Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e confisca ambientale. Tra profili di (in)costituzionalità della norma e disarmonie legislative

Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e confisca ambientale. Tra profili di (in)costituzionalità della norma e disarmonie legislative

di Enrico Fassi

Corte di Cassazione, Sez. III – 6 novembre 2019 (dep. 7 aprile 2020), n. 24797 – Pres. Ramacci, Est. Liberati – ric. P.

Il presente contributo analizza l’istituto della confisca previsto dall’art. 452 undecies cp, ed in particolare la disposizione premiale del quarto comma, nel rapporto con il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, come noto inserito – ma, si ritiene, non compiutamente coordinato – all’interno del Titolo VI bis del codice penale all’art. 452 quaterdecies cp nel 2018, per il quale come altrettanto noto ne è esclusa la applicabilità, evidenziando i potenziali profili di incostituzionalità della norma laddove riguardati attraverso la fragilità delle argomentazioni utilizzate dalla Corte di Cassazione per dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzione del disposto dell’art. 452 undecies, IV, cp proposta dal ricorrente. 

  1. Introduzione alle potenziali aporie interpretative.

La sentenza oggetto del presente contributo costituisce lo spunto per sviluppare talune considerazioni con riguardo al delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti a distanza di due anni dalla sua introduzione, avvenuta con il d.lgs. n. 21/2018 e la disposizione di cui all’art. 452 quaterdecies cp, all’interno del Titolo VI bis del codice penale (a sua volta inserito con la legge 22 maggio 2015, n. 68, come noto disciplinante i delitti contro l’ambiente), nel rapporto con il complesso degli istituti all’uopo previsti dal legislatore nel campo dei delitti ambientali, complessivamente diretti – pur con scarsa linearità di intenti – da un lato ad un generale inasprimento della cornice sanzionatoria per fattispecie atte a vulnerare l’ambiente, considerato bene giuridico da proteggere con sempre maggiore incisività, e dall’altro lato a prevedere incentivi per il soggetto autore della condotta illecita qualora attivatosi con iniziative in senso lato di emenda verso le matrici ambientali dallo stesso vulnerate.

Si ritiene infatti come tale inserimento, avvenuto in epoca coeva alla opzione legislativa volta a dare sostanza al principio della c.d. riserva di codice per tutti i delitti ambientali, avrebbe meritato una più ampia riflessione nonché una disamina rispetto alle potenziali implicazioni sistemiche derivanti da tale sussunzione (tralasciando ogni considerazione riguardo ai deficit di determinatezza e ragionevolezza già di per sé denunciati per le fattispecie introdotte con la l. n. 68/2015[i]), sovente date per scontate o comunque non sondate, adagiandosi nel solco della continuità normativa che il legislatore avrebbe inteso attribuire alle diverse trasposizioni legislative del precetto nelle correlate previsioni delittuose succedutesi nel tempo.

Se l’obiettivo primario è quello di verificare o comunque approfondire l’istituto della confisca previsto per il delitto sopra indicato, e ciò anche in un’ottica aggregata riferita agli altri delitti ambientali previsti dal codice penale, la disamina deve necessariamente porsi in una prospettiva più ampia, che involga la previsione stessa di cui all’art. 452 quaterdecies cp, giacché come detto inserita all’interno di un sistema conchiuso senza – si ritiene – un compiuto coordinamento riguardo a tutto il complesso vuoi delle fattispecie incriminatrici medesime, vuoi degli istituti premiali e punitivi introdotti per definire il quadro degli strumenti normativi volti a regolamentare un settore particolarmente delicato quale quello del diritto penale dell’ambientale.

Poste le direttrici di cui sopra, la questione fattuale che costituisce lo spunto per le riflessioni sviluppate nel presente contributo trae origine dal ricorso per Cassazione presentato da quattro soggetti imputati, destinatari di sentenza di applicazione della pena ex art. 444 cpp pronunciata dal Giudice per l’Udienza Preliminare di Milano in relazione, in particolare, ai delitti di cui agli artt. 416 cp e 452 quaterdecies cp, oltre a numerose ipotesi di illeciti contravvenzionali previsti dal d.lgs. n. 152/2006.

Con riferimento alle pene accessorie, agli imputati veniva variamente ordinato, ai sensi dell’art. 452 quaterdecies cp, la esecuzione di attività volte al ripristino della matrice ambientale vulnerata, oltre che la bonifica delle aree interessate dalla realizzazione di una discarica abusiva, nonché infine – ai sensi dell’art. 256, III, d.lgs. n. 152/2006 – la confisca dei sedimi medesimi, sui quali insistevano un impianto di trattamento di rifiuti e le discariche, ritenuti abusivi.

Per quanto rilevante ai fini del presente elaborato, ha proposto ricorso per Cassazione uno dei soggetti destinatari del provvedimento ex art. 444 cpp lamentando, tra gli altri motivi di gravame, la illegittimità costituzionale dell’art. 452 undecies cp, che esclude la applicazione della confisca nella ipotesi in cui l’imputato abbia efficacemente posto in essere attività di messa in sicurezza ovvero bonifica e ripristino dello stato dei luoghi, nella parte in cui tale istituto discriminerebbe tra le fattispecie previste agli artt. 452 septies cp e 452 quaterdecies cp.

Allo stesso modo, il ricorrente ha altresì sottolineato la irragionevolezza della opzione legislativa volta alla preclusione, per l’autore del reato che non abbia potuto porre in essere alcuna attività riparatoria (e ciò in ragione delle circostanze fattuali riscontrate, non essendosi generato un vulnus alla sicurezza dei luoghi e dell’ambiente), di accedere all’istituto premiale di cui all’art. 452 undecies, IV, cp.

La Corte di Cassazione, nel procedere alla declaratoria di manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 452 quaterdecies, IV, cp – probabilmente errando nella individuazione della norma tacciata di illegittimità costituzionale, essendo il motivo di ricorso proposto con riferimento alla disposizione di cui all’art. 452 undecies, IV, cp – anche per omessa indicazione del parametro costituzionale che il ricorrente assumeva violato, ha modo di soffermarsi brevemente sul tema della confisca prevista per il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, sviluppando talune considerazioni che saranno appunto oggetto di riflessione in questa sede.

Secondo il Collegio, infatti, la previsione della confisca obbligatoria prevista dall’art. 452 quaterdecies, u.c., cp, non risulterebbe affatto irragionevole, avendo lo scopo, per fini sanzionatori e preventivi, di sottrarre al reo i beni utilizzati per la commissione del delitto ambientale impendendo così la reiterazione di condotte illecite.

