Emissioni in atmosfera: valori limite più rigorosi in relazione a situazioni di vetustà dell’impianto

Emissioni in atmosfera: valori limite più rigorosi in relazione a situazioni di vetustà dell’impianto

di Emanuele Pomini

Consiglio di Stato, Sez. IV – 3 marzo 2023, n. 2245 – Pres. Poli, Est. Loria – H. S.p.A. (avv. G. Caia, V. Iacovino, M. Sanino) c. Regione Molise, ARPA Molise e Azienda Sanitaria regionale del Molise (Avvocatura Generale dello Stato), Amministrazione provinciale di Isernia (Avv. G. Bontempo), Comune di Venafro (Avv. F. D’Agnone) e altri enti.

Dal contenuto dei commi 4-bis e 4-ter dell’art. 29-sexies del D.Lgs. 152/2006 si desume che l’autorità competente può, in sede di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale e di autorizzazione unica, fissare livelli di emissione più rigorosi associabili alle migliori tecnologie disponibili qualora l’interessato non abbia comprovato che l’impianto possegga i requisiti della migliore tecnologia disponibile, costituendo scelta ragionevole e non manifestamente sproporzionata, in adesione al principio di precauzione, che l’amministrazione imponga limiti e prescrizioni più rigorosi anche in relazione alla vetustà dell’impianto.

Mediante la sentenza in commento il Consiglio di Stato interviene in merito alle condizioni in cui l’autorità competente è legittimata a fissare valori limite di emissione in atmosfera più rigorosi delle soglie tecniche di miglior tecnologia disponibile.

Nel caso di specie la società ricorrente, proprietaria di un impianto di coincenerimento per la produzione di energia da rifiuti non pericolosi interessato da un procedimento di modifica autorizzativa, aveva impugnato, tra l’altro, i provvedimenti di autorizzazione integrata ambientale (AIA) e autorizzazione unica (AU) nella parte in cui imponevano nuovi limiti ai valori delle emissioni rispetto alla precedente autorizzazione e ai valori limite stabiliti dalla normativa tecnica, nonché ulteriori prescrizioni, ritenute del pari illegittime, relative alle metodologie di misura dei valori limite alle emissioni, in particolare riferite alla necessità di sommare al dato misurato l’incertezza analitica e al limite semi-orario per la misurazione del CO2 in relazione all’Allegato II al Titolo III-bis della Parte Quarta del D.Lgs. 152/2006.

I giudici d’appello, nel confermare la decisione già assunta in primo grado dal T.A.R. Molise (sentenza n. 202 del 25.5.2017), rigettavano il gravame proposto dalla società ricorrente, ribadendo la legittimità dell’operato della pubblica amministrazione in merito alla determinazione di valori limite alle emissioni e prescrizioni autorizzative più rigorose anche in considerazione della vetustà dell’impianto sotto esame.

Per quanto qui interessa sottolineare, con uno dei motivi dell’appello in questione erano stati ripresi dalla ricorrente i motivi del ricorso di primo grado, disattesi dal T.A.R. Molise, mediante il quale erano state impugnate le determinazioni relative ai provvedimenti di autorizzazione unica e di autorizzazione integrata ambientale nelle parti in cui erano stati imposti limiti e prescrizioni al dimensionamento e al funzionamento dell’impianto di coincenerimento dei rifiuti di proprietà della ricorrente. In particolare, la censura principale concerneva la ritenuta illegittimità dei provvedimenti di AU e di AIA contenenti limiti di emissione inferiori ai limiti imposti dalla normativa in assenza delle ipotesi derogatorie di cui all’art. 29-sexies, comma 4-ter del D.Lgs. 152/2006, ai sensi del quale, lo si ricorda, “l’autorità competente può fissare valori limite di emissione più rigorosi di quelli di cui al comma 4-bis, se pertinenti, nei seguenti casi: a) quando previsto dall’articolo 29-septies; b) quando lo richiede il rispetto della normativa vigente nel territorio in cui è ubicata l’installazione o il rispetto dei provvedimenti relativi all’installazione non sostituiti dall’autorizzazione integrata ambientale”[i].

L’errore in cui sarebbero incorsi i giudici di primo grado andrebbe individuato, secondo la tesi della società ricorrente, nell’aver ricavato dal combinato disposto degli artt. 237-duodecies, comma 2, 237-quatuordecies, comma 2, nonché 29-sexies, comma 4-bis del D.Lgs. 152/2006 la regola secondo cui i limiti di emissione fissati da tali disposizioni sarebbero solo dei limiti massimi, ossia al di sopra dei quali l’autorità non potrebbe mai spingersi, ciò tuttavia non impedendo alla stessa di imporre dei valori inferiori.

Secondo il Consiglio di Stato, tuttavia, avendo riguardo alle disposizioni normative applicabili all’impianto di coincenerimento nel caso di specie, i giudici di prima cure non sarebbero incorsi in alcun errore di valutazione, avendo fatto corretta applicazione delle predette norme alla luce del principio di precauzione.

