinzione tra il campo applicativo dell’art. 212, relativo all’albo gestori ambientali, e quello dell’art. 256 comma 1 D.Lgs. n. 152/2006, in tema di attività di gestione di rifiuti non autorizzata.
Il primo, ricorda la Corte, “al comma 5, prevede che l’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori ambientali è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto dei rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi”; il secondo, l’art. 256 comma 1 T.U.A., invece, “punisce chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza delle autorizzazioni, iscrizioni o comunicazioni prescritte dagli artt. 208-216 T.U.A.”.
Quello della Corte è un passaggio tanto ovvio quanto necessario nella misura in cui chiarisce che il primo degli articoli citati costituisce la “prescrizione normativa” (per effettuare attività di gestione di rifiuti si deve essere iscritto all’Albo gestori), mentre il secondo la sanzione di natura penale derivante dalla violazione dell’obbligo giuridico dettato dalla prima (la gestione di rifiuti in assenza del titolo abilitativo – nella specie l’iscrizione all’albo – costituisce gestione illecita di rifiuti ai sensi dell’art. 256 T.U.A.).
Non a caso, infatti, le norme richiamate dalla Corte di Cassazione (artt. 208-216 D.Lgs. n. 152/2006) sono proprio quelle che danno contenuto al Capo IV del Titolo I Parte IV del T.U.A., ossia l’insieme delle previsioni in tema di “autorizzazioni e iscrizioni” necessarie per la (lecita) gestione dei rifiuti[vi].
Il distinguo si era reso necessario proprio a seguito della (quanto meno) peculiare interpretazione che, come visto, aveva portato il ricorrente a sostenere che i soggetti stranieri extracomunitari fossero esclusi dal novero degli obbligati: in verità, obbietta la Corte, l’art. 212 D.Lgs. n. 152/2006 (insieme all’art. 10 DM n.120/2014) regola il diritto ad ottenere l’iscrizione per l’esercizio dell’attività di gestione dei rifiuti sul territorio nazionale (che, appunto, per i cittadini di Stati non membri dell’Unione Europea opera in condizioni di reciprocità), ferma restando – a monte – la necessità dell’iscrizione stessa ai fini del lecito svolgimento di una delle attività indicate all’art. 212 comma 5 (in parte richiamate all’art. 256 T.U.A).
In altri termini, la previsione indicata dal ricorrente, lungi dal rappresentare un’eccezione alla regola generale del requisito abilitante la gestione dei rifiuti (appunto, in caso di trasporto ed intermediazione, l’iscrizione all’albo gestori ambientali), costituisce una vera e propria “limitazione” soggettiva all’accesso all’iscrizione all’albo gestori ed ai suoi effetti – appunto – autorizzatori della gestione stessa.
Del resto, non avrebbe alcun senso attribuire all’art. 10 del DM n. 120/2014 l’effetto di escludere l’obbligo di iscrizione in capo al trasportatore turco: è la stessa formulazione letterale della norma a confermarlo nella misura in cui prevede la possibilità di iscrizione in capo ai cittadini di Stati extraeuropei, a condizione che analogo (e reciproco) diritto sia riconosciuto al cittadino italiano.
Non tutti gli operatori sono del resto abilitati ad “accreditarsi” presso l’albo: criteri e requisiti di iscrizione, infatti, seguono una precisa logica, ossia la necessità di selezionare e qualificare le imprese operanti nel settore dei rifiuti (obbligate, appunto, a dimostrare il possesso di determinate qualità soggettive, idoneità tecnica e capacità finanziaria), per garantirne poi la tracciabilità da parte dell’Autorità.
La sussistenza di un obbligo di iscrizione in capo al trasportatore turco è peraltro anche confermata dall’art. 194 comma 3 T.U.A., che prevede che le imprese che operino nel trasporto transfrontaliero di rifiuti siano tenute – per la tratta sul territorio italiano – all’iscrizione in un’apposita sezione dell’Albo.
Ciò posto, conclude la Corte, il trasportatore è sicuramente concorso nel reato ambientale contestato all’intermediario senza detenzione del rifiuto, in quanto aveva “effettuato, per conto del predetto, con il proprio mezzo di trasporto, in assenza di autorizzazione e senza l’iscrizione all’Albo Nazionale delle imprese che effettuano la gestione di rifiuti a norma dell’art. 212 D.Lgs 152/2006, attività di raccolta e di trasporto di rifiuti speciali non pericolosi prodotti da un’impresa agricola, ricevendoli da società non titolata alla gestione dei rifiuti”, ponendo così in essere una condotta “che il Collegio cautelare aveva rimarcato come non occasionale per la rilevante quantità di rifiuti raccolta e trasportata, per l’utilizzo di un mezzo adeguato e funzionale al contenimento dei rifiuti e per il fine di profitto conseguito dalla società turca”[vii].