Al tempo stesso, posta la finalità poc’anzi cennata, non sarebbe né irragionevole, né abnorme, né infine in contrasto con l’art. 3 Cost. la mancata applicazione, per tale tipologia di confisca, della previsione premiale di cui all’art. 452 undecies, IV, cp[ii], in quanto espressione di scelta discrezionale del legislatore valutata (anche) sulla base delle ritenute diversità strutturali tra le fattispecie contemplate dalla disposizione menzionata e quella di cui all’art. 452 quaterdecies cp, la quale ultima contemplerebbe anche condotte che possono non richiedere attività di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi.

Se la soluzione reiettiva affermata dalla Corte è declinata con una significativa brevità, altrettanto non possono dirsi le considerazioni comunque ricavabili dal complesso degli istituti previsti nel Titolo VI bis del codice penale, arricchiti – ma, si ritiene, non compiutamente coordinati – con la previsione di cui all’art. 452 quaterdecies cp.

  1. Un breve excursus rispetto alla origine del delitto di cui all’art. 452 quaterdecies cp, alle finalità perseguite dalla norma ed al suo progressivo allargamento dell’ambito di operatività attraverso la attribuzione di un connotato di plurioffensività al delitto.

Come noto, il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti è stato introdotto nell’ordinamento all’art. 53 bis d.lgs. n. 22/1997 (c.d. decreto Ronchi) dalla l. n. 93/2001, andando così a configurare il primo delitto in materia ambientale[iii].

Successivamente, come altrettanto noto, il dettato normativo è stato trasposto in maniera identica nel d.lgs. n. 152/2006, ed inserito nell’art. 260, ove è stato oggetto di una intesa attività di elaborazione dottrinale e giurisprudenziale data la frammentarietà e complessità dei relativi elementi costitutivi e la correlata capacità espansiva dello spettro delle condotte astrattamente sussumibili nel suo ambito applicativo[iv].

Da ultimo, il già menzionato d.lgs. n. 21/2018 ha trasferito – in virtù del principio della c.d. riserva di codice previsto dall’art. 3 bis cp, anch’esso previsto dal citato decreto legislativo – il dettato normativo nella fattispecie di cui all’art. 452 quaterdecies cp, incluso nel Titolo VI bis del codice penale (“Dei delitti contro l’ambiente”), nel dichiarato intento di assicurare una continuità normativa alla fattispecie[v].

Se dunque il percorso (lineare) del precetto del delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti risulta chiaro nelle intenzioni del legislatore, cosiccome nella interpretazione datane dalla giurisprudenza di legittimità, appaiono invece variegati gli strumenti volta a volta introdotti per la perimetrazione e definizione degli ulteriori profili prettamente sanzionatori e processuali del reato.

Il più importante di tali strumenti pare quello previsto dall’art. 11, d.lgs. 13 agosto 2010, n. 136, che ha ricompreso l’allora art. 260 d.lgs. n. 152/2006 tra i reati di competenza della Direzione Distrettuale Antimafia di cui all’art. 51, III bis cp, con conseguenze di non poco conto:

  1. i. sia dal punto di vista del diritto sostanziale, quale ad esempio il raddoppio dei termini di prescrizione del reato, giusta la previsione di cui all’art. 157, VI, cp oltre che le conseguenze – sempre in punto di computo dei termini prescrizionali – previste dall’art. 160, III, cp;
  2. ii. sia dal punto di vista processuale, quali la disciplina delle regime delle misure cautelari ex 275, III, cpp, che consente per i delitti di competenza della DDA la possibilità di applicazione della custodia cautelare in carcere (pur con i contemperamenti introdotti dalla l. n. 47/2015 in punto di non automaticità di tale esito) in presenza dei gravi indizi di reato nonché di una delle esigenze cautelari, e ciò dunque con particolare capacità incisiva anche rispetto a realtà operanti sulla base di un titolo autorizzativo regolarmente rilasciato dalla autorità competente, oltre che la competenza riconosciuta all’ufficio procedente sito nel Tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice naturalmente competente)[vi];

iii. sia dal punto di vista degli strumenti processuali riconosciuti all’ufficio procedente, quali i presupposti più ampi assentiti e le modalità più invasive consentite per l’utilizzo del mezzo di ricerca della prova delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ai sensi dell’art. 267 cpp;

  1. iv. sia dal punto di vista delle conseguenze lato sensu amministrative discendenti dalla pronuncia di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta, quali quelle previste nei rapporti con la Pubblica Amministrazione dal combinato disposto del d.lgs. n. 159/2011 (c.d. codice antimafia) e del d.lgs. n. 50/2016, in tema di mantenimento dei titoli autorizzativi da parte del soggetto destinatario della condanna (o della sentenza ex 444 cpp), di permanenza nel sistema c.d. white list, ovvero ancora nel divieto di ottenere licenze, autorizzazioni, concessioni pubbliche, iscrizioni ad Albi appaltatori e di accedere a contributi e finanziamenti;
  2. v. sia infine dal punto di vista più generale afferente la applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali previste dal d.lgs. n. 159/2011, in quanto comprensivo delle fattispecie variamente contenute nell’art. 51, III bis, cpp astrattamente applicabili – anche ante iudicium – agli amministratori di società indiziati per il delitto ambientale di cui trattasi (oltre che, ovviamente, destinatari di sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta).

Può inoltre menzionarsi l’inserimento, avvenuto mediante il d.lgs. n. 121/2011, del delitto de quo all’interno dell’art 25 undecies cp quale reato presupposto per la insorgenza di una ipotesi di responsabilità amministrativa degli enti ex d.lgs. n. 231/2001, con correlata previsione di una sanzione amministrativa pecuniaria per la società ritenuta responsabile e più in generale la sussunzione della stessa nel sistema di obblighi riconducibili a tale disciplina legislativa.

Infine, quale ulteriore – e particolarmente incisivo –  corollario, la previsione inserita nell’art. 260 d.lgs. n. 152/2006, sempre per mezzo della l. n. 68/2015, della confisca obbligatoria nella forma diretta ovvero per equivalente, degli strumenti utilizzati per commettere il reato, del prodotto o del profitto del medesimo, che attualmente è stata trasposta nel quinto comma dell’art. 452 quaterdecies cp, ricompresa più in generale tra le forme di confisca degli instrumenta delicti previste in materia ambientale.

La configurazione della norma, all’indomani della vigenza dell’art. 11 d.lgs. n. 136/2011 e dunque dell’inserimento nel novero dei delitti di cui all’art. 51 III bis cpp, conferma(va) la ratio originaria diretta alla previsione di presentare un efficace strumento di repressione al fenomeno delle c.d. ecomafie[vii] rendendo compatibile il delitto in esame con le fattispecie di cui agli artt. 416 e 416 bis cp, riscontrando tuttavia fin dalla sua introduzione, in ragione della molteplicità degli elementi costitutivi richiesti per la sua integrazione[viii]– ed in particolare della connotazione “aperta” dei requisiti della abusività e dell’ingente quantitativo di materiali – una particolare capacità espansiva anche a realtà economiche ed imprenditoriali svolgenti in tutto o in parte attività lecita[ix].

