di Roberto Gubello
CONS. STATO, Sez. IV – 1 marzo 2021 – Pres. PIOLI, Est. SPAGNOLETTI – Provincia di Savona (Avv. Protto) c. I.C. S.r.l. (Avv.ti Gaggero e Perdelli), Regione Liguria (Avv.ti Masuelli e Bozzini), A.R.P.A.L. (Avv. Sommovigo).
L’autorizzazione integrata ambientale costituisce il provvedimento finale di un procedimento nel quale convergono – rimanendone assorbiti – tutti gli atti di autorizzazione, di valutazione e di assenso afferenti i campi dell’ambiente, dell’urbanistica, dell’edilizia, delle attività produttive, con la conseguenza che la loro efficacia non può che soggiacere al regime previsto per il primo provvedimento, in coerenza con la ratio di semplificazione e concentrazione sottesa all’individuazione dello specifico modulo procedimentale rappresentato dalla Conferenza di Servizi e ferma restando l’unicità del provvedimento conclusivo
Nell’ambito del procedimento avviato per il riesame ed il rinnovo dell’autorizzazione integrata ambientale, ai fini dell’adeguamento della stessa alle BAT, come disciplinato dall’art. 29 octies D.Lgs. 152/2006, l’unico atto direttamente ed autonomamente impugnabile è costituito dal provvedimento dell’Amministrazione competente con cui si conclude il procedimento autorizzatorio, assumendo il verbale della Conferenza di Servizi decisoria una valenza meramente endoprocedimentale.
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A seguito della pubblicazione nella G.U.U.E. delle conclusioni sulle B.A.T. (best available techniques)[i] per la produzione di ferro ed acciaio, l’Amministrazione provinciale avviava d’ufficio il procedimento di cui all’art. 29 octies D.Lgs. n. 152/2006, finalizzato al riesame e rinnovo dell’autorizzazione integrata ambientale rilasciata in favore di un impianto autonomo di produzione di coke[ii].
All’esito di una serie di riunioni della Conferenza di Servizi in sede istruttoria nonché di apposito tavolo tecnico, la Conferenza di Servizi in sede decisoria esprimeva parere favorevole alla conclusione del procedimento di riesame dell’autorizzazione, rinviando al successivo provvedimento dirigenziale il dettaglio delle prescrizioni già discusse.
Il predetto verbale veniva impugnato dall’operatore privato, anche al fine di evitare ogni possibile obiezione di mancata tempestiva contestazione di atti lesivi e paventando che l’emanando provvedimento di riesame e rinnovo potesse recepire i contenuti del verbale della Conferenza di Servizi decisoria.
La vicenda ha costituito l’occasione per il Tar ligure e, poi, per il Consiglio di Stato, in sede di gravame, per chiarire la rispettiva posizione in merito all’impatto che le modifiche normative intervenute sulla Conferenza di Servizi hanno prodotto sull’istituto dell’autorizzazione integrata ambientale e sul peculiare procedimento per il suo rilascio nonché per il rinnovo e/o riesame della medesima.
Tradizionalmente, in considerazione del tenore letterale del comma 9 dell’art. 14 ter L. 241/90, la giurisprudenza amministrativa ha affermato che il “modulo procedimentale” della Conferenza di Servizi, anche decisoria, presentasse una struttura dicotomica, nel senso che: alla determinazione resa in sede di Conferenza doveva riconoscersi una valenza meramente endoprocedimentale; l’efficacia esoprocedimentale fosse riservata esclusivamente al provvedimento autorizzatorio finale, l’unico ad essere effettivamente lesivo e, quindi, impugnabile in via diretta.
A seguito delle modifiche apportate al predetto art. 14 ter dal D.L. n. 78/2010[iii], si è invece profilato un contrasto giurisprudenziale tra il Consiglio di Stato[iv], che afferma(va) la struttura dicotomica (ovvero bifasica) del procedimento autorizzativo, ed il Giudice di primo grado che, in alcuni casi, sosteneva che la Conferenza di Servizi decisoria avesse una propria autonomia[v].
All’interno di questo secondo indirizzo interpretativo si inserisce la sentenza del Tar Liguria[vi], secondo la quale, ancor più all’esito dell’intervenuta ulteriore modifica degli articoli 14 ter e 14 quater da parte del D.Lgs. 30 giugno 2016, n. 127[vii], il predetto contrasto giurisprudenziale dovrebbe ritenersi “definitivamente superato“.
In tal senso, la determinazione conclusiva dell’Autorità procedente – anche in quelle fattispecie (come quella in esame) ove sia comunque previsto un formale provvedimento autorizzatorio finale – non potrebbe ritenersi autonoma, sotto il profilo strettamente sostanziale, rispetto alla delibera adottata dalla Conferenza di Servizi decisoria.