- Brevi osservazioni conclusive
La sentenza qui in commento, pur non apportando novità significative nel panorama giurisprudenziale, ha consentito alla Corte di ridare nuova attenzione alla configurazione[viii] (ed alla ratio) delle previsioni che obbligano gli operatori ambientali all’iscrizione all’albo gestori, con importanti conferme anche sul “lato definitorio” della attività di gestione dei rifiuti per le quali è richiesta l’iscrizione.
La Corte, anche se in maniera particolarmente sintetica, ha infatti confermato la propria posizione interpretativa rispetto ai criteri per poter definire una condotta di gestione dei rifiuti come “assolutamente occasionale”: tema per certi versi (solo) collaterale rispetto all’obbligo abilitativo dell’iscrizione all’albo, ma che di fatto – anche nella vicenda de qua – ad esso si “accosta” per definire l’ambito del penalmente rilevante.
Da un lato, infatti, se è ormai pacifico che l’iscrizione summenzionata costituisca vera e propia autorizzazione all’esercizio delle attività di raccolta, trasporto, commercio ed intermediazione dei rifiuti nei confronti di tutti[ix] gli operatori (anche nel caso di trasporto non abituale di rifiuti prodotti nell’esercizio della propria impresa)[x], dall’altro è la stessa Corte a suggerire (pur in modo estremamente sintetico) che la mancata iscrizione all’albo – foriera della responsabilità penale del trasportatore (anche non abituale) di rifiuti – avrebbe potuto essere superata solo della verifica, nel caso concreto, della cd. assoluta occasionalità della condotta gestoria[xi].
Il tema, per quanto qui rileva, è strettamente correlato alla natura istantanea del reato di gestione illecita di rifiuti, che – secondo la tradizionale impostazione[xii] – trova consumazione a seguito anche solo di una singola e puntuale condotta tipica[xiii] (id est, nel caso di specie, il trasporto e l’intermediazione di rifiuti senza iscrizione all’albo), salvo appunto che la condotta non risulti – per le circostanze di fatto verificate nel caso concreto – del tutto occasionale.
Solo nel caso in cui, infatti, sia carente quel minimum di substrato organizzativo che permea il disvalore del fatto incriminato (appunto una effettiva attività[xiv] di gestione del rifiuto sine autorizzazione) potrà ritenersi integrata l’esimente: in tal senso, la giurisprudenza di legittimità ha in più occasioni richiamato, tra gli indici per ritenere non occasionale la condotta gestoria, proprio un criterio funzionale, correlato “al dato ponderale dei rifiuti oggetto di gestione, alla necessità di un veicolo adeguato e funzionale al trasporto dei rifiuti, nonché al fine di profitto perseguito dall’agente”[xv], stabilendo peraltro che l’assoluta occasionalità non può invece essere dedotta esclusivamente dalla natura giuridica del soggetto (privato / imprenditore) o dall’attività imprenditoriale svolta in via principale[xvi].
Così, nella vicenda de qua, non assume alcun rilievo il fatto che il ricorrente svolgesse in via ordinaria attività diversa dal trasporto di rifiuti: la consolidata giurisprudenza – oggi di nuovo confermata dalla decisione in commento – infatti, “afferma che risponde del reato di gestione abusiva di rifiuti chiunque svolga, in assenza del prescritto titolo abilitativo, un’attività rientrante tra quelle assentibili ai sensi degli artt. 208 ss. TUA, ancorché esercitata di fatto ovvero in modo secondario o consequenziale rispetto all’esercizio di una attività primaria diversa”[xvii].
E non potrebbe essere altrimenti se, come più sopra accennato, si considera la ratio che ha accompagnato la creazione dell’albo gestori ambientali: consentire, in ultima analisi, la verifica di idoneità e la tracciabilità di chiunque – attraverso la propria attività[xviii] – venga a “contatto” con il rifiuto; in questo senso, quindi, la decisione in commento sembrerebbe porsi nel solco interpretativo prevalente (almeno in giurisprudenza)[xix], che connota il reato di gestione illecita di rifiuti quale reato “comune”[xx], che può essere integrato da chiunque – anche di fatto – svolga un’attività (appunto intesa come “insieme minimamente organizzato di operazioni”) di gestione del rifiuto, in assenza di autorizzazione.