Per tale motivo alcuni autori hanno affermato come, proprio in ragione della sempre più ampia tipologia di condotte e realtà potenzialmente incise dalla disposizione delittuosa in esame, secondo la interpretazione del delitto poi avallata dalla giurisprudenza di legittimità (e non sconfessata dal legislatore nelle modifiche di collocazione sistematica succedutesi), il reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti avrebbe per ciò assunto la capacità di ricomprendere una vasta serie di comportamenti illeciti, con ciò andando a configurare un orizzonte di tutela più ampio rispetto a quello originariamente previsto dal legislatore[x].

La interpretazione poc’anzi esposta si intreccia strettamente con la questione afferente la esatta individuazione del bene giuridico protetto dalla disposizione di cui all’art. 452 quaterdecies cp, che nel corso della vigenza della norma, partendo dalla tutela del bene della incolumità pubblica[xi], passando alla salvaguardia del bene giuridico ambiente[xii], si è via via orientata verso un connotato di plurioffensività, essendo stato inteso come preordinato alla protezione vuoi della pubblica incolumità, vuoi dell’ambiente[xiii]; soluzione, quest’ultima, sostenuta in sede applicativa da un lato per ampliare il novero dei soggetti legittimati a costituirsi parte civile nei confronti degli autori delle condotte delittuose, e dall’altro lato per consentire il concorso con il delitto di associazione per delinquere ex artt. 416 e 416 bis cp[xiv].

Sulla base di tali osservazioni, secondo la direttrice interpretativa (maggioritaria) esposta, sarebbe pertanto priva di rilievo l’obiezione (minoritaria) per la quale, partendo dalle intenzioni iniziali avute di mira dal legislatore nella introduzione del reato (ossia la repressione delle c.d. ecomafie), il delitto di cui trattasi non possa essere applicato alle imprese che svolgono, anche in parte, attività lecita (con una interpretazione definibile “per difetto”), giacché ne estrometterebbe ogni considerazione degli elementi costitutivi tali da qualificare il reato stesso, proprio in ragione della capacità espansiva che ne ha visto sempre più ampliare l’ambito operativo[xv].

Per il vero, a parere di chi scrive, una interpretazione di tale tipo risulta, stante anche l’applicazione pratica avvenuta, viceversa viziata “per eccesso”, consentendo di fatto di ampliare il referente criminologico del delitto di cui all’art. 452 quaterdecies cp in maniera potenzialmente incontrollata andando a punire realtà commerciali prive di connotati e contesti propri della criminalità organizzata ovvero svolgenti attività di gestione di rifiuti nell’ambito di una attività lecita, ma ritenute passibili di assumere disvalore penale proprio sulla base di una interpretazione elastica del requisito della abusività ascritto al titolo autorizzativo in loro possesso[xvi], al contempo assoggettando in maniera indiscriminata al precetto attività regolarmente autorizzate nell’ambito delle quali si è verificata una (mera) violazione del titolo autorizzativo e conseguentemente al gravoso regime – sostanziale e procedurale – discendente dall’art. 51, III bis, cpp.

Proprio per prevenire il rischio, nei fatti di una certa frequenza, di eccessive dilatazioni dello spettro punitivo della norma, il presente contributo si propone di giungere a considerare opportuna una complessiva rivisitazione della stessa in un’ottica generale:

– in primo luogo, dal punto di vista della esatta perimetrazione dell’ambito operativo del reato di cui all’art. 452 quaterdecies cp, successivamente al suo inserimento in un sistema armonizzato (almeno in teoria) quale quello previsto dal Titolo VI bis del codice penale, in quanto si ritiene come lo stesso abbia finito per ricomprendere fattispecie concrete prive di qualsivoglia organicità;

– in secondo luogo, e conseguentemente, una volta enucleato il delitto di cui trattasi e compiute le opportune distinzioni quanto alla tipologia di condotta ed al contesto in concreto ravvisabile ed ascrivibile all’agente anche alla luce delle altre disposizioni inserite nel Titolo VI bis del codice penale, sotto il profilo della applicabilità (o meno) al reato della integralità degli effetti discendenti dal complesso degli istituti presenti nel codice penale per i reati ambientali, non potendosi ammettere applicazioni parcellizzate delle disposizioni codicistiche, giungendo ad adattare la risposta dell’ordinamento a condotte che – pur astrattamente sussumibili nella medesima fattispecie delittuosa – presentino oggettive caratteristiche differenti.

  1. Lo spettro degli istituti premiali e punitivi previsti dal Titolo VI bis del codice penale. Le disarmonie applicative.

Come visto, stante l’inserimento della fattispecie di cui trattasi all’interno del codice penale ed il correlato adeguamento delle disposizioni che richiamano tale delitto all’interno del codice di rito (in particolare l’art. 51, III bis, cpp sopra cennato), la disamina deve necessariamente essere condotta in un’ottica aggregata con le altre disposizioni inserite nel Titolo VI bis, nell’evidente prospettiva di un inquadramento applicativo unitario per verificare la possibilità di una razionalizzazione del sistema sanzionatorio in materia di reati ambientali.

Quanto sopra perché per l’art. 452 quaterdecies cp risulterebbero nei fatti applicabili soltanto talune delle disposizioni previste in materia di reati ambientali, essendo viceversa l’autore della condotta ritenuta illecita escluso da specifici profili premiali, quale su tutti l’istituto previsto dall’art. 452 undecies, IV, cp, oggetto del motivo di ricorso proposto dal soggetto imputato.

Il sistema punitivo previsto dal Titolo VI bis del codice penale, difatti, comprensivo di fattispecie di una particolare rilevanza, quali quelle di cui agli artt. 452 bis (inquinamento ambientale) e 452 quater (disastro ambientale) cp, risulta come anticipato completato da disposizioni strettamente correlate tra loro, che contribuiscono a definire il sistema al contempo permettendo in sede di commisurazione della pena principale e delle sanzioni accessorie una valutazione soggettiva il più possibile aderente alle risultanze probatorie acquisite ed alle iniziative eventualmente assunte dal soggetto indagato, nell’ottica avuta di mira dal legislatore di favorire la resipiscenza dell’agente medesimo, inducendolo a porre in essere quanto possibile per eliminare o quantomeno mitigare il pregiudizio ambientale cagionato, quali segnatamente:

– l’art. 452 decies cp, che ha introdotto il c.d. ravvedimento operoso quale disciplina premiale per il soggetto sottoposto a procedimento penale (speculare al sistema premiale introdotto, sempre ad opera del d.lgs. n. 68/2015 nel d.lgs. n. 152/2006 agli artt. 318 ter e ss., per le ipotesi contravvenzionali previste dal decreto legislativo medesimo che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche e paesaggistiche protette), con il dichiarato intento di incentivare le condotte ripristinatorie del soggetto agente, prevedendo cospicui vantaggi per l’agente in conseguenza della efficace esecuzione di condotte oggettivamente riparatorie (quali la bonifica, la messa in sicurezza permanente e il ripristino dello stato dei luoghi), secondo le cadenze imposte dal progetto approvato dalle competenti autorità tutorie, della matrice ambientale intaccata, in una funzione lato sensu riparatoria del bene giuridico vulnerato[xvii];

– l’art. 452 duodecies cp, denominato «ripristino dello stato dei luoghi», che prevede la possibilità per il giudice, in caso di pronuncia di sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti per uno dei delitti previsti dal Titolo VI bis del codice penale, di ordinare il recupero ed ove tecnicamente possibile il ripristino dello stato dei luoghi (con le modalità all’uopo indicate nel d.lgs. n. 152/2006), ponendone l’esecuzione a carico del condannato (nonché dei soggetti di cui all’art. 197 cp)[xviii];

– infine, l’art. 452 undecies, cp, che prevede la confisca obbligatoria – nelle forme diretta e per equivalente – delle cose che costituiscono il prodotto ovvero il profitto del reato o che servirono a commettere lo stesso (salvo che appartengano a persona estranea al reato), il cui quarto comma, di converso, prevede la non applicabilità della misura ablatoria, come richiamato in precedenza, nella ipotesi in cui l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di ripristino e di bonifica dello stato dei luoghi interessati dalla condotta illecita, con applicazione tuttavia limitata alle fattispecie delittuose nominatim indicate nel primo comma della disposizione stessa[xix].

Declinato brevemente il complesso degli istituti poc’anzi richiamati, si possono ora in via generale e sotto un primo profilo evidenziare delle disarmonie utilizzate nella tecnica redazionale da parte del legislatore nell’intero sistema degli illeciti ambientali, che ha inteso esprimere concetti tra loro simili tramite l’utilizzo di terminologie ogni volta differenti[xx] nonché, con specifico riferimento all’istituto della confisca, l’utilizzo nel complesso del dettato legislativo di una molteplicità di locuzioni, quali quelle previste:

– dall’art. 452 undecies, IV, cp, che appunto esclude la misura ablatoria nella ipotesi in cui vi siano attività volte alla messa in sicurezza ovvero alla bonifica e ripristino dello stato dei luoghi;

– dagli artt. 256, III e 256 bis d.lgs. n. 152/2006, che prevedono «sempre» la confisca pure in presenza della esecuzione di opere di bonifica ovvero ripristino ambientale.

– dall’art. 260 d.lgs. n. 152/2006, ora art. 452 quaterdecies, u.c., cp, che prevede come la bonifica o il ripristino dello stato dei luoghi non escludano la applicabilità della confisca, seppur al contrario rientranti nello spettro operativo premiale dell’art. 452 decies cp riferito alla attivazione della procedura del ravvedimento operoso;

che hanno portato a configurare nella realtà diversi modelli di confische, presenti anche nella legislazione complementare.

Il trait d’union della confisca, rectius delle confische, ambientali è peraltro quello che ha recepito la sollecitazione, di matrice comunitaria[xxi], volta a rinforzare la tutela penale dell’ecosistema e dei singoli elementi dell’habitat naturale, avendo specifico riguardo ai frequenti connotati di transazionalità che la criminalità ambientale reca con sé nonché alle potenziali gravi conseguenze derivanti dalle gestioni illecite di ingenti quantitativi di rifiuti[xxii].

Si è delineato, nella realtà, un substrato comune ai vari tipi di confisca ambientale, ovvero quantomeno a quelli riferiti alle ipotesi delittuose, data la littera legis impiegata, che pare tuttavia di difficile inquadramento, andando a configurare un istituto di fatto proteiforme, che accomunerebbe tratti afflittivi a caratteristiche preventive e riparatorie, date dal combinato disposto delle previsioni afferenti l’operatività concreta delle tipologie di confisca e le diverse norme che prevedono istituti premiali per l’agente che si è adoperato per la emenda del pregiudizio ambientale causato.

Non è secondaria la previsione – che si rileva essere presente tanto nell’art. 452 undecies cp quanto nell’art. 452 quaterdecies cp – relativa al «vincolo di destinazione» impartito ai beni oggetto della misura ablatoria, appresi dallo Stato e diretti a finanziare attività a vario titolo ripristinatorie[xxiii].

La riforma del 2015, pertanto, avrebbe portato con sé un concetto generale, quale quello della destinazione di “pubblica utilità” dei beni acquisiti al patrimonio dello Stato (o dell’ente territoriale) a seguito della confisca, in vista del riequilibrio dell’ordine economico e ambientale violato, che è stato utilizzato anche per la fattispecie ora previste dall’art. 452 quaterdecies cp.

Sotto un secondo profilo, deve osservarsi come l’istituto del ravvedimento operoso, introdotto dall’art. 452 decies cp anche per i delitti ambientali previsti dal codice penale, sia applicabile – giusta la previsione generalizzata per «i delitti di cui al presente titolo» – per il delitto di traffico illecito di rifiuti di cui all’art. 452 quaterdecies cp, con la previsione della circostanza attenuante ad effetto speciale della diminuzione della pena dalla metà a due terzi per colui il quale si adopera per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori ovvero che, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provvede alla messa in sicurezza, alla bonifica e ove possibile al ripristino dello stato dei luoghi.

Allo stesso modo, anche l’istituto di cui all’art. 452 duodecies cp, relativo come visto al recupero, e ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi conseguente ad una specifica statuizione contenuta nella pronuncia giudiziale di condanna (ovvero di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 cpp) risulta applicabile al delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, con ciò andando a definire, secondo il legislatore, il perimetro degli strumenti a disposizione della A.G. (e degli interessati) nella materia dei delitti ambientali.

Proprio sulla base di considerazioni di ordine generale e sistematico, la soluzione della Cassazione al motivo di ricorso proposto dall’imputato sopra sintetizzata risulterebbe potenzialmente passibile di una duplice lettura, la prima a monte riferita al delitto in sé di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e la seconda, a valle e che si ritiene comunque in parte correlata, relativa alla misura della confisca prevista dall’art. 452 quaterdecies cp.

Il Collegio infatti afferma, nella declaratoria di manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 452 quaterdecies cp avanzata con il terzo motivo di ricorso dell’imputato, al di là della omissione nella indicazione del parametro costituzionale che si assumerebbe violato, come «la previsione della confisca obbligatoria delle cose utilizzate per commettere il reato, prevista dall’ultimo comma della disposizione denunciata per il caso di condanna o di applicazione di pena per il delitto di traffico illecito di rifiuti […] non è affatto irragionevole, avendo lo scopo, sia a fini sanzionatori sia special preventivi, di sottrarre i beni utilizzati per commettere tale reato, onde evitarne la ripetizione, e di dissuadere dalla sua nuova futura commissione, dunque la realizzazione di scopi tipicamente correlati alla funzione della sanzione penale, rimessi alla scelta del legislatore».