In altri termini, secondo il Tar, il contenuto precettivo e lesivo non sarebbe determinato (esclusivamente) dal provvedimento finale, avente funzione sostanzialmente dichiarativa, ma andrebbe rinvenuto nella deliberazione resa in sede di Conferenza decisoria, con ogni conseguenza in termini di immediata lesività del verbale di conclusione della predetta Conferenza e di sua diretta ed autonoma – sebbene non obbligatoria – impugnazione[viii].
Con la pronuncia qui annotata, invece, il Consiglio di Stato torna a ribadire la propria posizione in merito alla natura meramente endoprocedimentale del verbale della Conferenza di Servizi decisoria, al quale non può riconoscersi alcun valore “costitutivo” – e quindi “sostitutivo” – del provvedimento finale e, per l’effetto, non direttamente ed immediatamente impugnabile.
E tale conclusione, secondo la sentenza in commento, non sarebbe in alcun modo scalfita dalle modifiche normative comunque intervenute in tema di Conferenza di Servizi.
Tant’è vero che, pur sotto la vigenza delle modifiche introdotte dal D.L. n. 78/2010, il Consiglio di Stato aveva avuto modo di puntualizzare che, nei procedimenti avviati in base ad esse, “la determinazione motivata di conclusione del procedimento […] conserva autonoma e diretta valenza provvedimentale, e non può considerarsi mera “trascrizione” del verbale conclusivo della conferenza“[ix].
Lo stesso dicasi all’indomani della modifica dell’art. 14 quater, come sostituito dall’art. 1, comma 1, D.Lgs. n. 127/2016, in forza del quale “la determinazione motivata di conclusione della conferenza, adottata dall’amministrazione procedente all’esito della stessa, sostituisce a ogni effetto tutti gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle amministrazioni e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati“; ciò in quanto tale previsione deve comunque essere correlata con quella di poco successiva che vuole che “le amministrazioni i cui atti sono sostituiti dalla determinazione motivata di conclusione della conferenza possono sollecitare con congrua motivazione l’amministrazione procedente ad assumere, previa indizione di una nuova conferenza, determinazioni in via di autotutela ai sensi dell’articolo 21-nonies. Possono altresì sollecitarla, purché abbiano partecipato, anche per il tramite del rappresentante di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo 14-ter, alla conferenza di servizi o si siano espresse nei termini, ad assumere determinazioni in via di autotutela ai sensi dell’articolo 21-quinquies”.
Anche in questo quadro normativo, continua dunque ad essere essenziale, a parere del Consiglio di Stato, l’adozione di un provvedimento che recepisca in ogni caso la determinazione contenuta nel verbale conclusivo della Conferenza decisoria[x], che è e rimane un atto intermedio di valenza endoprocedimentale, non direttamente ed immediatamente impugnabile, dovendosi concentrare tutte le censure nell’impugnazione del provvedimento emesso dall’Autorità procedente.
E tanto vale sia con riferimento al verbale della Conferenza di Servizi decisoria, quanto con riferimento al verbale della eventuale Conferenza di Servizi supplementare che, ove prevista, costituisce l’effettiva chiusura della fase della Conferenza di Servizi.
Ciò in quanto la Conferenza di Servizi c.d. supplementare va intesa quale ulteriore sviluppo – e non una ulteriore fase o ‘tappa’ del procedimento – dell’unica fase, che si potrebbe definire “conferenziale”; uno sviluppo finalizzato ad integrare le determinazioni assunte nelle precedenti riunioni e, così – dopo l’acquisizione e il vaglio degli ulteriori apporti istruttori e conoscitivi, legittimamente individuati già all’esito della Conferenza decisoria – a concludere la fase della Conferenza di Servizi[xi].
Ed è probabilmente questo il punto di maggiore interesse della pronuncia commentata che, sulla base di tale ricostruzione, finisce per rigettare la censura imperniata sul rilievo che la Conferenza di Servizi c.d. supplementare fosse intervenuta, nel caso di specie, a distanza di circa sette mesi – e quindi oltre il termine di novanta giorni, di cui all’art. 14 ter L. 241/1990 – dalla riunione della Conferenza di Servizi decisoria.
Su questo aspetto la pronuncia del Consiglio di Stato chiarisce come, sebbene il procedimento di autorizzazione integrata ambientale (ivi compreso quello di rinnovo e riesame di cui all’art. 29 octies D.Lgs. n. 152/2006), sia improntato, per motivi di speditezza, sul modello procedimentale della conferenza di servizi, ciò non significa che il procedimento autorizzatorio non conservi in ogni caso la propria specificità, sia in punto di struttura che di termini procedimentali.
