Contaminazione storica: responsabilità, obblighi e solidarietà tra i soggetti coinvolti nella gestione di una discarica

Contaminazione storica: responsabilità, obblighi e solidarietà tra i soggetti coinvolti nella gestione di una discarica

di Elena Felici

T.A.R. Piemonte, Sez. I, 28 novembre 2022 n. 1044- Pres. Prosperi – Est. Malanetto

Smc (Avv. A. Sticchi Damiani), Consorzio VR (Avv. R. Montanaro) c Comune di Orbassano (Avv. M Dionigi) Città Metropolitana To, Regione Piemonte, Arpa Piemonte e altri (nc)

La responsabilità per l’inquinamento storico prodottosi in un’area in cui era stata svolta l’attività di gestione di una discarica si fonda sul principio di cui all’ art. 2043 c.c . I rimedi previsti dalla normativa ambientale costituiscono strumenti di riparazione in forma specifica. Nell’accertamento dell’illecito l’amministrazione ben può individuare una responsabilità solidale di due soggetti a diverso titolo coinvolti nella gestione dell’attività che ha dato luogo all’inquinamento. Le questioni relative al riparto interno della responsabilità rilevano esclusivamente nei rapporti tra i responsabili e non sono opponibili all’amministrazione.

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La vicenda processuale oggetto della decisione in esame riguarda il caso della bonifica di una discarica esaurita di 1^ categoria situata nel comune di Orbassano (To), fonte di contaminazione di acque sotterranee.

La discarica era stata realizzata e gestita dalla Società Smaltimento Controllati – SMC S.r.l. (di seguito “SMC”), proprietaria dell’area, dietro concessione del Consorzio Torino Sud (successivamente CoVa.R. 14, e di seguito il “Consorzio”), a sua volta titolare delle autorizzazioni alla progettazione e gestione della discarica.

Al termine del periodo di attività dell’impianto, nel lontano 1992, il Consorzio dava inizio alle attività di recupero ambientale, e la discarica veniva chiusa.

A distanza di circa dieci anni, veniva riscontrata la contaminazione delle acque sotterranee, contaminazione riconducibile pacificamente all’attività della discarica. Con successivi provvedimenti, la Provincia di Torino prescriveva, dapprima soltanto al Consorzio e successivamente anche a SMC, in qualità di proprietaria e ente gestore della discarica, la messa in atto degli interventi di messa in sicurezza dell’area, la presentazione di un piano di caratterizzazione, del progetto preliminare e di quello definitivo di bonifica o ripristino ambientale. Nel corso degli anni successivi, SMC ottemperava ai vari provvedimenti, finché nel 2019 impugnava, per la prima volta, i provvedimenti comunali con i quali -a seguito dell’approvazione del progetto di bonifica- venivano fissate le garanzie finanziarie a carico del soggetto responsabile, sostenendo, tra le altre cose, che il soggetto su cui dovevano gravare gli originari provvedimenti dovesse essere soltanto il Consorzio. Le ragioni, a detta di SMC, risiedevano nel fatto che la convenzione sottoscritta con il Consorzio fosse da considerarsi rapporto esaurito e quindi non più fonte di obblighi, e che il soggetto titolare dell’autorizzazione alla realizzazione e alla gestione della discarica fosse il Consorzio. SMC avrebbe potuto al più essere responsabile in via sussidiaria, in qualità di proprietaria dell’area, nei limiti di valore della stessa.

Anche il Consorzio, chiamato dall’amministrazione comunale ad ottemperare ai provvedimenti nel caso di inadempimento di SMC, li impugnava, sostenendo che unico responsabile non potesse che essere SMC in quanto “unico soggetto proprietario, detentore e gestore del sito” e che i provvedimenti impugnati non tenevano conto della normativa specifica in materia di bonifica di siti inquinati “introducendo una sorta di responsabilità sussidiaria che la normativa non contempla e non prevede” .

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La decisione affronta diverse interessanti questioni, già più  volte oggetto di esame della giurisprudenza.