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Note:
[i] Per una panoramica sul reato di gestione abusiva di rifiuti, cfr. ex multis, L. Ramacci, Diritto penale dell’ambiente, Piacenza, 2017, p. 276 ss.; F. Barresi, Attività di gestione di rifiuti non autorizzata, in AA.VV., Il nuovo diritto penale dell’ambiente, L. Cornacchia, N. Pisani (diretto da), Bologna, 2018, p. 506 ss.
[ii] In generale sulla responsabilità dell’intermediario senza detenzione dei rifiuti, v. G. Formichetti, Brevi osservazioni sull’intermediario senza detenzione dei rifiuti e relativa responsabilità, in Rifiuti, n. 172, 2010, p. 8 ss; P. Pipere, Intermediario rifiuti: quali responsabilità?, in www.tuttoambiente.it., il quale ha ricordato che oltre ad avere uno specifico obbligo di iscrizione nell’albo gestori (Cat. 8), “l’intermediario senza detenzione dei rifiuti, assumendo l’incarico di disporre per conto terzi il recupero o lo smaltimento, è tenuto ad individuare i soggetti dotati dei titoli abilitativi (autorizzazioni degli impianti, iscrizioni all’albo nazionale gestori ambientali dei trasportatori) necessari a gestire i rifiuti dei quali i produttori hanno provveduto ad effettuare la corretta attribuzione del codice identificativo e l’attribuzione delle caratteristiche di pericolo”.
[iii] D.M. 3 giugno 2014, n. 120 (“Regolamento per la definizione delle attribuzioni e delle modalità di organizzazione dell’Albo nazionale dei gestori ambientali, dei requisiti tecnici e finanziari delle imprese e dei responsabili tecnici, dei termini e delle modalità di iscrizione e dei relativi diritti annuali”); in particolare, l’art. 10 del D.M. stabilisce i requisiti e le condizioni per l’iscrizione all’Albo..
[iv] In via generale, va rilevato come l’art. 212 T.U.A. i) detti norme generali in riferimento alla costituzione dell’Albo nazionale dei gestori ambientali e delle relative sezioni regionali e provinciali; ii) individui le ipotesi di iscrizione obbligatoria all’albo e la relativa durata, specificando i casi di deroga o esonero; iii) specifichi obblighi di prestazione delle garanzie finanziarie.
[v] L’ATR è un certificato previsto dall’accordo di Unione Doganale che lega la Turchia all’Unione Europea già dal 1° gennaio 1996; viene rilasciato dall’autorità doganale del Paese di esportazione a richiesta dell’operatore ed attesta che le merci a cui si riferisce sono in posizione di libera pratica, consentendo di godere di un trattamento daziario preferenziale.
[vi] Si è osservato in dottrina che il reato di gestione non autorizzata di rifiuti “rappresenta uno degli archetipi del modello di diritto penale “sanzionatorio” (…) e rientrerebbe in quella particolare categoria di reati di inosservanza dei precetti amministrativi che puniscono, appunto, l’esercizio di un’attività in assenza dei prescritti titoli abilitativi”, v. F. Barresi, cit. p. 509 ss.; e ciò con il fine di presidiare “l’interesse della pubblica amministrazione a valutare la tollerabilità in concreto della pericolosità dalla condotta: ovvero la conciliabilità tra l’interesse allo svolgimento dell’attività e i vari interessi confliggenti, tra cui rientra anche il bene giuridico finale”, F. Giunta, Il diritto penale dell’ambiente in Italia: tutela di beni o tutela di funzioni?, in Riv. it. dir. proc. pen., 1997, p. 1111.
[vii] Sul tema, v. in generale, V. Paone, Il reato di gestione abusiva di rifiuti e l’occasionalità della condotta, in www.lexambiente.it; V. Paone, Ci risiamo: per la Cassazione anche un trasporto occasionale di rifiuti è punibile penalmente, in www.lexambiente.it; M. Riccardi, Gestione abusiva di rifiuti, occasionalità della condotta e confisca del mezzo ai danni del terzo estraneo, in wwww.giurisprudenzapenale.it;
[viii] Sul tema, v. F. Barresi, cit. p. 518 ss., il quale chiarisce che la struttura normativa che regola i requisiti necessari per l’iscrizione all’Albo è caratterizzata da una tipica struttura “a catena”, “che procede dall’art. 212 T.U. ambiente al d.m. 3 giugno 2014, n. 120 e da quest’ultimo alle singole delibere del Comitato nazionale, con la conseguenza che il contenuto del precetto penale di cui all’art. 256 1° co. T.U. ambiente, nella misura in cui si riferisca alla violazione dei predetti obblighi di iscrizione, finisca per dissolversi quasi completamente nella miriade di prescrizioni contenute nei singoli atti amministrativi”. Lo stesso A. solleva sul punto un dubbio di compatibilità con il principio di legalità in relazione al rischio che “l’irrogazione della sanzione penale venga in questi casi fatta dipenderne tout court dalla sussistenza o meno dell’iscrizione all’albo con tutto ciò che ne consegue, ad esempio, nei casi di variazione, sospensione o cancellazione”. V. anche, Corte cass. pen., Sez. III, 20 gennaio 2015, n. 14273, in Cass. CED, n. 263413 (in tema di esercizio di attività di gestione rifiuti in regime di sospensione dell’iscrizione); Corte cass. pen., Sez. III, 28 novembre 2017, n. 6739, in Cass. CED, n. 272316 (in tema di utilizzo di mezzi diversi da quelli originariamente comunicati in sede di iscrizione).