E, nel commentare tale opzione legislativa, la Corte sostiene che «questa non appare né irragionevole, né abnorme, né in contrasto con il principio di uguaglianza per la mancata applicazione, a tale tipo di confisca, della esclusione prevista dall’art. 452 undecies, comma 4, cod. pen. (secondo cui la confisca prevista da tale disposizione per i reati di cui agli art. 452 bis, 452 quater, 452 sexies, 452 septies e 452 octies cod. pen. non si applica quando l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi), trattandosi di scelta rimessa alla discrezionalità del legislatore, che non appare esercitata in modo irragionevole, stante la diversità strutturale tra le fattispecie contemplate da tale disposizione e quelle di cui all’art. 452 quaterdecies cod. pen., che contempla condotte che possono anche non richiedere attività di bonifica o ripristino dello stato dei luoghi».

La manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, pertanto, viene ancorata alle caratteristiche proprie del delitto di cui all’art. 452 quaterdecies cp, che ricomprenderebbe ipotesi nelle quali non vi sarebbe la possibilità – per le caratteristiche intrinseche della condotta attenzionata – di eseguire attività di bonifica ovvero di ripristino dello stato dei luoghi, a differenza, asseritamente, delle fattispecie elencate dall’art. 452 undecies cp.

  1. Riflessioni sul delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e sulla conseguente (in)coerenza della esclusione della operatività dell’art. 452 undecies, IV, cp alla luce del complesso delle previsioni del Titolo VI bis del codice penale.

Passando alla disamina delle (brevi) conclusioni tratte dalla Cassazione, la argomentazione riportata in chiusura del precedente paragrafo risulterebbe fallace nella misura in cui anche per le diverse fattispecie indicate nel Titolo VI bis e ricomprese nell’ambito operativo dell’art. 452 undecies cp vi possano essere ipotesi nelle quali alcuna attività di bonifica ovvero ripristino dello stato dei luoghi appare possibile per le caratteristiche della condotta posta in essere dal soggetto agente, in quanto estrinsecatesi in attività che non hanno inciso sulla sicurezza dei luoghi o dell’ambiente, con ciò elidendo tale (apparente) elemento distintivo tra le fattispecie.

In particolare, ad esempio, a tale approdo può giungersi con riferimento alla condotta prevista dall’art. 452 sexies cp, che punisce il traffico e abbandono di materiali ad alta radioattività, le cui componenti oggettive paiono almeno parzialmente sovrapponibili a quelle del traffico illecito di rifiuti, quanto alla condotta di chi, nel primo delitto, «cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce o abbandona» e di colui che, nella seconda fattispecie, «cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente» quantitativi di rifiuti (che nei diversi delitti si estrinsecano poi in ulteriori elementi costitutivi tra loro distintivi).

Allo stesso modo, la ipotetica distinzione tra il delitto di traffico illecito di rifiuti e l’insieme delle altre fattispecie ricomprese nell’ambito di operatività dell’art. 452 undecies cp si eliderebbe laddove si riguardasse, quale criterio discretivo tra le stesse, quello afferente il bene giuridico tutelato dalle singole disposizioni incriminatrici, evidenziandosi, ad esempio, come anche la ipotesi di disastro ambientale prevista dall’art. 452 quater cp assuma connotati di plurioffensività, potendo essere rivolta a protezione non solo del bene giuridico ambiente, bensì anche della pubblica incolumità, come riconosciuto dalla stessa Cassazione[xxiv].

Nella realtà, a parere di chi scrive, il complesso degli istituti presenti nel Titolo VI bis del codice penale altro non sconta che difetti di coordinamento, in quanto, se pare ammissibile che l’art. 452 decies cp (ravvedimento operoso) sia applicabile anche al delitto di traffico illecito di rifiuti, allo stesso modo pare pacifico come nella circostanza aggravante prevista dall’art. 452 octies cp rientri la fattispecie di cui all’art. 452 quaterdecies cp, pur ritenendosi la consolidata possibilità di concorso tra i delitti di cui agli artt. 416 e 416 bis cp ed il delitto ambientale in esame[xxv], mentre viceversa l’art. 452 quaterdecies cp sarebbe escluso dall’ambito di operatività dell’istituto di cui all’art. 452 undecies, IV, cp, laddove invece la fattispecie aggravata di cui all’art. 452 octies cp ne sarebbe ricompresa.

Da un punto di vista più generale e ricollegandosi alle osservazioni riferite alla considerazione del delitto in sé, può altresì evidenziarsi come la attuale previsione dell’art. 51, III bis, cpp, per il quale «Quando si tratta di procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416, sesto e settimo comma, 416, realizzato allo scopo di commettere taluno dei delitti […], 416, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli […], 452 quaterdecies […] del codice penale» altro non farebbe che prevedere la competenza della Direzione Distrettuale Antimafia per la ipotesi di cui all’art. 452 octies cp, in luogo di condotte astrattamente integranti il delitto di traffico illecito di rifiuti prive di connessioni con contesti correlati alla criminalità organizzata e dunque insuscettibili di integrare la specifica circostanza aggravante ora prevista nel Titolo VI bis del codice penale.

La distonia emergerebbe anche riguardando la lettera della disposizione di cui all’art. 51, III bis, cpp precedente alla interpolazione dovuta alla introduzione della previsione di cui all’art. 452 quaterdecies cp nel codice penale, ove la attribuzione della competenza alla Direzione Distrettuale Antimafia era riconosciuta singolarmente per l’art. 260 d.lgs. n. 152/2006, giacché nel novero dei delitti devoluti allo scrutinio della menzionata autorità inquirente – collegati a quelli connotati dalla azione di associazioni per delinquere di cui agli artt. 416 e 416 bis cp dalla locuzione «nonché» – vi erano quelli previsti «dall’art. 74 del testo unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, […], e dall’art. 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152».

Quello che nei fatti si riscontrerebbe, probabilmente come effetto non avuto di mira dal legislatore, e dunque mediante l’utilizzo di una tecnica legislativa quantomeno imprecisa, sarebbe in realtà una discontinuità normativa degli effetti procedimentali conseguenti al passaggio dalla previsione di cui all’art. 260 d.lgs. n. 152/2006 a quella dell’art. 452 quaterdecies cp, che dunque per ragioni di uguaglianza e ragionevolezza sostanziale potrebbe essere oggetto di una complessiva (ri)valutazione interpretativa.