In tal senso, l’autorizzazione integrata ambientale (e, al pari di essa, anche i provvedimenti di rinnovo e riesame) costituisce il provvedimento finale di un procedimento, nel quale convergono tutti gli atti di autorizzazione, di valutazione e di assenso afferenti i campi dell’ambiente, dell’urbanistica, dell’edilizia, delle attività produttive; non la mera “sommatoria” dei provvedimenti di competenza degli Enti chiamati a partecipare alla Conferenza di Servizi, ma un titolo autonomo caratterizzato da una disciplina specifica che consente la costruzione e la gestione dell’impianto alla stregua delle prescrizioni e delle condizioni imposte dall’autorizzazione medesima.
In sostanza, le determinazioni delle Amministrazioni coinvolte vengono di fatto “assorbite” nel provvedimento conclusivo, con la conseguenza che l’efficacia delle prime non può che soggiacere al regime previsto per il secondo, non potendovi essere una pluralità di termini di efficacia, suscettibile di ledere il principio di certezza delle situazioni giuridiche e la ratio stessa di semplificazione e concentrazione sottesa all’individuazione dello specifico modulo procedimentale rappresentato dalla Conferenza dei Servizi ed alla unicità del provvedimento conclusivo[xii].
Ciò implica che la scadenza del termine di cui all’art. 14 ter L. n. 241/90 non può in ogni caso inficiare la validità ed efficacia del provvedimento finale, ferma comunque la rilevanza di tale circostanza rispetto alla violazione dell’obbligo di concludere il procedimento da parte dell’Autorità competente, laddove si ricada nel previgente regime normativo, ovvero della determinazione motivata di conclusione della Conferenza adottata dall’amministrazione procedente nel regime vigente[xiii].
Per il testo della sentenza (estratto dal sito istituzionale della Giustizia Amministrativa) cliccare sul pdf allegato.
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Note:
[i] Con la stessa pronuncia di primo grado, il Tar Liguria, Genova, Sez. I, 13 gennaio 2020, n. 18, si dilunga sulla definizione di “Best Available Tecniques“, ovvero delle “migliori tecniche disponibili” riportate nelle Conclusioni adottate a livello comunitario e di cui, ai sensi dell’art. 29 bis D.Lgs. n. 152/2006, l’Amministrazione competente deve tenere conto, unitamente a quanto indicato nell’Allegato XI alla Parte Seconda, ai fini del rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale e per dettarne le relative condizioni.
Si tratta cioè della “più efficiente e avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l’idoneità pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione e delle altre condizioni di autorizzazione intesi ad evitare, oppure, ove ciò si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l’impatto sull’ambiente nel suo complesso“. In tal senso per “tecniche” devono intendersi “sia le tecniche impiegate, sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell’impianto; per “disponibili”: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l’applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente idonee nell’ambito del relativo comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché il gestore possa utilizzarle a condizioni ragionevoli; per “migliori”: le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell’ambiente nel suo complesso“.
Si tratta di un insieme di tecnologie e procedure “in progress”, secondo l’evoluzione economica e scientifica, finalizzate a consentire per ogni fattispecie concreta un miglioramento del rapporto impresa-ambiente garantendo prestazioni sempre più puntuali sotto il profilo dell’impatto ambientale ad un costo sostenibile“.
[ii] La disposizione menzionata prevede che “l’autorità competente riesamina periodicamente l’autorizzazione integrata ambientale, confermando o aggiornando le relative condizioni.
- Il riesame tiene conto di tutte le conclusioni sulle BAT, nuove o aggiornate, applicabili all’installazione e adottate da quando l’autorizzazione è stata concessa o da ultimo riesaminata, nonché di eventuali nuovi elementi che possano condizionare l’esercizio dell’installazione. Nel caso di installazioni complesse, in cui siano applicabili più conclusioni sulle BAT, il riferimento va fatto, per ciascuna attività, prevalentemente alle conclusioni sulle BAT pertinenti al relativo settore industriale.
- Il riesame con valenza, anche in termini tariffari, di rinnovo dell’autorizzazione è disposto sull’installazione nel suo complesso:
- a) entro quattro anni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea delle decisioni relative alle conclusioni sulle BAT riferite all’attività principale di un’installazione;
- b) quando sono trascorsi 10 anni dal rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale o dall’ultimo riesame effettuato sull’intera installazione.