  1. Tra queste, in primo luogo, il tema -sollevato da entrambe le ricorrenti per diversi motivi- dell’asserita inesistenza, all’epoca dei fatti, di una normativa che imponesse gli obblighi oggetto dei provvedimenti impugnati (emessi ai sensi degli artt. 242 e ss. del TUA). A ciò il TAR risponde con precise argomentazioni che ribadiscono quello che ormai è il consolidato orientamento in materia, statuito anche dalla recente pronuncia dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 10/2019: “l’applicazione delle norme in materia di bonifica anche a fattispecie di “contaminazioni storiche” non avviene in via retroattiva, sanzionando ora per allora condotte risalenti e lecite al momento della loro commissione, ma pone attuale rimedio alla perdurante condizione di contaminazione dei luoghi, da ritenersi illecita anche se posta in essere in epoca antecedente all’entrata in vigore del decreto legislativo numero 22 del 1997, che per primo ha disciplinato gli obblighi di bonifica” (Consiglio di Stato, Ad. pl., 22 ottobre 2019 n. 10, sez. IV, 7 maggio 2019 n. 2926, sez. VI, 10 settembre 2015 n. 4225; Cassazione civ., sez. III, 10 dicembre 2019 n. 32142)[i].

E’ assodato, infatti, che la tutela del bene ambiente  sia presente nel nostro ordinamento in forza del combinato disposto del dettato costituzionale e dell’art. 2043 c.c. e quindi da ben prima dell’ingresso nel nostro ordinamento della L. n. 349/86 e delle norme speciali in materia di ambiente. La modifica della disciplina intervenuta dapprima con il D.lgs. 22/1997 e poi con il D. Lgs. 152/2006 non va infatti a definire un illecito che precedentemente non esisteva ma ad “arricchire i rimedi [già] previsti in materia in ambito civilistico” con strumenti di riparazione in forma specifica andandoli ad affiancare a quelli prettamente risarcitori preesistenti, in linea con l’evoluzione dell’ordinamento europeo.[ii]

  1. La decisione passa poi ad affrontare il tema della corresponsabilità di diversi soggetti per i fatti di contaminazione e per l’attuazione degli obblighi di ripristino.

A parere del TAR, in questo caso, l’attribuzione degli obblighi di ripristino da parte dell’Amministrazione ad entrambi i ricorrenti deve ritenersi del tutto legittima.

Ciò sulla base:

(i) della natura storica dell’inquinamento che, manifestando i suoi effetti a distanza di tempo sarebbe coerente con l’attribuzione della responsabilità ai soggetti “a diverso titolo coinvolti nella gestione della discarica”.

Afferma testualmente il TAR che l’amministrazione comunale “… nell’accertamento dell’illecito, ben può, secondo il diverso paradigma della responsabilità aquiliana, individuare una responsabilità solidale di due soggetti a diverso titolo coinvolti nella gestione dell’attività che ha dato luogo all’inquinamento”, trattandosi poi eventualmente di un valutare il tema di ripartizione interna della responsabilità, tema a cui l’amministrazione è del tutto estranea non essendo le pattuizioni contrattuali opponibili all’amministrazione.

Tali statuizioni sono in linea con alcune precedenti decisioni che, nel caso di responsabilità da fatto illecito (o alla stessa assimilabile), hanno chiaramente statuito che ben può ipotizzarsi un caso di solidarietà ex art. 2055 c.c., ove si sia in presenza di un unico fatto ‘produttivo di un danno unico’: “potendo eventualmente (ove ritenuta responsabile), [la parte] agire in regresso nei confronti degli eventuali altri soggetti”  (Consiglio di Stato, Sez. IV 4 dicembre 2017, n. 5668).