Tornando pertanto nel particolare e con riferimento all’istituto della confisca ex art. 452 undecies cp, sarebbe – a parere di chi scrive – irragionevole consentire l’effetto premiale della disciplina di cui all’art. 452 undecies, IV, cp per le ipotesi di cui all’art. 452 octies cp, che nei fatti possono ricomprendere (anche) condotte di attività di traffico illecito di rifiuti poste in essere da associazioni per delinquere di cui agli artt. 416 e 416 bis cp e non invece per condotte sussumibili nell’ambito di attività di impresa scevra da legami con contesti di criminalità organizzata, già ricondotte nel gravoso regime previsto dall’art. 51, III bis cpp, passibili di punizione ai sensi dell’art. 452 quaterdecies cp sovente per una eccessiva disinvoltura nella considerazione della integrazione del requisito della abusività della intrapresa economica.

Pertanto, per il fine di consentire un bilanciamento tra le opposte interpretazioni relative all’ambito di operatività dell’art. 452 quaterdecies cp, potrebbe inferirsi una doppia scissione interna alla fattispecie stessa.

Quanto alla tematica in precedenza cennata, riferita alla considerazione in sé del delitto di cui trattasi, recuperando la originaria finalità propria avuta di mira dal legislatore, ossia la repressione del fenomeno delle c.d. “ecomafie”, una distinzione:

– a monte, sul complesso della disciplina applicabile tra le ipotesi aggravate dall’art. 452 octies cp ed espressive di legami con contesti di criminalità organizzata, che dunque potrebbero essere ricomprese nell’insieme dei reati previsti nell’art. 51, III bis, cpp e le ipotesi che al contrario e più propriamente parrebbero riconducibili a contesti privi di legami con criminalità organizzata punibili dall’art. 452 quaterdecies cp[xxvi];

– a valle, tra le ipotesi sussumibili nel delitto ambientale in esame e quelle più propriamente riconducibili alle ipotesi – anche unificate ex art. 81 cpv cp – di gestione di rifiuti in carenza di autorizzazione ai sensi dell’art. 256 d.lgs. n. 152/2006;

con ciò permettendo almeno sotto il profilo relativo alle caratteristiche oggettive del contesto nel quale si è sviluppata la condotta, il recupero di un certo coefficiente di determinatezza del precetto, allo stato lasciato alla (ampia) discrezionalità dell’interprete quanto alla verifica del grado di inosservanza del titolo – totale, parziale, ovvero anche di qualsiasi tipo – tale da integrare il connotato di abusività richiesto dalla norma.

Da un punto di vista particolare, invece, riferito alla misura della confisca obbligatoria, avendo riguardo alla ratio perseguita dal legislatore del 2015, in relazione alla quale è altresì unitario il contesto di inserimento dell’art. 452 undecies cp e del quarto comma bis del (in allora) art. 260 d.lgs. n. 152/2006, cosiccome di fatto confermata nel 2018, una (auspicata) armonizzazione tra la integralità delle fattispecie ora ricomprese nel codice penale.

Con specifico riferimento al delitto di cui all’art. 452 quaterdecies cp, la applicabilità della integralità della disciplina prevista dall’art. 452 undecies cp, potrebbe poggiare su ragioni prima ancora che di equità, di tipo sistematico; al di là del dato temporale riferito alla introduzione della seconda disposizione, avvenuta con la l. n. 68/2015[xxvii], si rinvengono in essa indizi di mancato coordinamento organico al momento della novella del 2018, laddove invece riguardate dal punto di vista della ratio sottesa alla categoria della confisca ambientale nonché al fondamento dell’istituto premiale del quarto comma dell’art. 452 undecies cp.

Si è trattata infatti di una generale soluzione di politica criminale ispirata al principio del “chi inquina paga”, al quale è rivolto l’intero sistema dei reati ambientali, completato con il d.lgs. n. 152/2006, nel tentativo di delineare un circuito virtuoso non solo per rimuovere, ove possibile, il danno provocato alla matrice ambientale lesa dalla condotta illecita, ma anche per sostenere i costi della relativa bonifica, permettendone il  finanziamento spontaneo da parte dell’inquinatore, integrando così una causa di esclusione della confisca oltre che una circostanza attenuante ai sensi dell’art. 452 decies cp, correlativamente, in caso di inazione dell’agente, il possibile ordine impartito dalla A.G. ai sensi dell’art. 452 duodecies cp.

Per le ragioni di sistema poc’anzi esposte, finanche prescindendo da un’opera di (ri)perimetrazione del precetto, si porrebbe – quanto alla potenziale non applicazione della misura della confisca anche per il reato di cui all’art. 452 quaterdecies cp – la possibilità di pervenire ad una concreta verifica delle ipotesi nelle quali vi è stata la esecuzione positiva di una attività di ravvedimento operoso rilevante ai sensi dell’art. 452 decies cp (condotta mediante la positiva esecuzione di opere di bonifica, messa in sicurezza o ripristino dello stato dei luoghi assentite dalle autorità d’ambito e come tali oggetto di collaudo finale), per la quale per ragioni di uguaglianza potrebbe applicarsi in bonam partem ed analogicamente l’ultimo comma dell’art. 452 undecies cp, stante altresì la medesima ampiezza, nelle due tipologie di confisca ambientale, della misura ablatoria, applicabile verso il prodotto o il profitto del reato, ovvero delle cose che servirono a commetterlo (ma non del prezzo) nella forma diretta ovvero per equivalente.

Vi potrebbe infatti essere la emersione, recuperando l’argomentazione spesa dalla Corte per pervenire alla declaratoria di manifesta infondatezza del motivo di ricorso, di uno scrutinio dei casi nei quali una attività di ravvedimento operoso non risulti percorribile per le oggettive risultanze probatorie acquisite, trattandosi di condotte non connotate da un impatto concreto su una specifica matrice ambientale, parificando nella pratica tutte le fattispecie di delitto ambientale previste dal Titolo VI bis allo stato – come visto – non ricomprese nella loro integralità nell’ambito operativo della disposizione premiale.

Tale soluzione potrebbe infatti essere sostenuta sulla base della locuzione «anche» utilizzata dalla Cassazione per argomentare in ordine alla asserita diversità strutturale tra la fattispecie di cui all’art. 452 quaterdecies cp e le ipotesi delittuose elencate dall’art. 452 undecies, I, cp, che nella realtà:

– non sarebbero strutturalmente diverse ed anzi potrebbero risultare astrattamente sovrapponibili laddove riguardate nell’ottica dell’art. 452 octies cp, ossia la circostanza aggravante prevista per gli artt. 416 e 416 bis cp in caso di esecuzione di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, la quale peraltro assumerebbe la commissione di un delitto quale effetto aggravante di un altro delitto, di guisa che il soggetto agente potrebbe essere punito per il delitto associativo aggravato dalla commissione del delitto ambientale nonché in concorso per lo stesso delitto ambientale già generante l’effetto di aggravio della pena per il reato (associativo) più grave, creando una potenziale situazione di duplicazione di sanzioni;

– non sarebbero strutturalmente distinte altresì sotto il profilo della possibilità, per le ipotesi elencate nell’art. 452 undecies cp, di ricadere in fattispecie nelle quali alcuna attività di bonifica o ripristino dello stato dei luoghi sia concretamente percorribile, quale ad esempio, come visto in precedenza, nel delitto di cui all’art. 452 sexies cp;

– permetterebbero al contrario e in conclusione una ipotetica distinzione tra condotte e casi specifici che consentono la effettiva esecuzione di attività di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi, ciò che infatti è previsto dall’art. 452 duodecies cp quale ordine impartito dal giudicante anche per il delitto di cui all’art. 452 quaterdecies cp «ove tecnicamente possibile»;

in quanto più in generale espressione – come dichiarato dalla giurisprudenza di legittimità – di mantenere la continuità normativa del delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti pur contestualizzandolo all’interno del sistema di cui al Titolo VI bis cp per la generalità dei reati ambientali.