Ciò, sin dal richiamo alla prima regola cardine del sistema di tutela ambientale predisposto dal legislatore e scolpita nell’art. 237-duodecies, comma 2 del D.Lgs. 152/2006, secondo cui i progettisti, i costruttori e i gestori di impianti di coincenerimento non possono progettare, costruire, equipaggiare e gestire impianti aventi emissioni superiori ai valori limite di cui all’Allegato 2, par. A al Titolo III-bis; tale norma, viceversa, non contenendo alcun divieto per le autorità competenti di imporre limiti più rigorosi. Proseguendo nell’individuazione della normativa rilevante ai fini della decisione, i giudici amministrativi hanno poi richiamato il successivo art. 237-quattuordecies, comma 2, ai sensi del quale “i valori limite di emissione degli impianti di (…) coincenerimento si intendono rispettati se conformi (…) a quanto previsto all’Allegato 2, par. C, punto 1”. Infine, l’art. 29-sexies, comma 4-bis del D.Lgs. 152/2006 dispone che “l’autorità competente fissa valori limite di emissione che garantiscono che, in condizioni di esercizio normali, le emissioni non superino i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili (BAT-AEL) di cui all’art. 5, comma 1, lett. l-ter. 4), attraverso una delle due opzioni seguenti: a) fissando valori limite di emissione, in condizioni di esercizio normali, che non superano i BAT-AEL, adottino le stesse condizioni di riferimento dei BAT-AEL e tempi di riferimento non maggiori di quelli dei BAT-AEL; b) fissando valori limite di emissione diversi da quelli di cui alla lettera a) in termini di valori, tempi di riferimento e condizioni, a patto che l’autorità competente stessa valuti almeno annualmente i risultati del controllo delle emissioni al fine di verificare che le emissioni, in condizioni di esercizio normali, non superino i livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili” .

Sempre secondo il Consiglio di Stato, dall’impianto normativo sopra richiamato è possibile desumere come l’autorità competente possa fissare valori limite di emissione più rigorosi associabili alle migliori tecnologie disponibili, come è avvenuto nel caso di specie, laddove la società proprietaria dell’impianto di coincenerimento non ha provato che l’impianto, peraltro in attività da lunga data, sia in possesso dei requisiti della migliore tecnologia disponibile. Costituisce del resto scelta ragionevole e non manifestamente sproporzionata, in adesione al principio di precauzione, che l’autorità competente imponga limiti e prescrizioni più rigorosi in relazione a situazioni di vetustà dell’impianto, per il quale non si dimostri il possesso dei requisiti della BAT applicabile.

Del pari infondate sono state ritenute le censure relative alle prescrizioni concernenti la modalità di verifica della conformità dei valori misurati ai valori limite di emissione (come meglio richiamate a inizio commento), in quanto le ragioni per le quali sono state dettate le prescrizioni in questione, essendo di natura squisitamente tecnica, non sono sindacabili in sede di giurisdizione amministrativa qualora, come ritenuto nel caso di specie[ii], non siano del tutto illogiche, non potendo infatti l’autorità giudiziaria sostituire le proprie valutazioni a quelle, anche di tipo tecnico, riservate alle pubbliche amministrazioni di settore[iii].

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Commento_emissioni Cons. Stato_2245_2023

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

Cons. Stato n. 2245_2023

NOTE:

[i] Il citato art. 29-sepies (sotto la rubrica “migliori tecniche disponibili e norme di qualità ambientale”) prevede che: “1. Nel caso in cui uno strumento di programmazione o di pianificazione ambientale, quali ad esempio il piano di tutela delle acque, o la pianificazione in materia di emissioni in atmosfera, considerate tutte le sorgenti emissive coinvolte, riconosca la necessità di applicare ad impianti, localizzati in una determinata area, misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il rispetto delle norme di qualità ambientale, l’amministrazione ambientale competente, per installazioni di competenza statale, o la stessa autorità competente, per le altre installazioni, lo rappresenta in sede di conferenza di servizi di cui all’art. 29-quater, comma 5. 2. Nei casi di cui al comma 1 l’autorità competente prescrive nelle autorizzazioni integrate ambientali degli impianti nell’area interessata, tutte le misure supplementari particolari più rigorose di cui al comma 1 fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale”.

[ii] A fronte di un rapporto istruttorio e di un piano di monitoraggio e controllo di ARPA (organo tecnico) aventi indubbia natura tecnico-discrezionale e, nel contempo, idonei ad attribuire fondamento e congruirà alla motivazione contenuta nei provvedimenti autorizzatori impugnati.

[iii] Cfr., tra le altre, Cons. Stato, sez. IV, 14.3.2022, n. 1761; Cons. Stato, Sez. IV, 31.12.2021, n. 8754.