Il medesimo principio è stato riaffermato anche TAR Marche n. 459 del 2 agosto 2022[iii] (emessa però con riferimento ad obblighi di rimozione di rifiuti) che richiama precedenti decisioni del medesimo TAR (TAR Marche Ancona 207/2021, e 694/2021) secondo le quali “nel caso in cui le condotte rilevanti ai sensi del TUA siano astrattamente ascrivibili a diversi soggetti, non è di per sé illegittima la decisione dell’amministrazione di agire separatamente e in tempi diversi” contro i soggetti coinvolti che “avranno sempre la possibilità di agire in regresso” .

L’ orientamento di cui sopra è conforme ai principi costantemente espressi dalla Cassazione, sul tema e cioè che debba ricorrere per l’applicazione dell’art. 2055 c.c. un unico fatto dannoso imputabile a soggetti diversi, cioè un unico fatto dannoso alla cui produzione abbiano concorso con efficacia causale più condotte (cfr. Cassazione 4 marzo 1993 n. 2605; 4 dicembre 1991 n.13093; 20 agosto 1977 n.3817). Occorrerebbe quindi la dimostrazione della sussistenza di un unico danno evento, a fronte delle diverse condotte illecite.

Nel caso di specie, questo aspetto non sembra essere stato particolarmente indagato nella sentenza del TAR Piemonte.

Rimane comunque aperto un ulteriore importante aspetto, vale a dire se l’applicazione tout court delle norme civilistiche in tema di solidarietà sia conforme ai principi generali che regolano la responsabilità in materia ambientale.

Sul punto, si è espressa in senso contrario una recente pronuncia del Consiglio di Stato n. 3575 del 7 maggio 2021 che, avendo considerato insufficiente l’istruttoria procedimentale effettuata dall’Amministrazione regionale in relazione al riparto delle responsabilità tra le diverse società  succedutesi nel sito, ha ritenuto che la conseguente generica attribuzione di responsabilità alle stesse non fosse “aderente ai canoni esegetici evincibili dal diritto europeo dell’ambiente, basati sui principi della responsabilità personale per il proprio fatto colpevole”[iv].

(ii) del “comportamento acquiescente di entrambe le ricorrenti”  che avevano sempre preso parte alle conferenze di servizi, e presentato/integrato/elaborato piani di caratterizzazione e progetti di bonifica, e in sostanza adempiuto ai provvedimenti dell’amministrazione in sostanza senza contestare il loro ruolo nella causazione dell’inquinamento o la qualifica in forza della quale venivano ‘chiamati in causa’. Con la conseguenza, secondo il TAR, che “in tale contesto di collaborazione da parte di tutti gli interessati, non vi era nessuna esigenza degli enti competenti di disquisire o puntualizzare circa il riparto di responsabilità tra i due destinatari”.

Da questo punto di vista, il principio espresso dal TAR sembra essere in linea con quanto già in precedenza espresso dalla giurisprudenza in tema di adempimento volontario. Al riguardo, recentemente il Consiglio di Stato si è pronunciato come segue: “ai sensi dell’art. 242, comma 1, del d.lgs. n. 152/2006, nelle ipotesi di “contaminazioni storiche” il responsabile dell’inquinamento rimane obbligato alla bonifica, ove il pericolo di aggravamento della situazione sia ancora attuale. Nel caso dell’assunzione volontaria degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino da parte del proprietario incolpevole, l’Amministrazione non è tenuta a svolgere alcun accertamento in merito alla responsabilità di quest’ultimo, potendogli imporre ogni prescrizione necessaria al raggiungimento dell’interesse pubblico alla bonifica, a prescindere dalla verifica in merito a chi abbia effettivamente determinato l’inquinamento” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 14 giugno 2022, n. 4826; si veda inoltre T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 25 settembre 2019 n. 831[v]). In altre parole, il Consiglio di Stato afferma che l’assunzione volontaria delle attività di bonifica fa sorgere un obbligo alla loro realizzazione anche in capo a chi l’ha volontariamente assunto (nel caso di specie il proprietario incolpevole) con buona pace del principio chi inquina paga (parte della giurisprudenza ha assimilato l’assunzione volontaria degli obblighi di bonifica alla  “gestione di affari altrui” ex art. 2028 c.c;

(iii) dell’“acquiescenza e decadenza” del Consorzio che non aveva mai impugnato né contestato l’espressa attribuzione degli obblighi di caratterizzazione e bonifica operata dall’amministrazione a suo carico proprio in qualità di responsabile dell’inquinamento.

