Divieto di fumo: l’autonomia regolamentare del Comune di Milano nel contrasto all’inquinamento di prossimità

Divieto di fumo: l’autonomia regolamentare del Comune di Milano nel contrasto all’inquinamento di prossimità

di Valentina Brovedani e Micol Saccon

TAR Milano, sezione III, sentenza 29 novembre 2021 n. 2631 – Pres. Di Benedetto, Est. Plantamura – omissis (avv. Alfonso Celotto) c. Comune di Milano (avv.ti Angela Bartolomeo, Antonello Mandarano, Annalisa Pelucchi e Gloria Centineo Cavarretta Mazzoleni).

Il divieto di fumo introdotto dal Comune di Milano all’art.9 («Fumo all’aperto») del Regolamento per la qualità dell’aria, approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 56, del 19 novembre 2020, rappresenta una legittima manifestazione dell’autonomia regolamentare dell’Amministrazione in materia di sicurezza urbana nella lotta all’inquinamento «di prossimità», alla luce dell’art. 50, comma 7-ter, T.U.E.L..

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Con la sentenza in esame, il TAR Lombardia si è pronunciato sulla legittimità del Regolamento per la qualità dell’aria approvato dal Comune di Milano con deliberazione del Consiglio Comunale n. 56 del 19 novembre 2021, nella parte in cui dispone, a far data dal 1° gennaio 2021, il divieto di fumare negli spazi pubblici all’aperto, nelle aree attrezzate o destinate a verde pubblico, nonché presso le fermate di attesa dei mezzi pubblici. Tale divieto sarà esteso, a partire dal 1° gennaio 2025, a tutte le aree pubbliche o ad uso pubblico (art. 9).

I ricorrenti lamentano l’incompetenza assoluta del Comune di Milano in materia di “tutela della salute”, materia che, a loro dire, non sarebbe suscettibile di ricevere protezione differenziata sul territorio nazionale, con conseguente invasione della libertà personale ed economica.

Di parere contrario sono il Collegio e la parte resistente, i quali sostengono che il provvedimento amministrativo troverebbe fondamento, non tanto nell’ambito della tutela della salute, quanto “nel novero delle misure per il contenimento del degrado ambientale, nel cui ambito rientrerebbe la qualità dell’aria”. Il potere regolamentare del Comune mirerebbe infatti a fronteggiare il fenomeno dell’inquinamento «di prossimità», definito dalla deliberazione comunale quale «insieme dei fenomeni di inquinamento dell’aria che, anche nel caso in cui non rappresentino una criticità su un’area vasta, possono assumere una notevole rilevanza in termini di impatto locale».

L’intervento normativo dell’Amministrazione sarebbe dunque orientato a limitare il consumo di fumo da tabacco, che rappresenta una delle principali cause di emissione di particolato primario (PM10), descritto dalla relazione tecnica allegata al Regolamento per la qualità dell’aria come agente inquinante particolarmente impattante sul territorio.

Con la pronuncia in esame, il Tribunale amministrativo del capoluogo lombardo ricostruisce il quadro normativo che legittima la potestà normativa delle autonomie locali, con particolare riguardo al potere regolamentare dei comuni in tema di contrasto al fenomeno dell’inquinamento «di prossimità» alla luce dei principi costituzionali e della riforma introdotta dal Decreto Minniti.

Il Collegio rievoca come il potere autoritativo dell’Amministrazione sia da rinvenirsi nella legge, in attuazione del principio di legalità sostanziale, espressione della volontà popolare (c.d. principio di legittimazione democratica). Tuttavia, evidenza come il principio di legalità subisce un temperamento rispetto alle autonomie locali in ragione dell’autonomia loro costituzionalmente riconosciuta, sul presupposto che l’organo di base è anch’esso eletto e dunque rappresentativo della comunità locale e dei relativi interessi. Il Comune, che rappresenta il livello amministrativo più vicino ai cittadini, deriverebbe dunque la capacità di fissare gli indirizzi della propria azione politica non tanto dallo Stato ma dalla propria comunità.

La valorizzazione dell’autonomia normativa e regolamentare dei comuni trova fondamento a livello costituzionale, ancor prima della riforma del Titolo V, agli articoli 5 e 128 della Carta costituzionale, mentre il riconoscimento della potestà normativa degli enti intraregionali si rinviene all’articolo 117 della Costituzione, che sancisce la potestà regolamentare di comuni, province e città metropolitane in ordine allo svolgimento delle funzioni amministrative loro attribuite, e all’art. 7 del T.U.E.L.

Non solo. La giurisprudenza ha da tempo chiarito come l’esercizio del potere normativo, quale peculiare caratteristica dell’autonomia dell’ente locale «si manifesta, oltre che nell’adozione dello statuto, anche nell’emanazione di regolamenti, atti a contenuto generale ed astratto, disciplinanti il comportamento, alla stregua di altre norme giuridiche, della generalità dei cittadini o di una determinata categoria di essi» (Cons. Stato, sez. V, 27 ottobre 2014, nn. 5287 e 5288).

In epoca antecedente all’entrata in vigore del Decreto Minniti, d.l. 14/2017, recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città», convertito in legge con modificazioni nella l. n. 48 del 18 aprile 2017, una embrionale capacità regolamentare in capo ai comuni, finalizzata a garantire la sicurezza urbana, era stata prevista dall’art. 50, comma 5, del T.U.E.L. che attribuisce al Sindaco, quale organo di vertice dell’amministrazione locale, il potere di emanare ordinanze contingibili e urgenti «in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana».

La legittima adozione di siffatte ordinanze extra ordinem è, però, subordinata al ricorrere cumulativamente dei seguenti presupposti: i) un grave pericolo che minaccia l’incolumità pubblica o la sicurezza urbana; ii) la contingibilità, intesa quale situazione imprevedibile ed eccezionale che non può essere fronteggiata con i mezzi ordinari previsti dall’ordinamento; iii) l’urgenza, causata dall’imminente pericolosità, che impone l’adozione di un provvedimento straordinario e di durata temporanea in deroga ai mezzi ordinari previsti dalla normativa vigente (Consiglio di Stato, sez. II, 20 dicembre 2021, n. 8438; TAR Campania, sez. V, 19 aprile 2021, n. 2453; TAR Trentino-Alto Adige, sez. I, 16 aprile 2021, n. 55).

Il Decreto Minniti è dunque intervenuto ad estendere e rafforzare la potestà normativa dei comuni in materia di sicurezza urbana anche a situazioni ordinarie e non solo urgenti, introducendo «strumenti volti a rafforzare la sicurezza delle città e la vivibilità dei territori» e a «promuovere interventi volti al mantenimento del decoro urbano». Il nuovo comma 7-ter dell’articolo 50 del T.U.E.L. mira a sottrarre alle ordinanze contingibili e urgenti dei Sindaci norme regolatrici della vita civile in materia di sicurezza e decoro urbano rimettendo questo potere ai regolamenti consiliari, in via ordinaria e non limitatamente ai casi di urgente necessità.

Alla luce delle considerazioni sin qui esposte, il Tribunale amministrativo ha giustificato la legittimità del Regolamento sulla qualità dell’aria adottato dal Consiglio comunale di Milano, nella parte in cui dispone il divieto di fumo in spazi pubblici, in ragione della facoltà dell’organo comunale di intervenire per contrastare il fenomeno di inquinamento «di prossimità», incidendo lo stesso sulla sicurezza urbana della Città.

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RGA Online – nota a TAR Milano n. 2631_2021

Per il testo della sentenza (estratto dal sito di Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegatoTAR Milano sentenza 2631_2021