[ix] Corte cass. pen., Sez. III, 2 ottobre 2014, n. 8979.
[x] Cfr., Corte cass. pen., Sez. III, 19 gennaio 2018, n. 2290, che ha precisato che “anche l’occasionale attività di trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti nell’esercizio della propria attività di impresa richiede l’iscrizione nell’Albo nazionale gestori ambientali, sia pure nell’apposita sezione di cui all’art. 212, comma 8, d.lgs 152/2006 e secondo la procedura semplificata ivi descritta, che presuppone una comunicazione”.
[xi] Concetto, a sua volta, strettamente correlato a quello di “attività”, inteso come “complesso di azioni o serie di condotte finalizzate alla gestione dei rifiuti”, F. Barresi, cit. p. 533 ss.
[xii] Ex multis, v. Corte cass. pen., Sez. III, 17 giugno 2011, n. 24428; Corte cass. pen., Sez. III, 20 novembre 2014, n. 48015.
[xiii] Contra v., V. Paone, Ci risiamo: per la Cassazione anche un trasporto occasionale di rifiuti è punibile penalmente, in www.lexambiente.it
[xiv] Intesa appunto come “complesso di azioni o serie di condotte finalizzate alla gestione dei rifiuti”, F. Barresi, cit. p. 533.
[xv] Corte cass. pen., Sez. III, 7 gennaio 2016, n. 5716.
[xvi] Ibidem.
[xvii] M. Riccardi, Gestione abusiva di rifiuti, occasionalità della condotta e confisca del mezzo ai danni del terzo estraneo, in wwww.giurisprudenzapenale.it.
[xviii] In relazione a Corte cass. pen., Sez. III, 24 giugno 2014, n. 29992, è stato osservato come “pur nel riconoscere natura comune al reato di trasporto abusivo” proprio il termine “attività” sia funzionale a delimitare il campo del penalmente rilevante, riferendosi ad “ogni condotta che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità, circostanza che non ricorreva nel caso di specie in quanto il fatto concreto addebitato agli imputati necessitava di un minimo di organizzazione, sia pure rudimentale, secondo quanto desunto dalla quantità e diversa tipologia di rifiuti, dall’impiego di un camion e di due persone”, v. M Riccardi, cit. p. 7.
[xix] Contra, in dottrina, ex multis, V. Paone, cit.; C. Ruga Riva, Diritto penale dell’ambiente, 2016, p. 149.
[xx] Sul tema per ogni approfondimento, cfr. V. Paone, Il reato di gestione abusiva dei rifiuti è un reato proprio o co- mune?, in Amb. & svil., 2012, 1, 29 ss.; Corte cass. pen., Sez. III, 22 gennaio 2013, n. 10921, in Riv. giur. amb., 2014, 2, 213, con nota di A.L. Vergine, Sul reato di cui al comma 1 lett. a) dell’art. 256 d.lgs. 152/2006; Corte cass. pen., Sez. III, 9 luglio 2013, n. 29077, in Dir. giur. agr. alim., 2013, 9, 573; Corte cass. pen, Sez. III, 15 gennaio 2013, n. 6294, ivi, 2013, 9, 573; Corte cass. pen, Sez. III, 25 maggio 2011, n. 23971, ivi, 2012, 6, 418 ss., con nota di S. Marascialli, I reati ambientali: oltre i princìpi del diritto penale?; Corte cass. pen, Sez. III, 15 gennaio 2008, n. 7462, in C.E.D. Cass., rv. 239011; Corte cass. pen., Sez. III, 13 aprile 2007, n. 24731, inedita; Corte cass. pen., Sez. III, 16 febbraio 2004, n. 16698; Corte cass. pen., Sez. III, 14 maggio 2002, n. 21925, in Cass. pen., 2003, 9, 2782; V. Pavone, La gestione abusiva dei rifiuti (art. 256, comma 1, d.lgs. n. 152/2006) integra un reato comune?, in Amb. & svil., 2013, n. 10, p. 852.