di Federico Vanetti
Consiglio di Stato – Sez. II – 22 luglio 2020, n. 4698 – Pres. Taormina – Est. Ciuffetti – Biosparkle S.r.l. (avv. Pasquini) c. Regione Toscana (avv.ti Bora e Ciari)
Non può assumersi l’applicabilità del silenzio assenso sulla procedura di VIA in ragione dell’avvenuto svolgimento dello screening e, dunque, di una già avvenuta valutazione del progetto in linea tecnica, nonché dell’evidenziazione delle criticità ambientali esistenti. Va osservato che il contrasto tra la previsione normativa del silenzio assenso ed i principi comunitari, che impongono l’esplicitazione delle ragioni della compatibilità ambientale del progetto, costituisce acquisizione ormai costante della giurisprudenza nazionale, non mancandosi di rimarcare che anche la normativa generale nazionale sul procedimento amministrativo (contenente normativa di principio sul punto) afferma che le disposizioni sul silenzio assenso non si applicano agli atti ed ai procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale.
Consiglio di Stato – Sez. II – 7 settembre 2020, n. 5379 – Pres. Greco – Est. Manzione – Regione Umbria (avv.ti Manuali e Gobbo) c. Effedi S.p.a. (avv.ti Busiri Vici e Di Rienzo)
La V.I.A. è configurata come procedura amministrativa di supporto per l’autorità competente finalizzata ad individuare, descrivere e valutare gli impatti ambientali di un’opera, il cui progetto è sottoposto ad approvazione o autorizzazione. L’oggetto dello screening è, sostanzialmente, l’“impatto”, ovvero “alterazione” dell’ambiente lato sensu inteso, così come per la VIA: esso svolge però una funzione preliminare per così dire di “carotaggio”, nel senso che “sonda” la progettualità e solo ove ravvisi effettivamente una significatività della stessa in termini di incidenza negativa sull’ambiente, impone il passaggio alla fase successiva della relativa procedura; diversamente, consente di pretermetterla, con conseguente intuibile risparmio, sia in termini di costi effettivi, che di tempi di attuazione. L’Amministrazione, nel formulare il giudizio sull’impatto ambientale, esercita un’amplissima discrezionalità che non si esaurisce in una mera valutazione tecnica, con la conseguenza che il sindacato del giudice amministrativo in materia è necessariamente limitato alla manifesta illogicità ed incongruità, al travisamento dei fatti o a macroscopici difetti di istruttoria. Discrezionalità ancor più rilevante con riferimento alla fase di screening, connotata da una sostanziale sommarietà e, conseguentemente, doverosamente ispirata a più rigorose esigenze di cautela.
Le due decisioni in commento offrono spunti di riflessione sia a livello giuridico, che a livello di attualità.
Entrambe le pronunce, infatti, propendono sostanzialmente per ampliare i poteri dell’Amministrazione nel condurre e concludere la VIA e la relativa procedura di screening, escludendo di fatto che possa formarsi il silenzio assenso in merito alle due procedure e riconoscendo altresì una ampia discrezionalità nella valutazione degli impatti in capo all’Autorità e, di conseguenza, un’ampia discrezionalità nella valutazione dei progetti che, in molti casi, potrebbero essere attuativi di scelte politiche o strategiche già assunte a monte.
Tale orientamento è chiaramente volto a favorire, anche in un’ottica di precauzione, la tutela ambientale anche se perseguita tardivamente o anche se improntata alla massima cautela in casi di dubbi.
Tuttavia, è bene notare che il legislatore nazionale parrebbe aver intrapreso un percorso inverso volto a definire con maggior certezza gli esiti di tali procedure, molto spesso aleatori come tempi e come risultati.
Con il c.d. Decreto Semplificazioni (D.L. n. 76/2020 convertito in legge n. 120/2020), infatti, sono state introdotte diverse modifiche normative in materia di VIA, complessivamente volte a dare maggiori garanzie agli operatori privati in termini di tempi e processi.
In particolare, non solo l’Autorità procedente deve rilevare l’eventuale carenza progettuale entro cinque giorni dalla presentazione della domanda, ma l’art. 19, comma 11, del d.lgs. n. 152/2006 (per come emendato) prevede espressamente che i termini di conclusione del procedimento siano perentori, contemplando quindi l’intervento sostitutivo da parte del Commissario ad acta e/o di ISPRA in caso di inerzia dell’Autorità competente nell’assolvimento dei propri obblighi procedurali.
Se è vero che le recenti modifiche normative intervenute non incidono direttamente sulle conclusioni raggiunte dal Consiglio di Stato, è altrettanto vero che non è stato ancora raggiunto un equilibrio tra l’interesse pubblico volto a tutelare l’ambiente e l’interesse privato ad ottenere provvedimenti e autorizzazioni in tempi certi e secondo criteri misurabili.
In particolare, anche alla luce delle recenti notizie mediatiche (es. l’arretrato siciliano nella gestione delle procedure di VIA regionali), la non applicazione dell’istituto del silenzio assenso ai processi volti a garantire la protezione dell’ambiente, pare più una scelta volta a consentire il mal funzionamento degli uffici pubblici, piuttosto che una reale esigenza di tutela dell’ambiente e ciò a discapito anche della possibilità di programmare investimenti che, in ultima istanza, potrebbero consentire il reperimento di risorse tecnologiche, economiche e finanziarie da investire proprio nell’ambiente.
Forse il meccanismo del silenzio assenso, accompagnato dal paracadute dell’autotutela da esercitarsi entro i successivi diciotto mesi, nonché dalla possibilità di esperire una eventuale VIA postuma, potrebbero in realtà rappresentare un quadro normativo di maggiore equilibrio nel rapporto tra pubblico e privato.
Anche l’eccesso di discrezionalità nella valutazione dei progetti, mal si accompagna ad esigenze di certezza.
Se da un lato tale discrezionalità pare propria della VAS a cui sono attribuite scelte strategiche a monte che normalmente contemplano anche scelte di natura politica, maggiori dubbi sussistono sull’ampia discrezionalità riconosciuta dai Giudici rispetto alla VIA che, invece, attiene ad un progetto normalmente rimesso ad una valutazione tecnica degli uffici e non ad una decisione politica.
Anche in questo caso, potrebbe risultare necessario un intervento – anche solo interpretativo – che chiarisca le gerarchie delle due procedure, ricollocando l’operato dell’Amministrazione nella giusta direzione.
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