Una soluzione di siffatto tipo potrebbe altresì essere sostenuta avendo riguardo ad un recente arresto della Suprema Corte il quale, pur rimanendo fermo nella distinzione tra la confisca prevista dall’art. 256, d.lgs. n. 152/2006, per le contravvenzioni ambientali, e quella disciplinata dall’art. 452 undecies cp, ai fini della esclusione per le prime della applicabilità dell’istituto premiale dell’ultimo comma della seconda disposizione in caso di esecuzione di attività di bonifica, ripristino dello stato dei luoghi ovvero messa in sicurezza, ha sviluppato talune considerazioni di interesse per la tematica di cui trattasi[xxviii].

Infatti, se da un lato la Cassazione ha confermato come la confisca prevista dal d.lgs. n. 152/2006 abbia uno scopo eminentemente repressivo-sanzionatorio e di punizione nei confronti dell’autore del reato, dall’altro lato ha sostenuto come l’istituto introdotto con la l. n. 68/2015 svolga una finalità risarcitoria-ripristinatoria, in linea con il complesso delle disposizioni previste per rafforzare la tutela apprestata al bene giuridico ambiente di cui al Titolo VI bis del codice penale (senza distinzione apparente).

Correlativamente, l’intento del legislatore nella previsione della disapplicazione della confisca, posta la specifica finalità di cui sopra, sarebbe stato quello di presentare profili premiali per il soggetto impegnatosi nella conduzione di un’attività di bonifica con ciò legittimando e giustificando la previsione di cui all’ultimo comma dell’art. 452 undecies cp «in un’ottica di effettività della tutela penale e di ottimizzazione delle risorse pubbliche, nella misura in cui, a seguito della realizzazione del fatto di reato, incentiva il suo autore a procedere alla bonifica o al risanamento dello stato dei luoghi per godere del beneficio».

Non vi è chi non veda come anche sotto il profilo della (già illustrata) ratio sottesa alla disciplina premiale descritta, introdotta all’interno del sistema del Titolo VI bis del codice penale ed al tempo stesso del (in allora) comma 4 bis dell’art. 260 d.lgs. n. 152/2006, possano presentarsi anche per il delitto di cui all’art. 452 quaterdecies cp i medesimi profili di favor legislativo emergenti per le altre fattispecie delittuose, data la potenziale lesività sulle matrici ambientali incise dalla condotta illecita, consentendo viceversa il permanere della distinzione tracciata dal codice rispetto alle ipotesi colpose, ritenute incapaci di produrre un effetto inquinante di gravità parificabile a quello delle prime ipotesi di reato.

Concludendo, sulla base delle osservazioni esposte, attesa la necessaria riconduzione del delitto in esame all’interno di un sistema, sarebbe irragionevole non prevedere per la fattispecie di cui all’art. 452 quaterdecies cp la disapplicazione della confisca (e dunque la sussunzione dello stesso all’interno della disciplina operativa dell’art. 452 undecies, IV, cp) laddove tale effetto premiale sia stato preceduto da una attività di bonifica ovvero di rispristino dello stato dei luoghi rilevante quale ravvedimento operoso ex art. 452 decies cp, a fortiori ove proveniente da iniziativa proattiva del soggetto agente attivata con le forme proprie richieste da d.lgs. n. 152/2006 e condotta mediante l’utilizzo di mezzi propri e impiego di (sovente ingenti) risorse economiche, ciò che peraltro e come visto – al pari delle altre fattispecie di delitto ambientale previste dal Titolo VI bis del codice penale – possono costituire specifico ordine impartito dal giudice con la sentenza di condanna ai sensi dell’art. 452 duodecies cp.

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Note:

[i] Tra i primi commenti, ai quali si rimanda, si vedano TELESCA, Osservazioni sulla L. n. 68/2015 recante “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”: ovvero i chiaroscuri di una agognata riforma, in www.penalecontemporaneo.it; BELL-SANTA MARIA, Il nuovo delitto di disastro ambientale: una norma che difficilmente avrebbe potuto essere scritta peggio, in Dir. pen. cont., 2015, 2, p. 71 e ss.; MASERA, I nuovi delitti contro l’ambiente, in www.penalecontemporaneo.it; nonché ancora, di particolare approfondimento, ACCINNI, Disastro ambientale. Dall’horror vacui all’horror pleni, Milano, 2018.

[ii] Che come noto prevede, per i delitti di cui agli artt. 452 bis, 452 quater, 452 sexies, 452 septies e 452 octies cp, come «L’istituto della confisca non trova applicazione nell’ipotesi in cui l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi».

[iii] Si rimanda ad AMENDOLA, Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti: introdotto il primo delitto contro l’ambiente, in Dir. pen. proc., 2001, 6, p. 700 e ss.; BONGIORNO, La lotta alle ecomafie tra tutela dell’ambiente e dell’ordine pubblico: un equilibrio precario attraverso l’(ab)uso di concetti elastici, in Dir. pen. cont., 2012, 3/4, p. 126 e ss.

[iv] TALDONE, Attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, in Il nuovo diritto penale dell’ambiente, Cornacchia – Pisani (a cura di), Bologna, 2018, p. 618 e ss.; GALANTI, Il traffico illecito di rifiuti: il punto sulla giurisprudenza di legittimità, in Dir. pen. cont., 2018, 12, p. 31 e ss. Nel senso della continuità normativa tra le fattispecie, Cass., sez. III, 8 marzo 2007, n. 9794; sia infine consentito il rimando a FASSI, L’allestimento e la organizzazione di attività nel traffico illecito di rifiuti ex art. 452 quaterdecies cp, in questa rivista, 2019, 12.

[v] Si veda, da ultimo VENTURI, La Corte di Cassazione torna sul delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti: la dilatazione dello spettro punitivo di una fattispecie sovrabbondante di requisiti selettivi, in Cass. pen., 2020, 3, p. 1128 e ss.