- Il riesame è inoltre disposto, sull’intera installazione o su parti di essa, dall’autorità competente, anche su proposta delle amministrazioni competenti in materia ambientale, comunque quando:
- a) a giudizio dell’autorità competente ovvero, in caso di installazioni di competenza statale, a giudizio dell’amministrazione competente in materia di qualità della specifica matrice ambientale interessata, l’inquinamento provocato dall’installazione è tale da rendere necessaria la revisione dei valori limite di emissione fissati nell’autorizzazione o l’inserimento in quest’ultima di nuovi valori limite, in particolare quando è accertato che le prescrizioni stabilite nell’autorizzazione non garantiscono il conseguimento degli obiettivi di qualità ambientale stabiliti dagli strumenti di pianificazione e programmazione di settore;
- b) le migliori tecniche disponibili hanno subito modifiche sostanziali, che consentono una notevole riduzione delle emissioni;
- c) a giudizio di una amministrazione competente in materia di igiene e sicurezza del lavoro, ovvero in materia di sicurezza o di tutela dal rischio di incidente rilevante, la sicurezza di esercizio del processo o dell’attività richiede l’impiego di altre tecniche;
- d) sviluppi delle norme di qualità ambientali o nuove disposizioni legislative comunitarie, nazionali o regionali lo esigono;
- e) una verifica di cui all’articolo 29-sexies, comma 4-bis, lettera b), ha dato esito negativo senza evidenziare violazioni delle prescrizioni autorizzative, indicando conseguentemente la necessità di aggiornare l’autorizzazione per garantire che, in condizioni di esercizio normali, le emissioni corrispondano ai “livelli di emissione associati alle migliori tecniche disponibili“.
[iii] Il comma 6-bis prescriveva che l’Amministrazione procedente, “valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, “adottava” la determinazione motivata di conclusione del procedimento che sostituisce a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti, o comunque invitate a partecipare ma risultate assenti, alla predetta conferenza”.
[iv] Pur a seguito della menzionata modifica legislativa, il Consiglio di Stato ha continuato ad affermare che “la conferenza di servizi decisoria risulta caratterizzata da una struttura dicotomica, articolata in una fase che si conclude con la determinazione della conferenza con valenza endoprocedimentale, ed in una successiva fase che si conclude con l’adozione del provvedimento finale, con valenza esoprocedimentale ed esterna, riservata all’Autorità procedente previa valorizzazione delle risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti ivi espresse, regola, quest’ultima, dal contenuto flessibile, in quanto resta ferma l’autonomia del potere provvedimentale dell’Autorità, purché dotato di adeguata motivazione” (Cons. Stato, Sez. V, 6 novembre 2018, n. 6273).
[v] In tale direzione veniva valorizzata la nuova formulazione del comma 6 bis dell’art. 14 ter L. n. 241/1990, dal quale si faceva discendere che “la determinazione di conclusione del procedimento adottata dalla conferenza sostituisce ogni atto di assenso comunque denominato, ha come conseguenza che un distinto provvedimento finale non è più richiesto e il verbale conclusivo della conferenza di servizi è l’atto con valenza esoprocedimentale immediatamente impugnabile“. Così T.A.R. Lazio, Sez. II, 9 febbraio 2015, n. 2338.
[vi] Tar Liguria, Genova, Sez. I, 13 gennaio 2020, n. 18.
[vii] Il D.Lgs. n. 127/2016 è intervenuto sull’art. 14 ter, abrogando il comma 6 bis citato, e modificato il comma 1 dell’art. 14 quater, prevedendo che “la determinazione motivata di conclusione della conferenza, adottata dall’amministrazione procedente all’esito della stessa, sostituisce a ogni effetto tutti gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle amministrazioni e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati“.
[viii] Ciò, a parere del Tar, infatti, “legittimerebbe (pur non obbligando, ben potendo il privato attendere l’adozione del provvedimento conclusivo)“, l’immediata impugnazione del verbale.
[ix] Così Sez. IV, 10 febbraio 2020, n. 1014; sulla struttura dicotomica vedi anche Sez. VI, 31 gennaio 2011, n. 712 e per più risalenti arresti vedi Sez. V, 8 maggio 2007, n. 2107 e Sez. VI, 3 marzo 2006, n. 1023.
[x] Così già così Cons. Stato, Sez. IV, 16 novembre 2020, n. 7052 aveva statuito che “la determinazione conclusiva della conferenza di servizi ha valore di atto istruttorio endoprocedimentale a contenuto consultivo, ben distinto dal provvedimento di autorizzazione unica che deve essere poi rilasciato dalla Regione“.
[xi] Per le stesse ragioni (dovendosi ritenere la conferenza di servizi supplementare un mero sviluppo e conclusione del procedimento avviato), non può sostenersi che, ai fini dello svolgimento della Conferenza di Servizi c.d. supplementare, occorra rinnovare la fase di pubblicità e le formalità partecipative di cui all’art. 29 quater, comma 3, D.Lgs. n. 152/2006, già assolte nella fase di avvio del procedimento.
[xii] In questi termini si era peraltro già espresso Cons. Stato, Sez. IV, 29 aprile 2020, n. 2733.
[xiii] Si veda, per tutte, Cons. Stato, Sez. VI, 6 dicembre 2013, n. 5857.