Nel merito, secondo la decisione qui annotata, il Consorzio sarebbe infatti direttamente responsabile per la gestione della discarica in forza dell’originaria autorizzazione rilasciata dalla Provincia e ciò in considerazione del fatto che la L.R. Piemonte n.18/1986 non avrebbe disegnato un’autorizzazione, in capo al Consorzio, di natura meramente formale, ma un vero e proprio  “sistema che lascia[va] al soggetto pubblico la responsabilità ultima di una corretta amministrazione della discarica.” In sostanza, secondo la decisione, in attuazione della normativa nazionale, la legge regionale piemontese avrebbe scelto che gli enti locali dovessero operare preferibilmente tramite i consorzi di comuni, titolari delle autorizzazioni, i quali a loro volta potevano avvalersi  di concessionari “ dal punto di vista operativo”. In tal modo la decisione giunge ad affermare che il Consorzio era sempre rimasto “il titolare primo della gestione del servizio ed era quindi chiamato, per legge, a scegliere e monitorare le modalità di gestione operativa”, facendo quindi discendere in capo al medesimo anche un obbligo di controllo e sorveglianza sull’operato del concessionario.

Non è questa la sede per esaminare nel dettaglio i principi che regolano la responsabilità verso i terzi e la relativa ripartizione nel settore dell’affidamento di un pubblico servizio come quello della gestione di una discarica (tra l’altro disciplinato da una normativa che risale al 1986): la materia meriterebbe approfondimento. Se questo è il quadro, peraltro, non ci sembra che i provvedimenti via via emessi dalle amministrazioni coinvolte (così come sono stati descritti in sentenza) siano stati coerenti con il sistema così delineato.

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RGA Online – nota a TAR Piemonte Sez 1 1044 2022 def

Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.

TAR Piemonte, Sez. 1, 28 novembre 2022, n. 1044

NOTE:

[i] Sul  tema in questa rivista E. Felici “Obbligo di bonifica e “contaminazioni storiche” in RGA Online, 4 Agosto 2022, disponibile su https://rgaonline.it/article/obbligo-di-bonifica-e-contaminazioni-storiche/

[ii] per una ricostruzione dell’evoluzione normativa in materia cfr. Corte Costituzionale 1 giugno 2016 n. 126,

[iii] Annotata in questa rivista L. Prati “Abbandono di rifiuti e solidarietà nell’obbligo di rimozione” 1 dicembre 2022 disponibile su https://rgaonline.it/article/abbandono-di-rifiuti-e-solidarieta-nellobbligo-di-rimozione/

[iv] Cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV 7 maggio 2021 n.3575 emessa in relazione alla nota vicenda dello stabilimento “Lucchini Piombino” aveva ritenuto “l’istruttoria procedimentale sia stata insufficiente nella parte relativa al riparto delle responsabilità tra le società interessate, non avendo l’Amministrazione regionale decidente approfondito la consistenza del contributo causale di ciascuna società rispetto all’effettiva, causale produzione del danno ambientale” e Consiglio di Stato, Sez IV 7 gennaio 2021 n,172  in tema L. Butti “Danno da inquinamento quale responsabilità?” Ambiente & Sicurezza 2 febbraio 2017 disponibile su https://www.buttiandpartners.com/wp-content/uploads/2017/02/Danno-da-inquinamento-quale-responsabilit%C3%A0.pdf

[v] Per un approfondimento sul  tema E. MASCHIETTO “La bonifica volontaria e le sue amare conseguenze” in questa Rivista, 16 dicembre 2019, disponibile su https://rgaonline.it/article/la-bonifica-volontaria-e-le-sue-amare-conseguenze/