[vi] E ciò anche in deroga alle regole ordinarie di cui agli artt. 12 e 16 cpp in caso di connessione di reati, come affermato da Cass., sez. III, 5 ottobre 2005, n. 40012.

[vii] LOSENGO, Per un ritorno alle origini: incidenza della normativa antimafia sull’applicazione e sull’interpretazione giurisprudenziale del reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, in Riv. giur. amb., 2011, 6, p. 769 e ss., ove si intende con tale fenomeno «quelle attività criminose che, attraverso modalità organizzative tipiche delle associazioni a delinquere di stampo mafioso, si erano dimostrate idonee a determinare la compromissione di vaste aree del territorio attraverso il traffico e l’abusivo abbandono di rifiuti»; nonché dello stesso Autore, Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti: il labile confine della fattispecie, anche alla luce dell’art. 51, comma 3 bis c.p.p., in questa rivista, 2019, 7.

[viii] Si ricordano, infatti, la necessaria presenza di una pluralità di operazioni, di un allestimento di mezzi e attività continuative ed organizzate, tali da consentire alternativamente la cessione, la ricezione, il trasporto, l’esportazione, la importazione o comunque la gestione, con carattere abusivo, di ingenti quantitativi di rifiuti, con il dolo soggettivo rappresentato dalla finalità di conseguire un illecito profitto dalla intrapresa criminosa.

[ix] Come rilevato da GALANTI, Il traffico illecito di rifiuti, cit., p. 32; in senso critico alla scelta della formulazione legislativa, PRATI, Il nuovo reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti: una norma problematica, in Ambiente, 2001, 7, p. 625 e ss.

[x] Così, GALANTI, Il traffico illecito di rifiuti, cit., p. 32; NATALINI, Rifiuti, la gestione e il traffico illecito, in Dir. giust., 2003, 6, p. 1055 e ss.; inoltre si vedano Cass, sez. III, 20 novembre 2017, n. 52633; Cass., sez. III, 24 febbraio 2017, n. 9133.

[xi] Come esposto da FIMIANI, Il reato di traffico illecito di rifiuti, in Ambiente & Sicurezza, 2011, 11 e confermato ex multis da Cass., sez. III, 9 giugno 2004, n. 25992; secondo l’assunto per cui tale delitto avrebbe dovuto essere applicato a condotte di natura associativa o poste in essere nel contesto tipico di associazioni per delinquere poste in essere attraverso l’abusiva gestione di ingenti quantitativi di rifiuti e tali da avere l’effetto di porre in pericolo la incolumità di un numero potenzialmente indeterminato di persone.

[xii] Così, Cass., sez. III, 16 dicembre 2005, n. 4503; Cass., sez. III, 11 marzo 2008, n. 18351.

[xiii] Ex multis, TALDONE, Attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, cit., p. 624; Cass., sez. III, 30 gennaio 2018, n. 41077; nonché Cass., sez. III, 17 maggio 2017, n. 52633.

[xiv] TALDONE, Attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, cit., p. 624 e ss.

[xv] In questo senso, GALANTI, Il traffico illecito di rifiuti, cit., p. 32.

[xvi] Correndosi per ciò il rischio di indebite sostituzioni della giurisprudenza alla Pubblica Amministrazione nella valutazione del bilanciamento degli interessi sotteso al rilascio di un titolo autorizzativo per la gestione di rifiuti, potendo – e ciò in ipotesi peraltro frequenti nella prassi – pervenire alla pretesa di punizione di un soggetto che operi conformemente alla Autorizzazione rilasciatagli dall’ente competente, in presenza di qualsivoglia discostamento dalle prescrizioni del titolo, e dunque rientrante ex se nel connotato della abusività richiesta dalla norma, al tempo stesso facendo assumere alla intenzione dell’imprenditore di ottenere un profitto (per il vero fisiologico, trattandosi di attività di impresa) i connotati della ingiustizia. Di tale percorso argomentativo si ha traccia, tra le altre, in Cass., sez. III, 3 marzo 2010, n. 8299, ove si afferma che la abusività della condotta «si riferisce a tutte le attività non conformi ai precisi dettati normativi svolte nel delicato settore della raccolta dei rifiuti pericolosi e non».

[xvii] Per un approfondimento, si rimanda a SPADANO, Il ravvedimento operoso,i op. cit., p. 237 e ss.

[xviii] Si veda SCHIATTONE, Il ripristino dello stato dei luoghi, op. cit., p. 252 e ss.

[xix] Ex multis, PIERDONATI, I modelli di ablazione patrimoniale nel nuovo diritto penale dell’ambiente, op. cit., p. 327 e ss.

[xx] Quali le locuzioni indicate nell’art. 452 decies cp «messa in sicurezza, bonifica e, ove possibile, ripristino dello stato dei luoghi», nell’art. 452 undecies cp «messa in sicurezza e, ove necessario, bonifica e ripristino dello stato dei luoghi» e art. 452 duodecies cp «recupero e, ove tecnicamente possibile, ripristino dello stato dei luoghi»; ovvero, rimanendo sempre in tema di confisca che accede alla commissione di reati ambientali, i sintagmi utilizzati dagli artt. 256 e 256 bis d.lgs. n. 152/2006 «consegue la confisca», art. 259 d.lgs. n. 152/2006 «consegue obbligatoriamente la confisca», infine artt. 260 d.lgs. n. 152/2006 e 452 quaterdecies cp «è sempre ordinata la confisca».

[xxi] Si veda il Considerando n. 2 della Direttiva 2008/99/CE, ove si esprime la preoccupazione della Comunità per l’aumento dei reati am­bientali e per le loro conseguenze, che come detto sempre più fre­quentemente si estendono al di là delle frontiere degli Stati in cui i reati vengono commessi, rappresentando una minaccia complessiva per l’ambiente e tali da esigere una risposta sanzionatoria adeguata.

[xxii] Corte EDU, 10 gennaio 2012, Di Sarno e altri c. Italia.

[xxiii] DI LANDRO, Bonifiche: il labirinto della legislazione ambientale dove le responsabilità penali si perdono, in www.penalecontemporaneo.it.

[xxiv] Cass., sez. III, 3 luglio 2018, n. 2990.

[xxv] E ciò nella cennata possibilità di concorso tra tali delitti. VENTURI, La Corte di Cassazione torna sul delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, cit., p. 1131 e ss.

[xxvi] Anche, ad esempio, sulla base della (ormai pacifica) natura monosoggettiva del reato, come affermato da Cass., sez. III, 20 aprile 2011, n. 15630.

[xxvii] Come visto coeva all’inserimento del comma 4 bis nell’art. 260, d.lgs. n. 152/2006, e dunque contestualizzabili nel medesimo provvedimento legislativo generale.

[xxviii] Cass., sez. III, 11 febbraio 2020, n. 15965.